Hollywood, abbiamo un problema. Con l’età delle attrici, per l’esattezza. L’invecchiamento delle donne, star comprese, è ancora oggi uno dei muri più difficili da superare in merito ai pregiudizi contro la metà femminile del cielo sopra Los Angeles. Lo sa benissimo anche una diva di prima grandezza come Nicole Kidman che ha voluto a tutti i costi prender parte a “Baby girl” proprio per sfoderare un lato sensuale che di solito Hollywood non riconosce alle attrici della sua età (57 anni).

Per l’attrice di “Moulin Rouge“, il problema è la miopia degli Studios che non riescono a immaginare e, di conseguenza, non finanziano storie che permettano di sviluppare alcuni aspetti della femminilità che, dunque, vengono tagliati fuori dal racconto sul grande schermo. Unica soluzione, quindi, è imporle con la forza di nomi del suo calibro, che permettano ad autrici come Halina Reijn (regista di “Baby girl“) di esprimersi e arricchire l’immaginario cinematografico.

Una presa di posizione che suona quantomai necessaria anche alla luce della disparità di trattamento che gli Oscar riservano a donne e uomini in fatto di età, con un gap notevole che da sempre caratterizza i premi più prestigiosi del cinema statunitense.

Nicole Kidman, il sesso in “Baby girl” e la sensualità anche a 60 anni

In “Baby girl“, Kidman interpreta una donna perfettamente realizzata, che ha tutto quello che la vita potesse offrirle. Occupa, infatti, una posizione di prestigio sul lavoro e ha una famiglia felice, al fianco di un marito amorevole (interpretato da Antonio Banderas). Nonostante tutto ciò, il suo personaggio finisce per rimanere invischiata in una torbida storia con un suo sottoposto molto più giovane di lei (Harris Dickinson).

Le scene di sesso che caratterizzano la pellicola hanno già fatto molto discutere per la loro intensità che è valsa all’attrice la Coppa Volpi per la Miglior attrice all’ultima Mostra de Cinema di Venezia. Ma con esse la Kidman intende anche lanciare un messaggio all’industria del cinema statunitense, nella quale mettere da parte le interpreti femminili quando raggiungono una certa età è una brutta abitudine che si è, purtroppo, consolidata negli anni.

Abitudine che la sceneggiatura di Halina Reijn scardina dalle fondamenta, dichiara l’attrice in un’intervista all’Hollywood reporter, andando a toccare un nervo scoperto delle logiche interne agli Studios.

“Molte volte le donne non vengono prese in considerazione, in un certo periodo della loro carriera, come ‘esseri sessuali’. Quindi è stato davvero bello essere vista in questo modo”.

Nicole Kidman e la battaglia delle donne di Hollywood

E l’attrice è convinta che una storia come quella del suo personaggio in “Baby girl” sia “davvero comprensibile” dal pubblico femminile che andrà a vedere la pellicola. Donne che hanno raggiunto quello che la società si aspetta da loro – il successo professionale e la realizzazione familiare – ma che continuano a sentire un vuoto nella loro vita. Donne che si chiedono, spiega, quali siano i loro desideri e se debbano reprimerli e “fingere di essere qualcos’altro per essere amate dalle persone e non perdere ciò che hanno faticosamente costruito.

Il trailer originale del film “Babygirl” con protagonista Nicole Kidman.

Le parole della Kidman chiamano in causa lo spazio negato finora da Hollywood a personaggi e storie di questo tipo. Un muro eretto dagli Studios che oggi comincia a essere abbattuto grazie alla nuova libertà delle donne di poterle raccontare.

Una conferma di quanto da lei sostenuto arriva direttamente dalla sua carriera. La sua bellezza è stata per anni un elemento importante (non l’unico, ovviamente) della sua fortuna a Hollywood, in ruoli dove questa veniva esaltata. Basti pensare proprio a “Moulin Rouge” di Baz Luhrmann, dove interpretava la conturbante Satin, o a “Eyes wide shut” di Stanley Kubrick, nel quale con Tom Cruise, suo marito ai tempi delle riprese, raccontava la crisi sentimental-sessuale di una coppia alto borghese.

Ruoli che, però, non hanno caratterizzato gli ultimi anni dell’attrice, a testimonianza di un’industria che non la prende più in considerazione (lei come le sue colleghe) da quel punto di vista.

Gli Oscar e il problema con l’età delle donne

Quella illustrata dalla Kidman è solo una delle molte facce del gender gap che ancora domina Hollywood.

Una disparità che si conferma se si va a guardare l’età media dei vincitori e delle vincitrici degli Oscar. Se si considerano i vent’anni che intercorrono tra il 1990 e il 2009, ad esempio, quella dei Migliori attori protagonista e non protagonista è sempre stata più alta rispetto a quella delle donne, a eccezione di tre edizioni.

La situazione si è leggermente ristabilita negli ultimi dieci anni. A partire dal 2013, infatti, per cinque volte l’età media degli uomini è stata superiore rispetto a quella delle donne e l’opposto è capitato nelle restanti cinque edizioni. Un segno del cambiamento dei tempi, sicuramente, con l’augurio che indichi un impegno verso una sempre maggiore equità.

Conclusioni

  • Nicole Kidman e la sensualità oltre i 50 anni: Nicole Kidman ha scelto di partecipare al film “Baby girl” per sfidare i pregiudizi di Hollywood sull’invecchiamento delle attrici, portando in scena un personaggio maturo e sensuale, nonostante i suoi 57 anni di età. Con le scene di sesso intense nel film, Kidman intende lanciare un messaggio contro l’abitudine dell’industria cinematografica di marginalizzare le donne più anziane, ignorando la loro sessualità;
  • “Baby girl” e il suo messaggio alle donne: il film racconta la storia di una donna che ha raggiunto il successo professionale e una felicità familiare ma che, nonostante ciò, si sente vuota e incerta riguardo ai propri desideri. Kidman sottolinea che il personaggio rappresenta molte donne che, pur avendo tutto, si chiedono se debbano reprimere i propri desideri per essere amate o mantenere la loro posizione sociale;
  • La disparità di età agli Oscar: il divario di trattamento tra uomini e donne in Hollywood è evidente anche negli Oscar, dove l’età media dei vincitori maschili è storicamente più alta rispetto a quella delle donne. Nonostante alcuni miglioramenti recenti, la situazione evidenzia ancora un’importante disuguaglianza, con l’industria che fatica a valorizzare le attrici più anziane.