Il 15 dicembre 2005, Andreea Simon, bambina originaria della Romania, scomparve senza lasciare traccia da Miercurea Ciuc, un comune di circa quarantamila abitanti nella regione storica della Transilvania.

Quel giovedì, la ragazzina, era uscita di casa da sola, nel tardo pomeriggio, per acquistare beni di prima necessità al supermercato cittadino, come confermato dalle riprese del sistema di videosorveglianza presente all’interno dell’esercizio commerciale.

La madre della giovane, non vedendola rientrare, denunciò immediatamente la sua sparizione alle forze dell’ordine, nella speranza di ritrovarla sana e salva al più presto.

Per i familiari, è l’inizio di un incubo che dura da diciannove anni e che sembra non giungere a conclusione.

La pista di una mera fuga adolescenziale è stata subito esclusa dagli inquirenti, mentre la possibilità di un rapimento da parte di un malintenzionato resta la più probabile, nonché dolorosa per i parenti, che ormai da troppo tempo non hanno ricevuto alcun aggiornamento sull’amata figlia.

“Dov’è adesso Andreea? Sta bene? Perché è stata rapita? Qualcuno le ha fatto del male?”. Queste sono le domande che si pongono la madre, gli amici, i conoscenti e l’Europa intera, unita ancora senza sosta nelle ricerche.

Andreea Simon, scomparsa: l’ultimo avvistamento

Tra la casa e il minimarket, luogo dell’ultimo avvistamento di Andreea, c’erano solo cento metri. Pochi passi, eppure sufficienti a portarla via dalle braccia dei genitori, della sorella minore e dei nonni.

I loro ricordi sono cristallizzati a quel giovedì invernale, poco prima del Natale. In meno di un’ora, il tempo sufficiente per denunciare la scomparsa della bambina, il rapitore sarebbe stato in grado di portarla fuori dai confini della Romania.

Sul foglio della spesa, scritto a mano dalla madre, pochi beni di prima necessità da acquistare: acqua minerale, diverse scatole di fiammiferi, panna e un quaderno, l’ultimo presumibilmente per gli studi scolastici.

La bambina ha pagato gli oggetti intorno alle 19:05. Una volta uscita dal negozio ha giocato per qualche minuto insieme ai suoi amici, li ha salutati e si è diretta alla propria abitazione.

Probabilmente, la persona in questione aveva già pianificato da tempo di sottrarre la minore ai propri cari, e, alla fine purtroppo, ci è riuscito.

Cosa sappiamo sulle indagini: le ricerche si spostano in Italia

Il 23 dicembre 2005, a portare ulteriormente tensione ai parenti, arriva una telefonata anonima al servizio d’emergenza rumeno. Il tono dell’interlocutore è drammatico sin dai primi secondi.

La richiesta dell’uomo è semplice e diretta: “Non cercate la bambina, o morirà”. La macchina delle ricerche viene messa nuovamente in moto, setacciando a tappeto la città, le zone limitrofe, compresi anfratti e cantine, ma il risultato, nonostante l’impegno, sarà un buco nell’acqua.

Sei anni dopo la scomparsa, nel 2011, un nuovo sviluppo sembrava portare una speranza concreta: un avvistamento a Roma che avrebbe finalmente potuto offrire una pista da seguire.

Con l’ipotesi che Andreea potesse essere stata portata all’estero, le indagini si spostano dalla Romania all’Italia, coinvolgendo le forze di polizia dei due paesi in una collaborazione più stretta.

Secondo il racconto dell’avvistatore, il profilo della donna corrispondeva all’identikit diffuso dai familiari della ragazza, alimentando la speranza che Simon fosse ancora viva.

Sospetti e interrogatori: l’uso della macchina della verità

Nel 2006, un anno dopo la sparizione di Andreea, i poliziotti cominciano a nutrire il sospetto che alcuni parenti e persone vicine alla famiglia possano essere coinvolti nella vicenda.

Tra questi c’è un vice questore, presumibilmente innamorato della madre della bambina e amico di famiglia. A differenza degli altri sospettati, l’uomo ripeterà il test della macchina della verità per ben quattro volte.

Lo strumento, conosciuto anche come poligrafo, è uno strumento che misura vari parametri fisiologici del corpo, come la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e la sudorazione durante l’intervista.

Negli anni è stato oggetto di dibattito sulla veridicità del suo funzionamento. L’idea è che, quando una persona mente, il suo corpo reagisca in modo misurabile a livello fisiologico.

Nonostante alcune discrepanze nel suo racconto, mancano prove sufficienti per formulare un’accusa concreta e, alla fine, viene rilasciato.

Sconcertante è la relazione del commissario capo della sezione giudiziaria di Harghita, 41esimo distretto della Romania, che ha riassunto questa drammatica vicenda in un “allontanamento volontario”.

Ma può davvero una bambina di nove anni andare via da sola?

Un interrogativo che continua a tormentare i familiari e gli inquirenti: può davvero una bambina di nove anni andare via da sola, addirittura spostarsi in un’altra nazione senza l’aiuto di nessuno?

La scomparsa di Andreea è una ferita aperta che lascia dietro di sé non solo dolore, ma anche dubbi profondi sulla natura della vicenda.

Le indagini non sono mai state in grado di chiarire cosa sia successo davvero quella sera, eppure, nonostante il passare degli anni e l’incertezza che pervade il caso, i familiari non si sono mai arresi.

Le foto della donna, ormai ridotti a ricordi lontani, sono le uniche tracce rimaste di una bambina che, per molti, è ancora viva nel cuore. Le domande senza risposta continuano a tormentare a chi l’ha amata, e la speranza di trovarla un giorno non svanisce, nemmeno di fronte all’incertezza che sembra regnare ormai da 19 anni.

Gli scatti, sono conservati gelosamente dai parenti e pubblicati sulla pagina Facebook “Unde e Andreea Simon?“, creata con l’intento di raccogliere potenziali avvistamenti e informazioni utili.

Come in questa vicenda, anche altri bambini, Salvatore Colletta e Mariano Farina, sono scomparsi senza lasciare traccia, con famiglie che non hanno mai smesso di cercare risposte.

Le loro storie sono un triste promemoria della dolorosa realtà di tanti misteri irrisolti e del desiderio di fare luce su ciò che è successo.