I jihadisti e altri gruppi ribelli continuano a guadagnare terreno in Siria, avanzando rapidamente nel territorio. Il 27 novembre, i ribelli hanno lanciato una nuova offensiva, conquistando diversi villaggi nella Siria nordoccidentale. In soli tre giorni, queste forze hanno raggiunto Aleppo, la seconda città più grande del paese. Una settimana dopo, il 5 dicembre, hanno preso il controllo di Hama, una città strategica, intensificando ulteriormente la pressione sul governo siriano.

Siria, i ribelli prendono la città chiave di Hama

Il gruppo ribelle Hayat Tahrir al-Sham, con base a Idlib, ha lanciato, il 27 dicembre, un’offensiva lampo nel nord-ovest della Siria, un paese già devastato dalla guerra iniziata nel 2011. L’avanzata segna un’escalation significativa con il primo scontro diretto tra i jihadisti e le forze del regime del presidente Bashar al-Assad dal 2016 e ciò apre nuovi scenari di tensione in Medio Oriente.

Aleppo, la prima città strategica caduta sotto il controllo dei jihadisti, rappresenta un punto di svolta significativo del conflitto. Considerata il fulcro economico della Siria settentrionale, i ribelli ne avevano perso il suo controllo ritirandosi dalla città nel 2016. Quello era stato un momento cruciale per il regime di Bashar al-Assad e i suoi alleati. All’epoca, Damasco beneficiava del sostegno diretto della Russia, dell’Iran e di alleati come Hezbollah. La città non era mai più uscita dal controllo del governo per circa un decennio.

Con questa nuova offensiva, tuttavia, gli equilibri di potere appaiono profondamente mutati. La Russia, impegnata nella guerra in Ucraina, ha risposto all’escalation con attacchi aerei in collaborazione con le forze del regime, ma con una capacità operativa limitata rispetto al passato. Hezbollah, indebolito dalla perdita di diversi leader chiave, fatica a proiettare la stessa forza, mentre le crescenti tensioni tra Iran e Israele complicano ulteriormente il quadro. Questa combinazione di fattori rende la situazione in Siria ancora più instabile e difficile da gestire per Damasco e i suoi alleati.

I jihadisti e le forze a loro vicine hanno continuato l’avanzata rivendicando, il 5 dicembre, la conquista di Hama. Gli islamisti, penetrati nella città da più direzioni, hanno sopraffatto le difese delle forze lealiste portando al ritiro annunciato dall’esercito siriano. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, l’offensiva ha portato alla liberazione di circa 3mila prigionieri politici detenuti nella città.

Perché Hama è cruciale per lo sviluppo del conflitto?

Hama, situata nella Siria centrale, riveste un’importanza strategica cruciale. Si trova lungo la rotta verso sud che conduce alla capitale Damasco, attraversando Homs, la terza città più grande del paese. La posizione di Hama la rende un nodo essenziale per il collegamento tra Aleppo e Damasco, fondamentale per la protezione della capitale. Con la caduta di Hama, cresce il timore che i gruppi jihadisti possano puntare il prossimo attacco su Homs, avanzando ulteriormente verso la capitale. Collega, inoltre, linee di rifornimento e transito vitali.

Nonostante nel 2011 Hama sia stata teatro di imponenti proteste contro il governo di Assad, la città si trova in una provincia con una significativa presenza della comunità alawita. Questo gruppo, di cui fa parte lo stesso Assad, costituisce una base di sostegno cruciale per il presidente siriano. La città, inoltre, non era mai sotto controllo dei ribelli.

Le vittime

L’ultima ondata di violenza rappresenta la più devastante dai combattimenti cessati nel 2020 in seguito all’accordo mediato tra Russia e Turchia. Nella fase iniziale dell’offensiva, la resistenza è stata limitata, ma i media riferiscono di scontri particolarmente violenti nei pressi di Hama.

Secondo l’Osservatorio siriano, dallo scoppio delle ostilità avvenuto la scorsa settimana, il bilancio delle vittime è salito a 727, tra cui 111 civili. L’Onu stima che i “nuovi sfollati di Idlib e del nord di Aleppo” a causa dell’escalation sono 115mila.

Human Rights Watch ha sollevato preoccupazioni sul rischio dei combattimenti e sui gravi abusi di entrambe le parti coinvolte nelle ostilità:

Tutte le parti in conflitto dovrebbero rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, dirigendo gli attacchi solo contro obiettivi militari, prendendo tutte le precauzioni possibili per evitare vittime civili e assicurandosi che i civili possano fuggire dai combattimenti in sicurezza.