Cade il regime di Assad, si chiude un capitolo lungo 50 anni ma sono ancora tante le preoccupazioni per il destino della Siria. Mentre il nuovo governo di Damasco inizia a prendere forma dopo giorni di festeggiamenti da parte degli oppositori dell’ex presidente Bashar al-Assad, i timori per il futuro della stabilità regionale aumentano. L’esecutivo che sarà guidato da Mohammed al-Bashir è legato a Hay’at Taḥrīr al-Shām, il gruppo militare islamista che ha deposto il precedente governo. Non sono mancate rassicurazioni dal leader del nuovo esecutivo che ha ribadito che ogni confessione religiosa e minoranza etnica sarà rispettata.

Si temono importanti passi indietro dal punto di vista dei diritti civili e sociali. Nel frattempo Israele avanza nel territorio siriano portando ulteriore instabilità in un’area geografica già fortemente provata dai repentini eventi che hanno segnato gli ultimi giorni. Eppure l’esercito di Tel Aviv non è il solo ad aver utilizzato la situazione siriana a proprio vantaggio.

L’esercito turco, vicino al movimento Hay’at Tahrir al Sham e forte del caos nella vicina Siria, ha sferrato attacchi alle regioni del Rojava e dello Shengal abitate dai curdi. Sono giorni di grande apprensione, come racconta il responsabile dell’Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia (Uiki) Yilmaz Orkan a Tag24. La presenza di truppe turche, o vicine ad Ankara, provoca instabilità e l’attuale situazione di Damasco preoccupa non poco.

La comunità curda in Italia sulla caduta di Assad in Siria

Sembra tutto ancora molto incerto in Siria. Dopo la gioia, la liberazione dei prigionieri dal famigerato carcere di Sednaya e i festeggiamenti nelle principali città siriane, ci si inizia a chiedere quale sarà il futuro di Damasco e cosa potrebbe succedere alle minoranze etniche di quello che spesso è stato definito il mosaico etnico più complesso del Medio Oriente. Preoccupano le condizioni dei curdi che abitano le regioni nel Nord della Siria.

Da anni volevamo un cambio di regime” spiega Orkan a Tag24 “avremmo però voluto la creazione di un Paese democratico con una partecipazione da parte di tutti i popoli che abitano la Siria…“. Il responsabile del Uiki non si dice per nulla soddisfatto per il futuro che si prospetta per lo Stato mediorientale e lancia l’allarme sulla stabilità dell’area: “Non sappiamo cosa succederà, per adesso ci sono tantissimi gruppi jihadisti e mercenari turchi che rivendicano la sovranità del Paese“.

Sono diversi i gruppi armati, in lotta fra loro o in potenziale conflitto, che riversano la loro violenza sui curdi – come spiega Orkan a Tag24 con grande preoccupazione. “I curdi sono contenti del crollo di un regime che sembrava una strana monarchia” racconta “abbiamo bisogno di una nuova speranza per andare avanti“.

Diritto d’asilo congelato in Europa per i profughi siriani

La caduta del regime di Assad ha già sortito diversi effetti sulla Siria. Il più evidente è l’aumento di profughi in arrivo da Damasco verso l’Europa, passando per la ‘rotta balcanica’. La situazione preoccupa gli Stati membri dell’Unione Europea che hanno congelato, in molti casi, le richieste di diritto d’asilo per i profughi siriani.

Sei milioni di profughi scappati dopo lo scoppio della guerra potrebbero tornare nel Paese ma molti altri potrebbero lasciare la Siria, molti sono giovani under 40. “Gli Stati europei prendono misure per chi vuole scappare dal Paese” spiega Orkan “la situazione non è calma, basti pensare a quanto è accaduto di recente ad Homs, ci sono ancora molti problemi e si teme un’ondata migratoria“.

Anche i rifugiati scappati durante la guerra devono avere la loro voce in capitolo quando sarà il momento di costruire una nuova Siria: “Secondo me sarà fondamentale coinvolgere anche i siriani scappati in Turchia quando sarà fatto un tavolo della pace per favorire la costruzione di un Paese democratico così che nessuno debba mai più scappare” insiste il responsabile del Uiki “al momento non c’è questa garanzia“.

Il destino del Rojava e del Kurdistan

L’esercito di Ankara usa il caos politico in Siria come pretesto per attaccare il PKK. Da mesi, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato guerra al partito indipendentista curdo dopo l’attentato dello scorso 23 ottobre contro le industrie della Difesa nel quale hanno perso la vita cinque persone. La caduta di Assad è una manna dal cielo per Erdogan che ha sempre visto il presidente siriano come un avversario e che può vantare rapporti con il gruppo islamico HTS.

Da giorni, l’esercito turco sta attaccando il nord della Siria colpendo obiettivi legati al PKK e le città dei curdi. “La situazione è tragica” spiega Orkan “i mercenari turchi e l’esercito hanno attaccato i nostri insediamenti e almeno 250mila immigrati sono arrivati nel Rojava, ora la nostra regione è in fermento dopo la caduta del regime di Damasco“.

Nel giro di una settimana, la regione curda è passata dall’essere abitata da 5 milioni di persone a 5,5 milioni a causa dell’arrivo di profughi. Nel frattempo le truppe di Erdogan attaccano e colpiscono infrastrutture vitali della regione: “Dopo i bombardamenti a Kobane da parte di Ankara, la diga di Tishrin è stata distrutta” continua “non c’è più elettricità, un tempo c’era il Daesh oggi il problema sono i mercenari al soldo di Ankara“.

Le parole di Orkan a Tag24 confermano un momento di grande difficoltà per i curdi in questa fase di incertezza per l’intera Siria. Nella giornata di oggi, 11 dicembre 2024, i ribelli hanno conquistato la città curda di Deir ez Zor. Sembra che non possa esserci pace per il popolo che abita le regioni nel Nord nel Paese. Nemmeno nel post-Assad.

I timori della comunità curda in tre punti

  • Caduta del regime di Assad e incertezze future: La fine del regime di Assad dopo 50 anni segna un momento storico per la Siria, ma aumenta le preoccupazioni per la stabilità regionale. Il nuovo governo, probabilmente guidato da Mohammed al-Bashir e vicino a Hay’at Tahrir al-Sham, solleva timori per possibili regressioni nei diritti civili e relazioni internazionali.
  • Conflitti e crisi umanitarie: Israele e la Turchia hanno approfittato del caos siriano, con Ankara che ha lanciato attacchi contro il Rojava e lo Shengal, regioni curde nel nord del Paese. L’afflusso di rifugiati e l’instabilità locale complicano ulteriormente la situazione, lasciando i curdi, i cristiani e altre minoranze in condizioni di forte incertezza.
  • Pressione migratoria e sfide internazionali: L’aumento di profughi verso l’Europa e il congelamento del diritto d’asilo in molti Paesi europei evidenziano le ripercussioni internazionali della crisi. La comunità curda insiste sulla necessità di coinvolgere tutti i siriani, inclusi i rifugiati, per costruire un futuro democratico, ma il presente è segnato da nuovi conflitti e difficoltà economiche.