I ribelli hanno conquistato Damasco, la capitale della Siria, in seguito ad un’offensiva. L’avanzata dell’opposizione è stata soprendemente rapida dopo diversi anni segnati da relativa calma. I fatti di questi giorni hanno segnato la fine del regime del presidente Bashar al-Assad dopo oltre due decenni e una guerra civile che ha lasciato un segno indelebile nella storia contemporanea.

Il regime di Assad è riuscito a sopravvivere per 13 anni, nonostante un paese frammentato, con l’opposizione che continuava a controllare alcune aree del territorio. L’economia siriana era in crisi profonda, mentre i principali alleati del regime affrontavano le proprie difficoltà. La Russia, coinvolta nella guerra in Ucraina, e l’Iran, insieme al suo alleato Hezbollah, indebolito dal conflitto in Libano e impegnato in un’escalation con Israele, hanno visto ridursi la loro capacità di fornire un sostegno decisivo al governo di Damasco. Queste condizioni hanno reso l’esercito siriano particolarmente vulnerabile all’offensiva dei ribelli. Nonostante ciò, la rapida caduta del regime ha colto di sorpresa molti osservatori, evidenziando la fragilità di un potere che sembrava consolidato.

Siria, si aprono nuovi scenari in Medio Oriente

Il Medio Oriente continua a vivere profondi cambiamenti, iniziati con lo scoppio della guerra a Gaza nell’ottobre 2023. Gli equilibri geopolitici nella regione sono in continua evoluzione, accompagnati da un’escalation di conflitti. A un anno dall’inizio della guerra, le forze israeliane hanno avviato un‘incursione terrestre in Libano intensificando ulteriormente le tensioni. Negli ultimi mesi, le operazioni di Tel Aviv hanno portato all’uccisione di leader e comandanti di alto rango di Hamas e Hezbollah segnando un colpo significativo alle capacità operative di questi gruppi sostenuti dall’Iran.

Durante l’estate, i principali mediatori, Stati Uniti, Egitto e Qatar, hanno intensificato gli sforzi per raggiungere un accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Washington ha ripetutamente espresso preoccupazione per il rischio di un’escalation nella regione, che potrebbe sfociare in una guerra regionale. Sebbene gli sforzi degli alleati per una tregua e il rilascio degli ostaggi a Gaza non abbiano ancora prodotto risultati concreti, il 27 novembre è entrato in vigore un cessate il fuoco tra Israele e Libano. Tuttavia, la crescente instabilità in Siria rischia di aprire nuovi scenari imprevedibili in Medio Oriente.

L’Occidente, negli ultimi anni, ha lasciato la Siria al proprio destino, mentre i combattimenti attivi si sono ridotti progressivamente. Nel frattempo, l’ex affiliato ad al-Qaeda, Hayat Tahrir al-Sham (HTS), ha consolidato la propria presenza nel nordovest del paese, fino alla recente offensiva che ha portato alla conquista di Damasco. Con HTS ora al centro del panorama politico siriano, il futuro dello stato sembra indirizzarsi verso un regime islamista e ciò solleva profonde preoccupazioni. La transizione di potere appare incerta, con dubbi su quanto potrà essere ordinata e sul destino delle minoranze e dei gruppi moderati nella regione.

Le reazioni dei Paesi arabi

Le potenze regionali, come gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto, insieme agli Stati Uniti, vedono i militanti islamici come una minaccia per la stabilità e li considerano estremisti o terroristi. Gli Stati arabi, consapevoli del rischio di un nuovo conflitto civile in Siria, stanno cercando di promuovere un dialogo inclusivo che coinvolga tutte le forze presenti sul campo.

Il ministero degli Esteri del Qatar ha sottolineato che l’obiettivo principale è garantire che qualsiasi processo di transizione politica includa tutti i siriani, senza discriminazioni basate sull’appartenenza etnica, al fine di favorire una soluzione condivisa e stabile per il futuro del paese.

Vi sono preoccupazioni che il nuovo sistema politico siriano possa adottare modelli simili a quelli del Libano o dell’Iraq. In Libano, le cariche istituzionali più alte sono distribuite secondo criteri settari: la presidenza spetta ad un cristiano maronita, il ruolo di primo ministro ad un musulmano sunnita e la presidenza della Camera ad un musulmano sciita. In Iraq, invece, le tre principali posizioni politiche seguono una logica comunitaria: la presidenza è affidata ai curdi, il primo ministro agli sciiti e il presidente del Parlamento ai sunniti. Sebbene questi sistemi mirino a garantire una rappresentanza equa tra i vari gruppi, nella pratica si dimostrano altamente instabili, spesso incapaci di evitare corruzione, e clientelismo, aggravando le divisioni già esistenti.

I vecchi alleati di Damasco

La Russia, attualmente impegnata nella guerra in Ucraina, e l’Iran hanno perso un alleato fondamentale in Medio Oriente con la caduta del regime di Assad. Questo sviluppo rappresenta per Mosca non solo una perdita di influenza regionale strategica in Medio Oriente, ma anche un arretramento significativo nel Mediterraneo. Il regime siriano aveva infatti concesso alla Russia l’accesso a infrastrutture cruciali, tra cui una base navale a Tartus e una base aerea a Latakia, in cambio di sostegno politico e militare. Queste basi hanno garantito alla Russia una presenza strategica nel Mediterraneo, rafforzando la sua capacità di proiezione di potenza nella regione. Con la caduta di Assad, la posizione della Russia nel Mediterraneo si indebolisce sensibilmente.

Per l’Iran, la Siria ha rivestito un’importanza strategica fondamentale per estendere la sua influenza nella regione. La Siria, sotto il regime di Bashar al-Assad, è stata un alleato cruciale per Teheran, fungendo da ponte tra l’Iran e il Libano, dove Hezbollah, sostenuto dall’Iran, ha esercitato un grande potere. Teheran ha fornito a Assad un supporto politico e militare determinante durante il conflitto, attraverso l’invio di armamenti e il sostegno diretto delle forze alleate, inclusi combattenti di Hezbollah. Questo legame ha permesso all’Iran di rafforzare la sua posizione nel Levante, consolidando la sua capacità di influenzare gli equilibri regionali e di sostenere i suoi alleati contro l’influenza occidentale e israeliana. La caduta del regime di Assad rappresenta quindi una grave perdita per l’Iran, poiché indebolisce la sua presenza strategica in una regione chiave.

La risposta di Israele

La Siria, sotto il regime di Bashar al-Assad, non ha rappresentato una minaccia diretta per Israele negli ultimi anni, anche dopo l’intervento israeliano nel Paese. Sebbene il regime di Assad fosse un alleato dell’Iran e di Hezbollah, in molte occasioni non ha risposto agli attacchi israeliani che miravano a distruggere le installazioni militari iraniane in Siria. L’IDF ha condotto numerosi raid contro obiettivi legati all’Iran, come depositi di armi, basi e centri di addestramento, con l’obiettivo di limitare l’influenza iraniana nella regione.

Con gli ultimi sviluppi, Tel Aviv si trova ad affrontare la minaccia crescente dell’Iran, dei gruppi sostenuti da Teheran e dei jihadisti in Siria. Un’ascesa islamista radicale rappresenterebbe un pericolo diretto per Israele. Il premier israeliano Netanyahu ha affermato che il suo paese non permetterà “ad alcuna forza ostile di stabilirsi al confine”.

L’Idf ha conquistato la zona cuscinetto al confine con la Siria sulle alture del Golan a scopo precauzionale. I media israeliani riportano che vengono bombardati anche depositi di armi a Damasco e nel sud della Siria.

L’appello dell’Occidente

La Francia ha messo in guardia contro l’estremismo in Siria. Il ministero degli Esteri ha sollecitato una transizione pacifica affermando che è “il momento dell’unità in Siria”. Una reazione simile è arrivata anche dalla Germania. Il ministro degli Esteri, Annalena Baerbock, ha affermato in un lungo post su X che “il paese non deve ora cadere nelle mani di altri radicali, qualunque forma assumano”.

Una Siria pacifica e un Medio Oriente stabile sono nel pensiero del ministro degli Esteri spagnolo, che ha condiviso le sue opinioni su X.

Washington, che ha fatto un appello per proteggere i civili e le minoranze, manterà la sua presenza nell’est della Siria e “adotterà le misure necessarie per impedire una rinascita dello Stato islamico”.

La caduta del regime di Assad: nuovi equilibri in Medio Oriente

  • Caduta del regime di Assad: I ribelli siriani hanno conquistato Damasco, segnando la fine del regime di Bashar al-Assad dopo oltre 20 anni di potere. L’avvanzata dell’opposizione è stata piuttosto rapita.
  • Cambiamenti geopolitici in Medio Oriente: Il conflitto in Siria si inserisce in un contesto di crescente instabilità nella regione, aggravato dalla guerra a Gaza e dalle tensioni in Libano, con Israele che ha intensificato le sue operazioni contro Hezbollah e Hamas.
  • Ruolo di Hayat Tahrir al-Sham: Con l’ascesa di Hayat Tahrir al-Sham, il paese potrebbe evolversi verso un regime islamista. Ciò provoca preoccupazione per le minoranze e i gruppi moderati.
  • Risposte delle potenze regionali e internazionali: Paesi arabi come Egitto ed Emirati cercano di promuovere un dialogo inclusivo in Siria, mentre l’Occidente sollecita una transizione pacifica e una Siria stabile per evitare il rischio di un’escalation radicale.
  • Implicazioni per gli alleati di Assad: La caduta del regime riduce l’influenza di Russia e Iran in Medio Oriente indebolendo la loro presenza strategica in una regione cruciale per entrambi.