Il collasso del regime di Bashar al-Assad ha scatenato una forte reazione militare da parte di Israele, che ha condotto attacchi aerei su obiettivi militari in tutto il territorio della Siria. Inoltre, ha dispiegato truppe terrestri, sia all’interno che all’esterno della zona cuscinetto demilitarizzata, istituita nel 1974 per separare i due Stati.

Israele attacca la Siria: 480 raid

Martedì, l’esercito israeliano ha riferito di aver effettuato circa 480 attacchi negli ultimi due giorni, colpendo gran parte delle scorte di armamenti strategici della Siria. Il ministro della Difesa, Israel Katz, ha dichiarato che la marina israeliana ha eliminato la flotta siriana nella notte precedente, definendo l’operazione “un successo significativo”.

Il giorno prima, il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva definito la caduta del regime siriano “un nuovo e cruciale capitolo”. Durante una rara conferenza stampa, Netanyahu ha affermato che il crollo di Assad era “il risultato diretto dei colpi inferti a Hamas, Hezbollah e Iran“, aggiungendo che “l’asse non è ancora sparito, ma stiamo trasformando il Medio Oriente”.

Un team della CNN a Damasco ha riportato potenti esplosioni nelle prime ore di martedì, segno della prosecuzione degli attacchi iniziati nel fine settimana. Secondo Voice of the Capital, un gruppo di attivisti siriani, i bombardamenti notturni su Damasco sono stati “i più intensi degli ultimi 15 anni”.

Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno spiegato che dei 480 attacchi, circa 350 sono stati condotti con aerei pilotati e miravano ad aeroporti, batterie antiaeree, missili, droni, carri armati e siti di produzione bellica a Damasco, Homs, Tartus, Latakia e Palmira. I rimanenti attacchi hanno supportato operazioni terrestri contro depositi di armi, installazioni militari e postazioni di lancio.

Le navi della marina israeliana hanno inoltre attaccato due strutture navali siriane, distruggendo 15 imbarcazioni e numerosi missili mare-mare. Foto dell’AFP mostrano estesi danni al porto di Latakia e alla base aerea di Mezzeh vicino a Damasco, dove elicotteri militari siriani sono stati distrutti.

Perché Israele attacca la Siria?

Israele spiega che le sue operazioni in Siria mirano a neutralizzare obiettivi iraniani, sebbene l’Iran neghi la presenza di proprie forze nel paese. Lo Stato ebraico sostiene inoltre di concentrarsi sulla distruzione delle infrastrutture militari siriane, inclusi depositi di armi e munizioni, aeroporti, basi navali e centri di ricerca.

Israele afferma che le sue azioni mirano a impedire che armi sofisticate finiscano nelle mani di “estremisti”, termine che include attualmente Hayat Tahrir al-Sham (HTS), il principale gruppo d’opposizione siriano coinvolto nella caduta di al-Assad.

Le forze israeliane hanno anche dispiegato truppe nella zona cuscinetto sulle alture del Golan, un’area ufficialmente demilitarizzata dal cessate il fuoco del 1974. Israele controlla circa due terzi del Golan, mentre il resto è sotto giurisdizione siriana. Negli ultimi giorni, le forze siriane hanno segnalato l’avanzata di carri armati israeliani verso Qatana, a soli 10 km dalla capitale. Tuttavia, Israele ha negato qualsiasi incursione di questo tipo. Oltre a Damasco, le sue operazioni hanno colpito anche Al Mayadin, Tartous, Masyaf, il valico di Qusayr e l’aeroporto militare di Khalkhalah.

Quando interrogato sulle motivazioni di tali azioni, il governo israeliano ha ribadito che si tratta di autodifesa. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il territorio occupato lungo il Golan resterà parte di Israele “per sempre”.

Il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar ha giustificato gli attacchi come misure preventive per impedire che armi chimiche e missili a lungo raggio finissero nelle mani di gruppi armati. “Abbiamo colpito sistemi strategici, come armi chimiche residue e razzi a lungo raggio, per evitare che vengano utilizzati contro di noi”, ha spiegato.

Gli obiettivi di Israele in Siria

Non è ancora chiaro quale sia l’obiettivo finale di Israele in Siria. Mentre il governo si limita a parlare di autodifesa, alcune figure influenti hanno avanzato proposte su come sfruttare la situazione attuale. Benny Gantz, leader dell’opposizione, ha descritto questo momento come una “opportunità storica” per Israele, suggerendo di rafforzare i legami con minoranze come drusi e curdi in Siria. Un ex ufficiale israeliano ha persino ipotizzato una divisione della Siria in cantoni indipendenti, aperti alla collaborazione con attori esterni come Israele.

Secondo questa visione, il modello dello stato-nazione in Medio Oriente sarebbe ormai superato, e la frammentazione potrebbe offrire nuove opportunità geopolitiche.