Il 18 gennaio del 2017 l’hotel Rigopiano di Farindola, in provincia di Pescara, fu travolto e raso al suolo da una valanga. A causa dell’impatto, violentissimo, morirono 29 delle 40 persone presenti tra lavoratori e vacanzieri: 15 uomini e 14 donne.
Oggi, a quasi otto anni dai fatti, la sentenza della Cassazione nel processo legato alla tragedia riapre – in parte – il caso, disponendo un nuovo processo d’Appello per i dirigenti regionali che nei due precedenti gradi di giudizio erano stati assolti, per l’allora sindaco Ilario Lacchetta, per cinque dirigenti della Provincia e per un tecnico del Comune.
Confermata, invece, la condanna a un anno e 8 mesi per l’ex prefetto Francesco Provolo e quella a 6 mesi per l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso, che a questo punto sono diventate definitive. Soddisfatti i familiari delle vittime, da anni in attesa di giustizia.
La sentenza della Cassazione sulla strage dell’hotel Rigopiano
Il sostituto procuratore generale di Roma, Giuseppe Riccardi, aveva chiesto ai giudici di valutare per Provolo – condannato per i reati di rifiuto di atti di ufficio e falso ideologico – un nuovo processo relativo alle accuse di omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio.
Aveva inoltre sollecitato l’annullamento delle assoluzioni dei sei dirigenti regionali Pierluigi Caputi, Carlo Visca, Emidio Primavera, Vincenzo Antenucci, Carlo Giovani e Sabatino Balmaggio e la conferma delle condanne dei dirigenti della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (3 anni e quattro mesi), dell’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso (6 mesi), dell’allora sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e del tecnico del Comune Enrico Colangeli (2 anni e otto mesi).
Chiedendo un nuovo processo anche per Lacchetta. I giudici della Corte di Cassazione hanno accolto, alla fine, solo alcune delle sue richieste, confermando la condanna già emessa per l’ex prefetto di Pescara e disponendo un nuovo processo per disastro colposo e omicidio colposo plurimo per i dirigenti regionali in precedenza assolti e per omicidio colposo e lesioni colpose aggravate per Lacchetta e per altri degli imputati.
Le accuse mosse nei confronti degli imputati
Nella sua requisitoria, la pubblica accusa si era soffermata, in particolare, sul concetto di “prevedibilità dell’evento”, spiegando che “i segnali d’allarme” erano “molteplici” e indicavano
nove valanghe prossime all’hotel, la necessità di tenere sotto controllo l’area, il territorio classificato come sismico livello 2, la chiusura delle scuole.
In sostanza, stando alla sua ricostruzione, l’ordinanza di sgombero dell’albergo “avrebbe evitato la tragedia“.
La ricostruzione della tragedia
Nel pomeriggio del 18 gennaio del 2017, l’hotel Rigopiano, situato a 1.200 metri d’altezza nel comune di Farindola, in provincia di Pescara, fu travolto da una violenta valanga di neve, detriti e tronchi d’albero e raso al suolo.
Delle 40 persone che si trovavano al suo interno al momento dell’impatto – impossibilitate a lasciare la struttura a causa della strada bloccata dalla neve – 29 persero la vita. L’allarme fu dato da un ospite superstite, ma a causa di una serie di negligenze, i primi elicotteri riuscirono a raggiungere la zona solo la mattina seguente.
La Corte d’Appello aveva attribuito la responsabilità dell’accaduto principalmente al Comune e alla Provincia, mentre aveva assolto completamente Regione e Protezione civile, ora richiamate in causa dalla Procura. Si aspettano, a questo punto, nuovi sviluppi.
Facciamo il punto della situazione:
- La tragedia di Rigopiano: il 18 gennaio 2017 l’hotel Rigopiano di Farindola fu travolto da una valanga che causò la morte di 29 delle 40 persone presenti.
- La sentenza della Cassazione: la Corte ha confermato le condanne per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo (1 anno e 8 mesi), e per l’ex gestore dell’hotel, Bruno Di Tommaso (6 mesi). Inoltre, ha disposto un nuovo processo per i dirigenti regionali assolti in precedenza e per l’ex sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, su cui pendono accuse di disastro colposo e omicidio colposo.
- Le accuse e la responsabilità: la pubblica accusa ha sottolineato la “prevedibilità” dell’evento, citando segnali d’allarme “molteplici”, sostenendo che l’ordinanza di sgombero avrebbe potuto evitare la tragedia. La Corte d’Appello aveva attribuito la responsabilità principalmente al Comune e alla Provincia, esonerando Regione e Protezione civile, ora nuovamente coinvolte.