Niente da fare ancora una volta: il Parlamento italiano non riesce a trovare un punto di caduta soddisfacente per tutte le parti in causa e rischia, con i suoi veti incrociati, di paralizzare il lavoro della Corte Costituzionale.

La dodicesima votazione per eleggere i quattro sostituti dei giudici della Consulta andati in pensione è nuovamente andata a vuoto e nessuno dei partiti, sia alla maggioranza che delle opposizioni, vuole rinunciare a trovare una persona che possa rispecchiare le proprie inclinazioni o idee politiche.

E a tal proposito giunge il monito di Augusto Barbera, il cui mandato di presidente della Corte Costituzionale scadrà il 21 dicembre 2024: “Per il buon funzionamento della Corte è fortemente auspicabile che si arrivi a una ricomposizione del Collegio a quindici componenti: il Parlamento non enfatizzi le diverse sensibilità politiche e culturali dei candidati“.

Un auspicio che il presidente della Camera Lorenzo Fontana vorrebbe realizzare ma più realisticamente commenta: “Probabile che tutto slitti a gennaio“.

Il saluto di Barbera, Modugno e Prosperetti alla Cassazione

A fine novembre, per la precisione il 28, c’era stata la decima votazione a seduta comune di Camera e Senato per eleggere quei quattro giudici della Corte Costituzionale il cui mandato o è già scaduto (Silvana Sciarra) o che scadrà a breve (Augusto Barbera e i Vice presidenti Franco Modugno e Giulio Prosperetti).

Una situazione tanto complessa che anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva chiesto alle forze politiche uno sforzo ulteriore per evitare un vulnus al funzionamento della Consulta.

Né gli appelli del capo dello Stato né le sedute comuni parlamentari hanno però prodotto risultati: anche la dodicesima votazione è finita in un nulla di fatto, portando la Consulta a raggiungere il minimo numero legale per il suo funzionamento (cioè 11 giudici). Volendo guardare la questione da un punto di vista più “prosaico”, basterebbe un impedimento qualsiasi ad uno di questi giudici per bloccare il lavoro dei e delle sue colleghe.

Battendo proprio il tasto sulla collegialità del lavoro della Corte costituzionale, il suo presidente Barbera ha voluto lanciare al tempo stesso un ultimo e forte appello alle forze politiche. L’occasione, oggi 11 dicembre 2024, era un’udienza pubblica nella quale Barbera, Prosperetti e Modugno hanno tracciato un bilancio del proprio lavoro.

I toni, come detto, sono garbati ma anche precisi: inutile trattare queste elezioni come una sfida all’ultimo sangue fra i vari partiti, considerato che i nuovi giudici costituzionali dovranno collaborare a stretto contatto sia con i colleghi nominati dal Quirinale (5) che con quelli scelti dalle alte corti della magistratura (sempre 5):

Nel lavoro della Corte costituzionale è essenziale il metodo della collegialità: le diverse sensibilità politiche culturali dei singoli giudici contano ma poi, necessariamente, devono confrontarsi con quelle di tutti gli altri componenti del Collegio. E proprio guardando a questa imprescindibile dimensione collegiale della Corte, l’auspicio è che il Parlamento, nella scelta dei nuovi giudici, non enfatizzi più di quanto sia necessario le diverse sensibilità politiche e culturali dei candidati.

Maggioranza ed opposizioni in disaccordo sulle nomine

Nonostante l’esistenza di uno schema di spartizione fra la maggioranza e le opposizioni (due giudici alla prima, uno alle seconde e un “tecnico” indipendente) non esiste alcuna convergenza sulle persone che devono occupare queste caselle, persino all’interno delle stesse coalizioni.

Dalle parole di Barbera però emerge anche che è impossibile stabilire a priori come lavorerà un giudice costituzionale: la sua indipendenza nel proprio lavoro è un principio non derogabile e che non può passare in secondo piano rispetto alla sua appartenenza politica o al suo “patrono” politico.

Se è anche vero che dalla prossima votazione basterà la maggioranza dei 3/5 per eleggere tutti e quattro i componenti, arrivati al dodicesimo tentativo il sentimento di scoramento in chi osserva la vicenda da lontano (ma forse anche da dentro, come nel caso di Mattarella) è alto. La situazione è quindi aggravata dal fatto che la destra ritiene un suo diritto scegliere giudici vicini alla sua area politica per bilanciare anni di “toghe rosse”, mentre la sinistra teme una paralisi dei lavori costituzionali favorevole ai progetti della maggioranza.

A ciò si aggiunga anche che la preparazione della legge di bilancio impegnerà senatori e parlamentari verosimilmente fino al 31 dicembre, bloccandoli quindi da un’altra attività sì importante ma che senza accordi fra le varie segreterie politiche non può avere uno sbocco soddisfacente per le parti in causa.

Fontana: “Spero che a gennaio si possa concludere”

Le indiscrezioni sono ormai da mesi che ruotano attorno ai soliti nomi, segno possibile di due possibilità: la prima è che il dialogo fra le parti esista ma che al momento nessuno voglia cedere di un passo (coprendo anche i reali candidati alla posizione) e la seconda che ormai tutti si siano infilati in una strada senza via d’uscita.

Il presidente della Camera Lorenzo Fontana aveva anche deciso di convocare ad oltranza le Camere in seduta comune, ma constatando quest’ennesimo blocco ha deciso di rimandare il tutto al 20 gennaio 2025. Decisione descritta dallo stesso con toni sconsolati ma altresì con accenti di inevitabilità: non importa su chi voglia puntare su chi (il viceministro Francesco Paolo Sisto, l’onorevole Zanettin, il ministro Casellati o il consigliere giuridico di Meloni Francesco Saverio Marini), senza accordi non si va da nessuna parte.

Fontana, parlando alla Stampa parlamentare per lo scambio degli auguri di fine anno, sembra nutrire una forte fiducia sul 20 gennaio: ormai si è arrivati ad un punto che un accordo serve ai fini del buon funzionamento della macchina statale.

Per la corte costituzionale, c’è stata una nuova fumata nera, ora si è abbassato il quorum, adesso credo che l’accordo sia più vicino. Non so, per una questione di tempistica, se troveremo il tempo di un’altra seduta entro Natale, ma ora non ci sono scuse. Mi auguro che la quadra venga trovata nel minor tempo possibile, che a gennaio si possa concludere.

I tre punti salienti dell’articolo

  • Il Parlamento italiano non riesce a eleggere i giudici della Corte Costituzionale: dopo la dodicesima votazione, non si è ancora raggiunto un accordo per eleggere i quattro nuovi giudici della Consulta, con i partiti che restano fermi sulle loro posizioni politiche.
  • Appelli per una soluzione collegiale: il presidente uscente della Corte, Augusto Barbera, sottolinea l’importanza della collegialità e chiede al Parlamento di non enfatizzare troppo le diverse sensibilità politiche dei candidati, per garantire il buon funzionamento della Corte.
  • Slittamento delle decisioni a gennaio: con il quorum abbassato ai 3/5 per la prossima votazione, il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, esprime speranza che si possa arrivare a una conclusione a gennaio, data la complessità e l’impasse attuale.