Cosa è successo davvero a Rosa Silla? Cosa ha spinto una giovane brillante e promettente studentessa a sparire nel novembre 1984, lasciando dietro di sé una fitta coltre di mistero?

Sono queste le domande che a distanza di decenni, continuano a tormentare familiari, amici e investigatori. Il caso è diventato nel corso del tempo uno dei più intricati misteri della cronaca nera italiana.

Nata ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, da padre italiano e madre etiope, “Rosy” come la chiamavano affettuosamente i suoi cari, si trasferì in Italia nel 1973 insieme al padre e ai fratelli Carlo, Vittorio ed Ermelinda, fuggendo dalla guerra civile che stava devastando la nazione.

Arrivati nel Belpaese Rosa ed Ermelinda furono affidate a un istituto di suore, per poi trasferirsi a Roma nel 1978. In quel momento, Rosa viveva in una casa famiglia gestita da una suora laica di nome Emanuela, che l’aveva presa sotto la sua ala protettrice.

Nonostante le molteplici difficoltà lungo il cammino, la ragazza cresceva e affrontava le sfide della vita con determinazione.

Nel corso degli anni, Rosa si legò emotivamente a un ragazzo, ma la loro relazione, seppur intensa, non durò. La conclusione della loro storia d’amore lasciò una ferita profonda, che si aggiungeva al dolore per la morte del padre. Alla morte del genitore, infatti, Rosa ricevette una piccola eredità, insieme ai suo fratelli.

La ragazza, ormai matura, decise di allontanarsi dalla struttura religiosa per intraprendere una nuova vita da sola.

Nel luglio del 1984, Rosa si distaccò e da suor Emanuela e non si presentò nemmeno all’esame finale di ragioneria. Poco tempo dopo, venne ritrovata in stato confusionale dai carabinieri di Anzio, dimagrita, con chiari problemi di disturbo alimentare.

Dopo essere stata ricoverata, iniziò un lento recupero e decise di tornare a scuola per terminare gli studi e diplomarsi.

Il 16 novembre, a causa di uno sciopero dei trasporti pubblici, Rosa uscì dalla scuola dopo la seconda ora, con l’intento di raggiungere la sorella, ma non arrivò mai a destinazione. La sua scomparsa improvvisa scosse la famiglia, che non riusciva a capire cosa fosse accaduto.

Le forze dell’ordine si misero subito al lavoro, ma nonostante lo sforzo, le indagini divennero più complesse e le risposte continuavano a mancare.

Tuttavia, quasi diciotto anni dopo, nel 2002, una testimonianza anonima portò nuovi sviluppi, riaprendo il caso con una possibile pista che avrebbe potuto rivelare dettagli cruciali sulla sua morte.

L’ultimo avvistamento al bar della scuola

Secondo quanto riferito dai compagni di classe, l’ultima volta che Rosa Silla fu vista si trovava davanti a un bar vicino alla scuola, mentre conversava con un uomo dall’identità sconosciuta.

La sorella Ermelinda, preoccupata per la sua scomparsa, si recò nel locale per cercare eventuali indizi. Il proprietario del locale confermò di aver visto la ventenne parlare con un cliente abituale, che però sparì anch’egli senza lasciare traccia.

Le domande si moltiplicavano: Chi era quell’uomo? Cosa voleva da Rosy? Perché non è più tornato al bar?

Le sue intenzioni erano innocenti o c’era qualcosa di oscuro che cercava di nascondere?

La lettera di un testimone anonimo: “Ho visto una donna gettarsi nel fiume”

Nel 2003, a distanza di diciotto anni dalla scomparsa, un nuovo elemento emerse. Una testimonianza anonima giunta alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?” fornì un dettaglio sconvolgente.

Un uomo dichiarò di aver visto una ragazza gettarsi nel Fiume Tevere durante una giornata di pioggia, il 17 novembre 1984, all’altezza di Ponte Sisto.

Secondo la segnalazione, la donna aveva lasciato una borsa all’interno di una barca ormeggiata nella zona, prima di lanciarsi nelle acque turbolente.

Nonostante un tentativo di soccorso, l’osservatore fu costretto a desistere per paura di essere trascinato dalla corrente. Nei dintorni, quel giorno, non c’era nessuno a cui chiedere aiuto.

Due cadaveri ritrovati nel Tevere: uno potrebbe appartenere a Rosa

Nel febbraio 2003, un macabro ritrovamento gettò nuova luce sulla vicenda. Due cadaveri vennero recuperati nel Fiume Tevere, entrambi appartenenti a donne, come confermato da Fabio Pettorossi, della polizia fluviale dell’Isola Tiberina di Roma.

Il primo fu identificato dal medico legale, con un alto grado di certezza, mentre il secondo rimase irriconoscibile.

La segnalazione del testimone anonimo sembrava corrispondere perfettamente con la descrizione degli eventi, ma gli abiti del secondo corpo non erano compatibili con quelli indossati da Rosa. La giacca con cappuccio e la borsa di stoffa colorata non sembravano appartenere alla giovane.

A distanza di undici anni dal ritrovamento, non è mai stato confermato se il secondo cadavere fosse davvero quello di Rosa.

La speranza dei suoi familiari e amici è che la ragazza possa aver ricominciato una vita lontano da tutto e da tutti.

Il mistero irrisolto

Ancora oggi, a distanza di decenni, il caso di Rosa Silla rimane irrisolto e nessuno ha mai dimenticato quella dolce adolescente benvoluta da tutti.

Gli utenti sui social network continuano a dibattere e a chiedere giustizia, cercando risposte e chiedendo verità su una storia che ha sconvolto l’Italia intera.

Le domande su cosa sia realmente accaduto a Rosa continuano a essere una ferita aperta, e il mistero che avvolge la sua scomparsa sembra destinato a restare risposta, almeno per il momento.

Un caso che ricorda tristemente quello di Emanuela Orlandi, scomparsa il 22 giugno dell’83 a Roma. A quindici anni, Emanuela uscì di casa in un giorno come tanti, senza mai più ritornare.

Un’altra adolescente sparita nel silenzio, nell’omertà di chi potrebbe sapere la verità, ma da oltre quarantun anni la nasconde.