Il 27 giugno 2003, Imane Laloua, una giovane donna marocchina di ventidue anni scomparve senza lasciare tracce.
Giovane, solare e piena di vita, si era trasferita in Italia nel 1995, ancora adolescente, a Montecatini Terme, dove sua madre lavorava già da un anno.
Nonostante le difficoltà di adattamento, affrontò il cambiamento con coraggio e determinazione, desiderosa di costruirsi una nuova vita.
Dopo aver completato gli studi, trovò lavoro nel settore alberghiero, dove conobbe il suo futuro marito. La coppia si trasferì, a Prato, in Toscana, condividendo un appartamento con altri connazionali.
Tuttavia, la relazione non fu benvista dalla madre, Zoubida, che non approvava il marito a causa del suo coinvolgimento in attività criminali.
Il confronto tra madre e figlia
Dopo una discussione telefonica tra Imane e la madre, Zoubida decise di recarsi a Prato per chiarire la situazione.
Una volta arrivata, scoprì che Imane non viveva più lì e che anche il marito non aveva contatti con lei da ormai due mesi.
La scoperta gettò la donna nella disperazione, convinta che la figlia fosse in pericolo: questo episodio segnò l’inizio di un’indagine lunga e complessa.
Ritardi nella denuncia e nelle indagini
Nonostante la madre avesse denunciato tempestivamente la scomparsa, le autorità iniziarono a occuparsi del caso solo a settembre, tre mesi dopo, ipotizzando inizialmente un allontanamento volontario.
Questa mancanza di tempestività rappresentò un grave ostacolo nella ricerca di Imane.
Nel frattempo, all’interno della comunità magrebina di Prato, iniziarono a circolare voci preoccupanti: molti temevano che la giovane fosse stata uccisa da malintenzionati.
Resti umani ritrovati sull’autostrada A1
Nel 2006, tre anni dopo la scomparsa, un camionista scoprì due sacchi di plastica abbandonati lungo l’Autostrada A1, nei pressi di Barberino del Mugello.
All’interno furono rinvenuti resti umani scarnificati, corrispondenti a un terzo del corpo della donna, con gli omeri legati insieme da uno spago.
Mancavano invece cinque vertebre, la testa, le parti inferiori di gambe e braccia.
All’epoca, nessuno collegò le spoglie alla sparizione di Imane, fino all’arrivo, undici anni dopo di una misteriosa segnalazione.
Test del DNA e nuove ipotesi
Inizialmente, le autorità considerarono la possibilità di un rituale satanico, avviando un’indagine per omicidio volontario e occultamento di cadavere.
Tuttavia, questa pista si rivelò priva di fondamento e il caso venne archiviato. Nel 2018, una comunicazione anonima riaccese l’attenzione sulla vicenda, sostenendo che i resti ritrovati in precedenza appartenevano a Imane.
La conferma arrivò attraverso un test del DNA, che stabilì con certezza l’identità della giovane. Secondo il medico legale, la morte risaliva a due anni prima del ritrovamento dei resti.
Nonostante questa dolorosa scoperta, molti interrogativi rimangono ancora oggi senza risposta: chi ha ucciso Imane e perché?
La madre di Imane chiede giustizia
Nonostante il passare degli anni, Zoubida non hai mai perso la speranza di fare luce sulla morte della figlia.
Ancora oggi, a vent’anni dalla scomparsa, continua a lottare per ottenere giustizia, convinta che qualcuno sappia cosa sia realmente accaduto a Imane e invita tali persone a farsi avanti, a trovare il coraggio di parlare.
Una situazione analoga a quella di Biagio Carabellò, scomparso da Bologna. Le sue ossa furono ritrovate all’interno del quartiere Bolognina, all’interno di un canale di scolo nel 2021.
Le autorità, parenti, amici e l’Italia intera continuano a sperare che, con l’aiuto di qualcuno che possa fornire informazioni, si arrivi finalmente alla conclusione di una storia che ha bisogno di essere raccontata fino in fondo.
In caso di segnalazioni, anche anonime, inerenti a Imane, il numero da chiamare è il servizio d’emergenza al 112.
È fondamentale non dimenticare queste vittime, la cui vita è stata spezzata in circostanze tragiche, e continua a cercare risposte per onorare la memoria.