Quando Giorgia Meloni ha annunciato la rivoluzione del Fisco, promettendo un sistema più equo e a misura di contribuente, molti hanno visto in quella promessa una vera e propria novità. Un ‘fisco amico’ che non punisce, ma aiuta chi vuole mettersi in regola. Ma a distanza di mesi, le cose sembrano essere andate diversamente.
Certo c’è ancora tempo fino al 12 dicembre per aderire al concordato preventivo biennale, strumento principe della rivoluzione meloniana, e consentire al Mef di raccogliere le risorse mancanti per completare il taglio delle tasse promesso in Manovra, ma nelle stanze del Ministero dell’Economia serpeggia una certa sfiducia circa il raggiungimento dell’obiettivo.
Le 700.000 pec inviate ai titolari di partita Iva, per segnalare eventuali anomalie nelle dichiarazioni e ‘invitarli’ a valutare la possibilità di aderire al ‘patto’ con lo Stato, più che una mano tesa, sono sembrate un monito. E mentre il Governo continua a cercare risorse per il taglio delle tasse, i litigi tra gli alleati sembrano mettere a rischio la promessa principale della Manovra.
Alla fine, sarà davvero “il fisco amico” a spingere verso il taglio delle tasse, o anche questa volta si rimanderà all’anno prossimo?
Concordato preventivo: ci sarà il taglio delle tasse?
Nelle tabelle della Ragioneria di Stato alla voce ‘concordato preventivo biennale’ è riportata la cifra di 2 miliardi di euro, ovvero, la cifra che il Mef ha ipotizzato di incassare dal ravvedimento volontario dei contribuenti per finanziare il taglio dell’IRPEF.
A oggi, però, mancherebbero all’appello almeno 700 milioni di euro, che il Governo ha pensato di recuperare allungando in extremis i termini per la scadenza delle adesioni al 12 dicembre. Giovedì sera si faranno i conti definitivi e si capirà su quante risorse si potrà contare e se sarà possibile o meno procedere con il taglio delle tasse promesso in Manovra.
Aderendo al concordato preventivo i contribuenti stipulano una sorta di patto con il Fisco accettando di pagare a priori una somma pattuita (calcolata sulla base dello storico delle dichiarazioni dei redditi e non sugli effettivi introiti) che potrebbe essere inferiore, ma anche superiore, a quanto effettivamente dovuto allo Stato. Accettando il concordato l’Agenzia delle Entrate si impegna naturalmente a non effettuare ulteriori accertamenti e controlli tributari.
Nella prima fase (conclusasi il 31 ottobre) hanno aderito molte azienda, ma non tante quante ci si aspettava, motivo per cui il Governo ha deciso di riaprire i termini di adesione fino al prossimo 12 dicembre per riuscire a recuperare le risorse mancanti.
Il concordato preventivo è la scommessa che Giorgia Meloni non vuole perdere soprattutto perché su quelle risorse conta per poter tagliare le tasse e accontentare gli alleati che sgomitano per vedere approvate le proprie proposte di diminuzione delle imposte.
Il Fisco Amico non decolla e fa litigare il centrodestra
La scommessa del Fisco Amico di Giorgia Meloni, negli ultimi giorni si è schiantata contro il muro delle 700mila pec inviate dall’Agenzia delle Entrate ai contribuenti italiani per segnalare anomalie nelle dichiarazioni dei redditi e informarli della possibilità di aderire al concordato preventivo e ‘mettersi al sicuro’.
Lettere, che in molti hanno giudicato intimidatorie, primo tra tutti il leader della Lega Matteo Salvini che ha immediatamente tuonato contro l’iniziativa del viceministro all’Economia di Fratelli d’Italia con delega al Fisco, Maurizio Leo.
Il vicepremier ha colto l’opportunità di cavalcare un vecchio cavallo di battaglia del partito, la rottamazione delle cartelle esattoriali. Il Carroccio ha già presentato una proposta di legge per introdurre una nuova rottamazione, la quinques, per sanare le cartelle esattoriali dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2024, dando la possibilità di pagare in 120 rate in dieci anni.
Una proposta che però non piace alla Premier che vorrebbe uscire dalla logica della premialità dell’evasione, per cambiare passo verso una mentalità in cui a essere premiato è il contribuente che decide di pagare.
Avanti tutta con la PACE FISCALE, un impegno storico della Lega.
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) December 5, 2024
– confermato anche per il 2024 il rinvio e la dilazione dell’acconto di novembre, una rivoluzione di cui hanno beneficiato l’anno scorso oltre 250mila tra commercianti, PMI, artigiani e liberi professionisti.
-… pic.twitter.com/ZYMXMgU0ze
Tra i due litiganti si inserisce un terzo, con intenzioni altrettanto bellicose, ovvero il vicepremier di Forza Italia Antonio Tajani che ha fatto capire di non essere intenzionato ad abbandonare il taglio dell’Irpef dal 35 al 33% per i redditi medi. Un taglio promesso, per il quale però occorrono i 2 miliardi di euro previsti dal concordato preventivo.
Insomma, alla vigilia dell’arrivo della Manovra in Parlamento, previsto per la prossima settimana, il destino del taglio delle tasse promesso dal Governo resta ancora incerto.
In conclusione
Il concordato preventivo introdotto dal governo Meloni per finanziare il taglio delle tasse promesso alle imprese e ai lavoratori non sta decollando come previsto.
Il Governo ha ipotizzato di raccogliere 2 miliardi di euro attraverso il ravvedimento volontario dei contribuenti, ma attualmente mancano circa 700 milioni. Per cercare di colmare questa lacuna, è stato deciso di prolungare fino al 12 dicembre il termine per aderire al concordato, ma le aspettative sono basse. Finora, il numero di adesioni non è stato sufficiente, e molti contribuenti hanno percepito l’invio delle 700.000 pec come un avvertimento piuttosto che una mano tesa.
Il conflitto all’interno della coalizione di governo complica ulteriormente la situazione. Matteo Salvini, della Lega, ha criticato il concordato e proposto una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali, che però non piace a Giorgia Meloni, che preferisce premiare chi paga regolarmente.
Anche il viceministro Antonio Tajani di Forza Italia insiste per il taglio dell’Irpef, ma per finanziarlo servono proprio i fondi del concordato. Con i litigi tra gli alleati e l’incertezza sulle risorse disponibili, il destino del taglio delle tasse promesso resta incerto.