Che davvero oggi, 3 dicembre 2024, con il suo video alla guida del carro funebre, Beppe Grillo abbia accompagnato il Movimento Cinque Stelle delle origini al camposanto lo dimostra anche l’attacco che ha sferrato a uno dei suoi primissimi seguaci, Roberto Fico.
L’ex presidente della Camera, dopo i due mandati in Parlamento, ora spera nella presa del Movimento da parte di Giuseppe Conte perché solo cancellando il limite dei due mandati potrà candidarsi, l’anno prossimo, alla guida della Regione Campania.
E Beppe Grillo, nel corso dei nove minuti di requiem che ha dedicato al suo Movimento, se ne è ricordato vendicandosi alla sua maniera.
Cosa ha detto Grillo nel carro funebre contro Roberto Fico
Quando Grillo si è ricordato del suo Roberto? Nel momento in cui ha invitato Conte e i suoi a farsi un loro partito. Testuale:
“Fatevi un altro simbolo, andate avanti e fate le vostre cose. Il Movimento è morto, stramorto: si è trasformato in un partitino progressista con dei giochetti che faceva nemmeno la Democrazia Cristiana vent’anni fa. Io ti appoggio il candidato Pd in Liguria e in Emilia e tu mi appoggi il c’aggia fa’ con l’autobus e la scorta in Campania. Questi giochetti qua hanno trasformato questo partitino in niente!”
E insomma: più chiaro di così, il riferimento a Roberto Fico non era possibile farlo.
Chi è “il c’aggia fa’ con l’autobus e la scorta”
Perché Beppe Grillo, nel riferirsi all’ex presidente della Camera, l’ha chiamato “il c’aggia fa’ con l’autobus e la scorta”? Beh, per assestargli un bel colpo basso.
Nel 2018, con il Movimento Cinque Stelle primo partito italiano con oltre il 32% dei consensi, Fico fu eletto presidente della Camera, terza carica dello Stato.
Sta di fatto che il grillino della prima ora, l’indomani, pensò bene di farsi ritrarre da fotografi e cineoperatori mentre andava a Montecitorio in autobus (guarda caso, vuoto per l’occasione) con la scorta che lo teneva d’occhio a distanza.
Solo più tardi si sarebbe adeguato alle auto blu. Alle esigenze di sicurezza. Alla pragmaticità che richiedeva il suo ruolo. Il giorno in cui iniziò a frequentare la Camera da presidente, evidentemente, aveva un’altra priorità: quella di incarnare il perfetto grillino che per anni si era battuto contro i privilegi della casta. Così, il 26 marzo 2018, diede un saggio di populismo di altissimo livello
Sei anni dopo, è un bel pò paradossale: ma il padre del populismo fatto partito in Italia, Beppe Grillo, gliel’ha rinfacciato con quella cattiveria che solo un uomo di 76 anni che vede infrangersi il sogno di una vita può riservare.
Ma perché quel ‘caggia fa?’ in napoletano nel requiem per indicare sempre Fico?
Grillo, secondo ciò che si intuisce, ha fatto riferimento a una telefonata intercorsa negli ultimi tempi con Roberto Fico: il fondatore gli avrebbe chiesto il motivo per il quale ora sta dalla parte di Giuseppe Conte e lui gli avrebbe risposto, nel suo dialetto, “che dovrei fare?”. Come dire: ho famiglia anch’io.
Se questa versione si confermasse, risulterebbe un ulteriore colpo basso nei confronti di uno dei suoi primi attivisti.
La storia d’amore tra Roberto Fico e Beppe Grillo
Tutto si può dire di Roberto Fico, in primis proprio che ha dato un saggio di populismo con la pantomima dell’autobus (ma anche Matteo Renzi e Ignazio Marino, chi se li scorda in bici mentre raggiungevano da sindaci Palazzo Vecchio a Firenze e il Campidoglio a Roma?)
tranne che non sia stato uno dei primissimi a seguire Grillo.
Nato a Napoli nel 1974, dopo la laurea (a Trieste) in scienze della comunicazione con tesi sull’identità sociale e linguistica della musica neomelodica napoletana, ha fatto un pò di lavoretti: prima importava tessuti, poi divenne direttore di una società di catering, poi ha arrangiato in un call-center, poi ha curato degli uffici stampa.
Questo fino alla folgorazione per Beppe Grillo. Nel 2005, quando aveva 31 anni, fondò uno dei primi meetup degli Amici di Beppe Grillo. Lo fece a Napoli, naturalmente. Dove lo si vedeva in giro a volantinare oppure con i suoi banchetti a raccogliere firme. Ad esempio per l’acqua pubblica
Nel 2010, la prima avventura elettorale: si candidò in solitaria in quota Movimento, all’epoca appena nato, proprio a Governatore della Campania. Beccò solo l’1,35% dei voti.
Ma non si scoraggiò: l’anno dopo ci riprovò nella corsa alle comunali di Napoli, ma non gli andò meglio. Ottenne solo l’1,38% dei voti dei napoletani.
La svolta, però, era dietro l’angolo: nel 2013, dopo aver vinto le parlamentarie (le primarie del primo Movimento) con 228 preferenze, viene candidato come capolista dal Movimento e fa il suo ingresso in parlamento dove, a giugno 2013, venne subito eletto presidente della commissione di Vigilanza Rai. Nel 2018, col boom del Movimento, divenne, invece, presidente della Camera.
Una volta, fu Vittorio Sgarbi a dirla papele papele:
“Fanno tutti carriera coi voti di Grillo. Le persone votano Grillo, mica i vari Fico, Di Maio e compagnia bella…”
E, manco a dirlo, giù di: Capre! Capre! Capre!
In effetti: chi ha fatto carriera politica col Movimento non può non considerarsi una creatura di Grillo. Così oggi, al novello Frankenstein, si è visto quanto gli rode la ribellione di Fico e i suoi fratelli a vantaggio di Giuseppe Conte.
Ora: bisogna anche dire che Fico, in fondo, è stato sempre di sinistra. È stato tra i primi a utilizzare la parola “progressista” per descrivere il Movimento, anche quando era ancora un mantra non essere nè di destra nè di sinistra.
Ospite di Piazza Pulita la scorsa settimana, ha ripetuto il concetto:
Chissà quante volte Grillo l’avrà abbracciato su un palco o in privato, come un padre fa con un figlio. Oggi, però, vorrebbe strangolarlo. A parole, in vista delle elezioni regionali campane del prossimo anno, già l’ha fatto.