L’uomo politico del momento, l’underdog globale (come è stato definito), l’uomo della motosega, l’uomo degli “Afuera!”, l’uomo dai capelli arruffati e dalle basette anni Settanta, l’uomo che, sabato scorso, è stato accolto ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia, come una rockstar, lui: il 54enne presidente dell’Argentina Javier Milei davvero può rappresentare un modello anche per l’Italia?

Il dibattito è più che mai aperto perché, a un anno dall’insediamento alla Casa Rosada di questo eccentrico economista che gli argentini hanno imparato a conoscere nei talk televisivi già ben prima della campagna elettorale delle presidenziali, può vantare ottimi risultati macroeconomici.

Numeri alla mano, la sua cura da cavallo non sta uccidendo il paziente. Il contrario: lo sta pian piano rianimando.

Milei e la motosega: un esempio che può essere seguito in Italia?

Un aggiustamento fiscale senza precedenti nel mondo, una correzione dei conti pari a 5 punti di Pil. E poi tagli, liberalizzazioni, privatizzazioni: in dodici mesi, sono serviti a ricostruire le riserve internazionali di Buenos Aires, a far tornare in attivo la bilancia commerciale e a riportare finalmente sotto controllo l’inflazione. Il che ha significato anche cominciare a far diminuire la povertà. Tanto che nel Paese dei piqueteros, dei picchetti, delle proteste di piazza, Milei, un anno dopo, può vantare il fatto di non aver perso nemmeno una virgola della popolarità grazie alla quale è stato eletto: era ed è al 56%.

Un risultato invidiabile. Anche perché, a livello internazionale, colui il quale era chiamato “el loco”, il pazzo, colui il quale, prima delle elezioni, per l’Economist, era un pericolo per la democrazia, ora, è diventato una star che prende applausi dagli osservatori, dalle agenzie di rating e dal Fondo Monetario Internazionale.

Insomma, roba che quando Giorgia Meloni, l’altro giorno, l’ha abbracciato, avrà pensato: “Beato te! Magari potessimo agire sui nostri conti come hai fatto tu, con la motosega!”

E invece: in Italia, nonostante il Pnrr le dedicasse delle attenzioni, la spending review è uscita dall’agenda politica e, come al solito a fine anno, in piena sessione di bilancio, quando si deve approvare la manovra, chi sta al governo si arrabatta tra zero virgola di qua e zero virgola di là: patti di stabilità, coperte troppo corte, richiami della foresta fatti di bonus, sussidi, mancette elettorali, occhi che si chiudono per non far dolere i cuori, scioperi da scongiurare visto che non si possono precettare tutti, caste da tutelare, tassisti e balneari che guai a toccarli. E chi più ne ha più ne metta.

Giorgetti, l’innamorato (platonico)

Tuttavia, si racconta che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, già da tempo impegnato sulla difensiva per l’assalto alla diligenza, sia talmente affascinato da Milei da non perdere occasione di citarlo nei colloqui in via XX Settembre e dintorni.

Lo fa impazzire il fatto, ad esempio, che l’ajuste, l’aggiustamento fiscale che Milei ha compiuto, è una correzione dei conti di ben 5 punti di Pil varata nel suo primo mese di governo.

Ora: fortunatamente, l’Italia non versa in una situazione drammatica come quella argentina. E, quindi, non si dovrebbe arrivare a tanto. Ma, se si vuole fare un confronto, il nostro Paese sta facendo con il piano di rientro sottoscritto con Bruxelles una correzione di circa mezzo punto di Pil e vede le opposizioni che parlano di tagli indiscriminati e Maurizio Landini, il leader della Cgil, evocare la rivolta sociale.

Come dire: è vero che non è il caso di affidarsi anima e corpo all’anarcocapitalismo, all’ala dura dei Chicago boys o alla scuola austriaca di cui Milei è un seguace senza se e senza ma. Però, quando l’Economist ora elogia Milei citandone le lezioni “per il resto del mondo”, forse è meglio che non guardi all’Italia come eventuale allieva modella.

Come lui non saremo mai: di Milei potremmo anche innamorarci, ma sarebbe un flirt platonico. Chi può credere che un nostro premier, di destra o di sinistra, rilasci un’intervista dal titolo: “Il mio disprezzo per lo Stato è infinito”? Chi potrebbe teorizzare, in un Paese dove i 5 Stelle sono arrivati ad essere il primo partito nel nome del Reddito di Cittadinanza con oltre il 30%, che lo Stato “non è la soluzione, bensì il problema”?

Perché la motosega in Italia non funzionerebbe

Il caso Milei, comunque sia, è all’attenzione mondiale perché l’attuazione del programma iperliberista che ha comportato tagli monstre alla spesa pubblica non ha provocato, almeno finora, problemi sociali. Questo, nonostante l’Argentina, come e più dell’Italia, sia un Paese abituato all’interventismo e all’assistenzialismo di Stato.

Come mai? La prima spiegazione, secondo gli esperti, risiede nel fatto che, tra i primi risultati che ha ottenuto la cura da cavallo della Casa Rosada, c’è stata la frenata dell’inflazione: nel 2023, al momento dell’insediamento del loco, era la più alta del mondo (il 211% annuo) e causava una povertà dilagante, oltre il 40%. Ora: nel 2024, dovrebbe assestarsi al 118%. Ma, secondo le stime del Fondo Monetario, già nel 2025 sarà al 45%.

Per arrivare a questo risultato, la motosega ha comportato la chiusura di ministeri e agenzie statali, il taglio di 30 mila dipendenti pubblici, la chiusura dei cantieri delle opere pubbliche per un anno, la riduzione dei sussidi per l’energia e i trasporti, il taglio ai trasferimenti discrezionali alle province, la riforma del welfare.

Chiudendo gli occhi, cosa significherebbero queste cose in Italia? In primis, una rivoluzione culturale ad oggi impensabile senza una sollevazione di massa: Checco Zalone, nel 2016, in Quo vado? l’ha spiegato come meglio non si può

In Argentina, poi, è passata la sospensione dei cantieri pubblici per un anno. Da noi, considerando che è dal 1861 che sogniamo di fare il ponte di Messina e che per fare la Salerno-Reggio Calabria già ci abbiamo impiegato un bel po’, il problema che abbiamo di fronte è l’opposto: quello di rendere i cantieri più veloci spendendo meglio e di più i soldi dell’Unione Europea, ad esempio.

La riduzione dei sussidi per l’energia argentina, poi: non fa pensare alle difficoltà che il sistema-Italia incontra nel far camminare da soli interi settori? In quello dell’edilizia, ad esempio, il caso superbonus 110% è da manuale dell’horror: siamo stati capaci di distorcere completamente un mercato mettendo fortemente a rischio i nostri conti pubblici.

Ancora, sul capitolo tagli dei trasferimenti discrezionali alle province: non ricorda il mezzo affossamento dell’Autonomia differenziata?

E infine, il welfare: l’opposizione se ha una cosa in comune è il grido di salvare la sanità e le pensioni.

Insomma, ipotizzare un parallelismo tra Argentina e Italia è assai arduo:

“Noi siamo un Paese in cui la motosega taglia la mano di chi la abbraccia”

ha avvertito, del resto, Giuliano Ferrara questa mattina dalle colonne de Il Foglio.

Meloni peronista più che mileiana

In ogni caso, la verità è che in Italia la destra al potere è molto diversa da quella iperliberista di Milei: Giorgia Meloni si rifà alla cosiddetta destra sociale che teoricamente si può considerare molto più vicina al peronismo che al loco. Giancarlo Giorgetti, poi, fa parte di quella Lega che se nacque per contrastare Roma ladrona, quella del fisco contro il Nord produttivo, fece cadere il primo Governo Berlusconi per le pensioni, già allora una spesa esorbitante.

E, a ben vedere, questi due elementi fanno riflettere su un altro aspetto del fenomeno Milei: el loco sta facendo esattamente quello che aveva promesso in campagna elettorale, quando iniziò ad impugnare la motosega e a gridare “Afuera! Afuera!” come ricorda questo video rilanciato dal Corriere della Sera

Non ha mai promesso, come fanno viziosamente i nostri politici, passeggiate di salute, ma prospettato una traversata nel deserto: lacrime e sangue prima di tornare alla prosperità dell’Argentina dell’Ottocento, quando era uno dei Paesi più ricchi del mondo.

In più: assieme all’austerità, Milei sta cercando già anche di stimolare la crescita con delle riforme (altro tabù in Italia) che vanno ad incidere nella carne viva del Paese, come quello del mercato immobiliare che ha già spinto i mutui ipotecari e la desregulaciòn che non prevede di semplificare le procedure, bensì di eliminarle, per dirla con il suo ministro Federico Sturzenegger.

Insomma: a Milei tutto si può rimproverare, tranne che non abbia in testa, sotto quella chioma così ribelle e dietro quell’approccio che in ambito extraeconomico sa tanto di populismo sudamericano, un’idea precisa di come tirare fuori dai guai l’Argentina, un Paese che in bacheca ha già nove default. La speranza è che di Giorgia Meloni potremmo dire lo stesso. A lei, del resto, toccherebbe un compito meno arduo: non evitare default, ma far uscire l’Italia dalle secche degli zero virgola.