Il Festival di Sanremo ha sempre avuto un rapporto complesso con la politica, e il palco dell’Ariston è stato spesso teatro di polemiche e dibattiti.

Un enorme specchio in cui per 75 anni la società italiana si è specchiata con i suoi cambiamenti e soprattutto con i suoi conflitti. Una potente macchina mediatica che, di volta in volta, è stata accusata di fare propaganda per questa o quella parte politica, di voler veicolare determinate idee o di provare censurarne altre. Un fenomeno musicale, di costume ma anche politico.

Il rapporto tra il Festival di Sanremo e la politica italiana è forse tra i più duraturi che il nostro paese abbia mai conosciuto e non solo per l’inevitabile legame intrinseco tra espressione artistica ed evoluzione della società, ma soprattutto per il ruolo che negli anni ha avuto la RAI, la TV di Stato, nell’organizzazione della kermesse canora.

Ed è per questo che la sentenza del Tar di Genova che ha dichiarato illegittimo l’affidamento diretto del Festival di Sanremo alla RAI, potrebbe avere un impatto significativo sull’indipendenza politica del festival a partire dal 2026.

Festival Sanremo tra polemiche politiche e il ruolo della RAI

Nonostante le dichiarazioni di intenti degli organizzatori di mantenere il festival apolitico, la realtà è che la politica a Sanremo è sempre stata presente, direttamente e indirettamente. Tra accuse e scambi incrociati, destra e sinistra hanno sempre ‘litigato’ sull’organizzazione del Festival di Sanremo.

Il fatto che fin dalla prima edizione la kermesse sia stata ad appannaggio esclusivo della RAI, la TV di Stato sostenuta dai contribuenti con il pagamento del canone, ha alimentato negli anni velenose polemiche con inevitabili accuse di uso strumentale della manifestazione da parte dei partiti di governo.

La ragione è molto semplice, essendo la RAI la televisione di Stato, manager e dirigenti – coloro i quali dettano la linea editoriale – sono nominati dalla politica e inevitabilmente riflettono l’assetto predominante in Parlamento in un determinato momento storico.

Per capire l’importanza strategica della RAI nei rapporti di forza tra i partiti italiani, basti pensare che da mesi il Parlamento non riesce a nominare il nuovo direttore generale. L’ultima seduta della Commissione di Vigilanza della RAI è andata deserta: la maggioranza consapevole di non avere i numeri per l’elezione del nome indicato dal Governo, ovvero quello di Simona Agnes, ha disertato la seduta costringendo la presidente del Movimento 5 Stelle Barbara Floridia ad un nuovo rinvio.

Appare quindi evidente come il Festival di Sanremo sia stato influenzato, in maniera più o meno determinante a seconda degli anni o della gestione, dal fatto di essere organizzato e ospitato dalla RAI.

Ecco perché la sentenza del Tar di Genova che apre alla possibilità che la kermesse canora dell’Ariston finisca su una rete concorrente e commerciale, come potrebbe essere Mediaset della famiglia Berlusconi, riguarda anche la politica.

Tutte le volte che la politica ha agitato l’Ariston

La RAI, in quanto ente pubblico, ha storicamente avuto un ruolo significativo nella gestione del festival. Ciò ha portato a critiche riguardo alla possibilità che il festival possa essere utilizzato per promuovere agende politiche specifiche o per censurare contenuti considerati scomodi. Quando al Governo c’è stata la sinistra è stato accusato di essere schierato politicamente contro la destra e viceversa.

Celebre, ad esempio, la polemica tra l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e l’allora direttore artistico di Sanremo 2013 Fabio Fazio sull’opportunità di rinviare la kermesse che quell’anno si svolgeva nel pieno della campagna elettorale per le politiche. Rinvio che Berlusconi avrebbe ritenuto doveroso per non influenzare l’opinione pubblica e che però non ci fu.

Al governo c’era il tecnico Mario Monti, nominato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano per far fronte alla crisi politica scaturita dalle dimissioni ‘forzate’ del Governo Berlusconi. Le elezioni furono vinte dal centrosinistra guidato da Pierluigi Bersani.

Durante i periodi di governo di Berlusconi, però, furono numerose le accuse di eventuale manipolazione dei contenuti trasmessi.

Recentissima, invece, è la polemica sorta all’ultima edizione, quella del 2024, a causa delle parole pronunciate sul palco dell’Ariston dal cantante Ghali in relazione agli attacchi israeliani contro il popolo palestinese. In un’edizione in cui la politica avrebbe dovuto essere bandita, le parole del cantante italo-tunisino generarono un polverone mediatico e politico enorme con tanto di presa di distanza ufficiale dell’azienda con un comunicato a sostegno di Israele e velenosi botta e risposta tra gli artisti e diversi esponenti politici.

Il caso arrivò persino in Parlamento con la proposta del sottosegretario leghista Alessandro Morelli di introdurre una sorta di “daspo” per gli artisti che usano il palco della RAI per fare politica.

Troisi, Grillo e Benigni, tra satira e censura

Ma il legame tra Sanremo e politica e ben più ‘antico’ e spesso si è inevitabilmente intrecciato con le canzoni in concorso. Basti ricordare la vittoria di una giovanissima Gigliola Cinquetti al Festival del 1964 con la famosissima ‘Non ho l’età’. Un brano che rispecchiava i valori dominanti nella società democristiana di quegli anni, una società ‘all’antica’ e di una classe politica che guardava con preoccupazione al radicarsi di nuove idee di libertà ed emancipazione.

La ‘rivoluzione del ’68’ era alle porte e in tutto il mondo spirava il vento del cambiamento, ma in Italia il Festival di Sanremo fu vinto da un brano che elogiava una visione della società, della famiglia e delle donne radicata a valori di purezza, modestia e decoro. Al governo c’era una coalizione guidata dalla Democrazia Cristiana e presidente del Consiglio era Aldo Moro.

Durante il Festival del 1981, l’attore Massimo Troisi fu costretto a limitarsi a temi non politici, sottolineando una storica tendenza alla censura in contesti pubblici legati alla musica e all’intrattenimento. Una denuncia potentissima in seguito alla quale decise di non partecipare. Al Governo c’era ancora la Dc e presidente del Consiglio era Aldo Forlani.

Celebre, anche l’intervento del 1989 di Beppe Grillo che sul palco dell’Ariston, non solo svelò il suo compenso (350 milioni di lire), ma si produsse in un celebre monologo in cui attaccò attori, giornalisti ma soprattutto i vertici della Dc. Un intervento che gli costò un lungo periodo di ostracismo dalla Rai.

Nel 2011, infine, scatenò molte polemiche l’intervento di Roberto Benigni che arrivò a cavallo sul palco del Festival e ironizzò su Silvio Berlusconi con la celebre battuta “avevo dei dubbi se entrare a cavallo perché in questo momento ai cavalieri non gli va tanto bene”. A novembre di quell’anno Berlusconi si sarebbe dimesso da presidente del Consiglio.

L’ingresso a cavallo di Roberto Benigni in platea al teatro Ariston

Sanremo, cosa dice la sentenza del Tar Liguria?

La decisione del Tar Liguria sul ricorso della società Just Entertainment, interessata a ottenere i diritti commerciali del Festiva di Sanremo è arrivata come un fulmine a ciel sereno a pochi giorni dall’ufficializzazione da parte del conduttore Carlo Conti dei 25 big in gara nell’edizione del 2025.

La sentenza ha di fatto dichiarato illegittimo l’affidamento diretto del Festival di Sanremo alla RAI stabilendo che dal 2026 il Comune della città dei fiori dovrà bandire una gara aperta per l’organizzazione dell’evento. I giudici hanno anche precisato che il marchio “Festival di Sanremo” sia del Comune e non della RAI. Salva l’edizione 2025 che come da programma sarà trasmessa e organizzata dalla RAI.

Sanremo tra canzoni e politica in sintesi

Il Festival di Sanremo, evento culturale di grande rilevanza in Italia, ha sempre avuto un rapporto controverso con la politica, diventando uno specchio dei cambiamenti sociali e delle tensioni politiche. Storicamente gestito dalla RAI, il festival è stato accusato di essere strumentalizzato dai governi di turno, con polemiche che hanno coinvolto sia la sinistra che la destra.

Recentemente, la sentenza del Tar Liguria ha dichiarato illegittimo l’affidamento diretto alla RAI, stabilendo che dal 2026 la gestione dovrà essere affidata tramite gara pubblica. Questo potrebbe influenzare l’indipendenza politica del festival.

Nonostante le dichiarazioni di apoliticità, Sanremo è sempre stato un terreno di scontro politico, con polemiche legate anche ai contenuti delle canzoni e agli interventi degli artisti.