La caduta del regime di Bashar al-Assad ha inaugurato una nuova fase di incertezza in Medio Oriente. La guerra civile siriana, iniziata nel 2011, aveva vissuto un periodo di relativa calma dal 2020, ma non era mai realmente terminata. L’offensiva lanciata il 27 novembre 2024 dai ribelli jihadisti è stata piuttosto inaspettata. In appena undici giorni, i ribelli hanno preso il controllo di tre delle principali città siriane, culminando con la caduta della capitale della Siria, Damasco.
Assad, che aveva governato la Siria per oltre vent’anni, ha trovato asilo in Russia e si è rifugiato a Mosca. Gli sviluppi recenti hanno già mobilitato le forze regionali, i paesi limitrofi e l’Occidente, ora alle prese con la necessità di mantenere la stabilità del territorio con la nuova amministrazione che si insedierà in Siria.
Nel frattempo, vecchie tensioni regionali riemergono, come dimostra la reazione di Israele. Il governo ha annunciato la cessazione dell’accordo sul confine del 1974 con la Siria e ha ordinato all’esercito di prendere il controllo della zona cuscinetto sulle alture del Golan aggravando ulteriormente un quadro geopolitico già complesso.
Israele in Siria: le motivazioni dietro l’intervento storico
L’8 dicembre 2024, i ribelli siriani di Hayat Tahrir al-Sham hanno dichiarato la conquista di Damasco. L’offensiva, avviata solo undici giorni prima dalle loro basi a Idlib, nel nordovest della Siria, ha visto una rapida avanzata. I jihadisti hanno dapprima preso il controllo di diversi villaggi nella regione nordoccidentale, per poi proseguire verso sud, conquistando in successione Aleppo, Hama, Homs e infine la capitale.
Oltre 50 anni fa, Hafiz al-Assad, padre di Bashar, è salito al potere con un colpo di stato seguito da elezioni. Dopo la sua morte nel 2000, il figlio Bashar gli è succeduto alla guida del paese. Il Medio Oriente è una regione segnata da conflitti e dispute territoriali nel corso di anni. Diversi stati hanno invocato un governo inclusivo nel paese. La Siria, con una popolazione di oltre 23 milioni, è una nazione caratterizzata dalla presenza di diverse etnie, religioni e correnti culturali, che ne arricchiscono la complessità sociale e politica.
Il cambio di leadership in Siria ha lasciato un vuoto in vari settori fondamentali del paese, non solo in quello politico. Nel suo primo videomessaggio, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha prontamente sottolineato che l’accordo di confine del 1974 con la Siria è venuto meno, citando il ritiro delle forze siriane dalla zona cuscinetto delle alture del Golan. L’accordo ha posto fine ufficialmente alla guerra dello Yom Kippur.
This is a historic day for the Middle East. The collapse of the Assad regime, the tyranny in Damascus, offers great opportunity but also is fraught with significant dangers.
— Benjamin Netanyahu – בנימין נתניהו (@netanyahu) December 8, 2024
We send a hand of peace to all those beyond our border in Syria: to the Druze, to the Kurds, to the… pic.twitter.com/yJZE3AZZJn
Cinquanta anni di confini stabiliti: cosa cambia ora?
Netanyahu ha dichiarato di aver “ordinato ieri ai militari di impadronirsi della zona cuscinetto e delle posizioni di comando nelle vicinanze”. Ha giustificato questa azione militare affermando che Israele non permetterà a nessuna forza ostile di stabilirsi lungo il confine tra le due nazioni, evidenziando la necessità di mantenere la sicurezza della regione e proteggere gli interessi nazionali israeliani.
Stiamo agendo prima di tutto per proteggere il nostro confine. Quest’area è stata controllata per quasi 50 anni da una zona cuscinetto concordata nel 1974, l’Accordo di separazione delle forze. Questo accordo è crollato, i soldati siriani hanno abbandonato le loro posizioni.
In accordance with the situational assessment following the recent events in #Syria, including the entry of armed personnel into the buffer zone, the IDF has deployed forces in the buffer zone and in several other places necessary for its defense, to ensure the safety of the… pic.twitter.com/Nsno9GBWB4
— Israel Defense Forces (@IDF) December 8, 2024
L’esercito israeliano ha emesso avvertimenti agli abitanti della zona di sicurezza nella Siria meridionale. La zona cuscinetto, un’area demilitarizzata all’interno del Paese e amministrata dal governo siriano, era anche monitorata dall’UNDOF con l’obiettivo di garantire che entrambe le parti rispettassero i termini dell’accordo del 1974.
Le implicazioni regionali dell’incursione israeliana in Siria
Nell’ultimo anno, l’esercito israeliano ha condotto numerosi attacchi contro la Siria. La maggior parte di questi avrebbero preso di mira le risorse militari iraniane e Hezbollah e altri gruppi sostenuti da Teheran nel Paese. L’amministrazione israeliana ha accolto con favore il crollo del regime siriano mentre l’attività militare dell’Idf è destinata a trasformare gli equilibri regionali.
Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza hanno subito colpi significativi in seguito agli attacchi israeliani, mentre l’Iran ha visto indebolirsi i suoi alleati regionali. La caduta del regime di Assad è stato un duro colpo per Teheran. Nonostante gli appelli per un governo equilibrato in Siria, la maggior parte del territorio siriano è attualmente sotto il controllo dei jihadisti. Con la formazione di una nuova amministrazione, la sicurezza e il diritto alla difesa rivendicati da Israele saranno aspetti cruciali per il futuro della regione.