Sono trascorsi quasi 39 anni da quel 24 febbraio 1987, il giorno in cui Cristiano Aprile, un ragazzino di appena 12 anni, viene massacrato a coltellate nella sua casa a Montesacro, quartiere di Roma. Un delitto efferato che ancora oggi non ha un colpevole né un movente.
Il caso, uno dei più sconvolgenti della seconda metà del Novecento, è infatti rimasto irrisolto, nonostante le indagini condotte all’epoca dalla Squadra Mobile.
Chi era Cristiano Aprile, ucciso a 12 anni nel 1987
La mattina del 27 febbraio, un martedì, Cristiano dorme nella sua cameretta. In casa con lui, in via Levanna 35 a Roma, sono rimaste mamma Fiorella Baroncelli, 39 anni, e la sorella Giada, di 14. Il padre Valerio, insegnante di elettronica all’Istituto Professionale Galilei, e il figlio maggiore Patrizio, 17enne, sono già usciti di casa.
Sono quasi le 8:30 quando qualcuno suona alla porta. Data l’insistenza, Fiorella apre: è un ragazzo, lo stesso che qualche giorno prima si era presentato come uno studente del marito in cerca di un libro. Una volta entrato in casa, il giovane si scaraventa contro la donna, minacciandola con un coltello e legandola mani e piedi a una sedia, la bocca coperta con un bavaglio di colore blu a pois bianchi.
Attirato dai rumori, Cristiano si affaccia dalla sua stanza. Il killer lo rincorre e lo accoltella diverse volte, prima di scagliarsi anche contro la sorella 14enne e la stessa Baroncelli, che nel frattempo si è liberata e cerca invano di difendere i figli. Il ragazzo scappa indisturbato, mentre la donna avverte un vicino e sviene.
Per Cristiano, purtroppo, non c’è niente da fare: è stato colpito con otto coltellate al torace, al volto e alle spalle. La madre e la sorella riescono invece a salvarsi, seppur seriamente ferite, dopo il ricovero in ospedale.
Le ipotesi sul delitto e l’identikit tracciato dalla mamma
Fiorella Baroncelli è l’unica testimone oculare della violenta aggressione, terminata con l’omicidio del figlio. L’identikit da lei fornito descrive l’assassino come un giovane tra i 18 e i 20 anni, con un forte accento romanesco, alto e molto magro,
di una magrezza innaturale. Di un colorito livido, un pallido che andava nel livido. Occhi neri, capelli nerissimi, mi sembra tagliati a spazzola. E occhiali cerchiati di scuro, ma non occhialetti alla Cavour, come erroneamente riportato da qualche giornale. Occhiali normali, grandi, però cerchiati di scuro.
L’ipotesi è che l’omicidio fosse maturato nell’ambito di una vendetta nei confronti del professor Aprile, a causa di qualche torto subito da un ex studente. Altre piste- come quella di una rapina a opera di un tossicodipendente- vengono scartate perché in realtà soldi e gioielli rimangono al loro posto. Nonostante il killer li avesse chiesti alla padrona di casa prima di accoltellare la famiglia.
Le indagini
Nel corso delle indagini vengono ascoltati oltre 100 ex studenti del professore, ma il presunto killer non viene identificato. Sembra svanito nel nulla. Né i vicini di casa, né i negozianti della zona lo hanno visto durante la fuga. Le ricerche non portano a niente e il caso finisce sotto molti altri, senza arrivare ad alcuna soluzione.
L’anno successivo, il 1988, dell’omicidio di Cristiano Aprile si parla nella trasmissione “Telefono Giallo” condotto da Corrado Augias. In un filmato andato in onda, Fiorella Baroncelli racconta le fasi dell’aggressione ma parla anche di un dettaglio non emerso prima. Ossia che il figlio 12enne da qualche tempo avesse l’abitudine di parlare con una fotografia della defunta nonna materna: usanza che il killer sembrava conoscere.
C’è inoltre un altro dettaglio, riferito di recente dall’allora vice ispettore di polizia Maurizio Barca. Mentre il professore Aprile è in macchina con lui e un collega, avrebbe detto questa frase:
Povero Cristiano, mi dispiace che ci sia andato di mezzo lui che non c’entrava nulla.
Una circostanza, però, a cui all’epoca non viene dato peso.
La puntata di “Telefono Giallo” del 1988
I dubbi
Oggi sono diversi i dubbi che riguardano questa vicenda. Come faceva il killer a conoscere le abitudini della famiglia, recandosi per due volte sempre quando Valerio Aprile non si trovava in casa? Cosa intendeva dire l’insegnante con quelle parole rivolte al figlio?
Fiorella non avrebbe mai parlato della prima visita del presunto studente al marito: un’altra circostanza annoverata tra le stranezze di questo caso. Possibile che nessuno abbia visto un ragazzo, presumibilmente sporco di sangue, dal palazzo? Anche le indagini sarebbero state condotte senza approfondire piste diverse, rispetto a quella di una ritorsione nei confronti del prof.
Molte delle persone protagoniste di questo triste caso sono ormai morte. Cristiano, un ragazzino che si stava appena affacciando alla vita, dopo quasi quarant’anni non ha ancora ottenuto giustizia.
Il cold case di Cristiano Aprile in tre punti
- Un delitto efferato senza colpevole: Il 24 febbraio 1987, Cristiano Aprile, un ragazzino di 12 anni, viene brutalmente assassinato nella sua casa a Roma. Nonostante le indagini, il colpevole non è mai stato identificato e il movente del delitto rimane un mistero.
- testimone oculare e un identikit: L’unica testimone oculare è la madre di Cristiano, che fornisce un dettagliato identikit dell’assassino: un giovane magro, con i capelli neri a spazzola e occhiali scuri. Tuttavia, le ricerche basate su questa descrizione non portano a risultati concreti.
- Ipotesi e dubbi: Le ipotesi sul movente si concentrano principalmente su una vendetta nei confronti del padre di Cristiano, un insegnante. Tuttavia, emergono numerosi dubbi e incongruenze nelle indagini, come la conoscenza da parte dell’assassino delle abitudini familiari e la mancata scoperta di tracce evidenti.
Un altro omicidio irrisolto, avvenuto nel 1996, è quello di Nada Cella, uccisa a 24 anni.