La Corte d’Assise di Imperia ha condannato all’ergastolo Salvatore Aldobrandi, il pizzaiolo 75enne residente a Sanremo accusato dell’omicidio di Sargonia Dankha. La vittima, una giovane di 21 anni di origini irachene naturalizzata svedese, era scomparsa nel novembre 1995 da Linköping, dove viveva. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Si tratta di una sentenza storica, che chiude il caso, riaperto nel 2023 dopo quasi tre decenni di mistero.
Salvatore Aldobrandi condannato all’ergastolo
I giudici hanno accolto le richieste dei pubblici ministeri Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi, che nella requisitoria – facendo riferimento al caso di Roberta Ragusa, per la cui morte (pur in assenza di un cadavere) è stato condannato il marito Antonio Logli – avevano invocato l’ergastolo per Salvatore Aldobrandi.
L’uomo, originario di San Sosti (Cosenza), è stato riconosciuto colpevole di omicidio aggravato dai motivi abietti e assolto dall’accusa di soppressione di cadavere, caduta in prescrizione. Secondo le ricostruzioni, avrebbe ucciso Sargonia Dankha perché incapace “di accettare la fine della loro relazione”, caratterizzata da gelosia ossessiva e possessività.
La ricostruzione dell’omicidio di Sargonia Dankha
Sargonia scomparve il 13 novembre 1995 a Linköping, in Svezia. Già all’epoca, Aldobrandi fu iscritto nel registro degli indagati dalla polizia locale. Tra gli indizi a suo carico, la testimonianza di una barista, secondo cui l’uomo, la notte della scomparsa, le avrebbe chiesto di aiutarlo a far sparire il corpo.
Nel bagagliaio dell’auto dell’ex moglie di Aldobrandi, che l’uomo aveva preso in prestito, furono poi trovate tracce di sangue e di capelli appartenenti a Sargonia. Fu arrestato, ma rimesso in libertà: in Svezia la legge impedisce, infatti, di processare qualcuno per omicidio senza il ritrovamento del cadavere. Circostanza che ha fatto sì che il caso restasse irrisolto.
La riapertura del caso
La svolta è arrivata nel 2023, quando Aldobrandi – ormai stabilitosi in Italia – è stato arrestato su disposizione della Procura di Imperia che, dopo anni di appelli incessanti da parte della famiglia della vittima, aveva riaperto il caso.
Gli investigatori ritengono che abbia ucciso la 21enne, che lo aveva lasciato, nel suo appartamento, smembrando il corpo nella cucina del ristorante per cui lavorava e smaltendolo in una discarica.
Il 75enne si è sempre proclamato innocente. “È un uomo bugiardo, infedele, dalla personalità doppia: gentile e premuroso in apparenza, ma irascibile e violento quando contraddetto”, hanno dichiarato i pm in aula.
Sostenendo inoltre che fosse l’unico “ad avere il movente e l’opportunità di uccidere Sargonia”, la cui morte “non può che essere un omicidio”. Con la sentenza di oggi, 15 dicembre 2024 – che qualcuno ha definito una “sentenza storica” – si chiude finalmente il cold case.
La reazione dei familiari
Eravamo convinti che la Corte credesse alle nostre ricostruzioni, che ci fossero prove sufficienti e che il grandissimo lavoro dei poliziotti nel ’95, della Procura di Imperia e poi nostro per far aprire questo processo fosse alla fine riconosciuto,
le parole affidate ai giornalisti dall’avvocato Francesco Rubino, rappresentante dei familiari della vittima, da anni in attesa di verità e giustizia. “Sono felicissimi: Sargonia non gliela restituirà nessuno, ma riusciranno così a mettere un punto a questa vicenda, durata trent’anni”, ha aggiunto. A riportarlo è il quotidiano locale Sanremo News.
Una sintesi per punti del caso
- Condanna all’ergastolo di Salvatore Aldobrandi: la Corte d’Assise di Imperia ha condannato all’ergastolo Salvatore Aldobrandi, il pizzaiolo 75enne accusato dell’omicidio di Sargonia Dankha, una giovane di 21 anni scomparsa nel 1995 in Svezia.
- La riapertura del caso e la condanna definitiva: dopo anni di mistero, il caso è stato riaperto nel 2023 e Aldobrandi è stato arrestato in Italia grazie a diversi indizi. Gli investigatori ritengono che abbia ucciso Sargonia per motivi legati alla gelosia alla fine della loro relazione, smembrando il corpo e smaltendolo in una discarica.
- La reazione della famiglia e della giustizia: i familiari della vittima hanno espresso soddisfazione per la sentenza, che chiude definitivamente il caso dopo quasi trent’anni. Il loro avvocato ha sottolineato l’importanza del lavoro svolto dalle forze dell’ordine e della giustizia italiana, pur riconoscendo che la verità non restituirà Sargonia ai suoi cari.