Giorgia Meloni ha fatto la sua scelta: al posto di Raffele Fitto, fresco di nomina nella Commissione europea di Ursula Von der Leyen, ci sarà Tommaso Foti, l’uomo al quale il presidente del Consiglio, da leader di Fratelli d’Italia, aveva affidato il ruolo di capogruppo alla Camera del suo partito. Ma ora un compito ancora più delicato: con la riforma della procedura con la quale le Regioni potranno spendere i fondi strutturali europei voluta proprio da Fitto, sarà messo a loro guardia: l’Italia ha il record negativo di spesa dei fondi dell’Unione. E Giorgia Meloni, dopo i richiami di Bruxelles, vuole finalmente invertire la rotta.
Foti, il guardiano della spesa delle Regioni
Sessantaquattro anni, parlamentare da ben sei legislature, Foti manterrà intatto il pacchetto di deleghe del ministero che gli lascia in eredità Fitto: coesione, Affari europei, Pnrr e Sud.
Tutte deleghe pesantissime: tanto più che Giorgia Meloni gli affida anche il ruolo di supervisore di come le Regioni spendono i fondi strutturali europei: finora, l’hanno fatto malissimo. L’Italia è fanalino di coda sul loro utilizzo. E ora, solamente per il Mezzogiorno, c’è qualcosa come 29,3 miliardi da spendere in due anni con la riforma della coesione.
Il Ministero dell’Economia guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti ha inserito questa cifra nella manovra 2025 in maniera “certa” e, visto proprio le previsioni contenute nella nuova disciplina del Fondo di Sviluppo e Coesione, Palazzo Chigi non vuole fallire l’obiettivo.
L’articolo della legge di Stabilità 2025 che indica il Foti guardiano
Nel disegno di legge di Stabilità 2025 è l’articolo 120 a blindare il lavoro da guardiano che attende Foti. Quest’articolo, infatti, garantisce le risorse in conto capitale per l’avvio di opere infrastrutturali. E, nello specifico, fa riferimento a una dotazione complessiva di 24 mila milioni di euro, di cui 3500 per l’anno 2027, 2 mila milioni per il 2028, 1000 milioni per il 2029 e 2500 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2030 al 2036.
Dopo un accordo tra Giorgia Meloni e i Governatori, questi soldi rappresentano le uniche risorse certe che garantiranno trasferimenti da parte dello Stato centrale alle Regioni. Foti avvisato, mezzo salvato.
Quando i soldi ci sono, ma non si riescono a spendere
Sta di fatto che uno dei vulnus più importanti cui il sistema Italia, finora, non è riuscito a mettere un argine è proprio quello della spesa dei fondi europei. La Ragioneria generale dello Stato, per il Fondo di Coesione partito nel 2021, ha indicato che finora è stato messo a terra solo il 2,8% del consentito: 2,1 miliardi a fronte di 75. Nel programma precedente, quello del Fondo di Sviluppo e Coesione del periodo 2014-2020, l’Italia ha speso solo 33 miliardi su 84,4 a disposizione.
La riforma voluta da Fitto, quindi, era auspicabile. Ma ora sta a Foti metterla a terra. Naturalmente, con la collaborazione dei Governatori.
La novità per spendere i soldi
Fino a oggi, le Regioni si impegnavano per il pareggio di bilancio. Dal prossimo anno, invece, nella gestione della loro spesa, dovranno rispondere a una Commissione che il Governo Meloni ha voluto con due obiettivi.
Il primo è evitare gli sprechi.
Il secondo è monitorare le Regioni al fine di evitare una cattiva gestione dei fondi.
Insomma: i progetti prima di tutto devono esserci. E poi devono essere fatti ad arte, come comanda Bruxelles. Altrimenti saranno tirate d’orecchie.
Del resto, il ministro Giorgetti si è impegnato con l’Unione Europea che dai prossimi mesi l’Italia migliorerà la capacità di spesa di almeno l’1,3%.
Tra Stato centrale e Regioni, quindi, nonostante qualche mal di pancia, si è stretto una sorta di patto sulla base di un codice comportamentale legato proprio alla capacità della spesa. Da oggi, 2 dicembre 2024, ha un nuovo guardiano.