Nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2020, mentre l’Italia era in lockdown per il Covid, Alessandra Cità fu uccisa dal compagno Antonio Vena nella sua abitazione di Truccazzano, in provincia di Milano. Aveva 47 anni e lavorava come tranviera: poco prima aveva rivelato all’uomo, con cui aveva una relazione da circa dieci anni, di volerlo lasciare. Una decisione che lui non aveva accettato.

La vita di Alessandra Cità, 47enne tranviera

Alessandra era nata in provincia di Palermo, come Antonio, suo coetaneo. Si erano conosciuti nel 2012, ma da qualche tempo avevano una relazione a distanza: lei viveva nel Milanese, dove lavorava come tranviera per l’Atm (l’Azienda Trasporti Milanesi), mentre lui risiedeva a Bressanone, in provincia di Bolzano, dove lavorava come operaio per una ditta che produce serramenti.

Si vedevano perlopiù nei weekend. Nel 2020, a causa della crisi legata al Covid, Vena aveva poi perso il lavoro, e Alessandra, che pure era stanca dei suoi comportamenti ossessivi e aveva deciso di lasciarlo, aveva accettato di accoglierlo temporaneamente nella sua abitazione di Truccazzano. Un gesto di altruismo che, purtroppo, le costò la vita.

Il femminicidio durante il Covid

Quella tragica notte di aprile, durante il lockdown, il 47enne, sempre più consumato dalla gelosia, colse la donna di sorpresa nel sonno e la colpì alla testa con un fucile a pompa che teneva regolarmente in casa, uccidendola.

Subito dopo, si mise in auto e si presentò ai carabinieri della compagnia di Cassano d’Adda, confessando il delitto. “Voleva lasciarmi, l’ho ammazzata”, disse. Fu trasferito nel carcere di San Vittore.

Il processo a carico di Antonio Vena

Nel corso del processo a suo carico, la difesa di Vena, rappresentata dall’avvocato Paolo Tosoni, ha tentato di dimostrare che si trattò di un “delitto d’impeto”, chiedendo per il 47enne il riconoscimento delle attenuanti generiche. I giudici di primo grado, alla fine, hanno sposato, però, la tesi dell’accusa, secondo cui l’uomo premeditò l’omicidio, e lo hanno condannato al massimo della pena, l’ergastolo.

Le motivazioni della sentenza evidenziano come, pochi giorni prima, Vena avesse scritto alla compagna: “Aspetterò con pazienza, come ho fatto con Ivana, a prendermi le mie soddisfazioni”. Un messaggio “agghiacciante”, quello riportato da Il Giorno, soprattutto per il diretto riferimento all’ex moglie, vittima in passato di violente aggressioni.

In Appello, nel 2022, l’aggravante della premeditazione è caduta, ma la pena è rimasta invariata per il riconoscimento dell’aggravante del rapporto affettivo.

La mia paura era che la sentenza fosse ribaltata, invece hanno confermato l’ergastolo. Come ho sempre detto, anche per noi ogni giorno è un ergastolo,

ha dichiarato ai microfoni dei giornalisti, in quell’occasione, la sorella della vittima, Rosalba Cità.

Parole simili a quelle pronunciate dai familiari di altre donne vittime di femminicidio, uccise da compagni, ex o mariti. Famiglie che ogni giorno convivono con il dolore e la perdita.

Una sintesi per punti del caso

  • Il femminicidio: nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2020, durante il lockdown per il Covid, Alessandra Cità, tranviera di 47 anni, fu uccisa nel sonno dal compagno Antonio Vena, che non accettava la sua volontà di lasciarlo, nella sua abitazione di Truccazzano, in provincia di Milano.
  • La condanna: Vena, accusato di omicidio, è stato condannato all’ergastolo, pena confermata in Appello nonostante la caduta dell’aggravante della premeditazione.
  • Il dolore dei familiari: la sorella della vittima, Rosalba, ha descritto il dolore dei familiari come un “ergastolo” quotidiano, simile a quello vissuto da molte famiglie di donne vittime di femminicidio.

La storia di Alessandra Cità ricorda quelle di Alessandra Matteuzzi, Ilaria Sollazzo e Romina De Cesare, i cui casi sono stati ricostruiti nelle scorse settimane, dalla trasmissione televisiva “Amore criminale”, realizzata dalla Rai in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato, con il Patrocinio della Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, per sensibilizzare e combattere i femminicidi.