Il ddl Sicurezza preoccupa, soprattutto per quanto riguarda gli istituti penitenziari. Lo scorso 28 novembre, gli emendamenti del disegno di legge contenente al suo interno misure considerate troppo restrittive dall’opposizione sono passati all’esame del Senato. Molte delle proposte di modifica avanzate dal centrosinistra sono state giudicate inammissibili. Il ddl Sicurezza è stato già approvato dalla Camera dei deputati lo scorso settembre destando non poche polemiche e ora toccherà al Senato esprimersi a riguardo.
All’interno del disegno di legge sono previste misure molto stringenti. Tra queste ci sono pene contro chi manifesta bloccando strade e provvedimenti severi nei confronti delle persone senza permesso di soggiorno, sono previste anche norme contro chi occupa abusivamente immobili destinati al domicilio altrui (la cd legge anti-Salis). Con il ddl Sicurezza, le forze dell’ordine potranno utilizzare armi anche al di fuori dell’orario di lavoro e saranno previste delle bodycam.
Si inaspriscono anche le misure contro i carcerati. In un momento in cui la situazione dei penitenziari è critica in Italia a causa dell’aumento dei suicidi e delle violenze, arriva anche l’introduzione del reato di rivolta all’interno degli istituti. Abbiamo parlato di queste nuove norme con Alessio Scandurra, responsabile dell’osservatorio carceri dell’Associazione Antigone.
Scandurra (Ass. Antigone) sul ddl Sicurezza
In pericolo non c’è solo il diritto a manifestare ma anche la sicurezza dei detenuti. A lanciare l’allarme in un’intervista in esclusiva a Tag24 è Alessio Scandurra, coordinatore dell’Associazione Antigone. Nata nel 1991, Antigone si occupa di garantire i diritti dei carcerati e, più in generale del sistema penitenziario, ed è stata una delle prime associazioni a opporsi al ddl Sicurezza voluto dal governo Meloni.
“Noi siamo preoccupatissimi da quando sono iniziate a girare le prime bozze e abbiamo lanciato tantissimi appelli” spiega Scandurra, confermando quanto raccontato a Tag24 qualche settimana fa dal portavoce di Amnesty International Riccardo Noury.
“Questo ddl” prosegue il responsabile dell’osservatorio carceri di Antigone “mette in pericolo lo stato di diritto in Italia“.
Gli aspetti più preoccupanti
Il pacchetto di norme che il governo Meloni vorrebbe approvare prevede anche il reato di rivolta all’interno dei carceri e nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr). Il provvedimento riguarda tanto chi costituisce una minaccia tanto chi fa resistenza passiva alle forze dell’ordine all’interno della struttura dove si trova.
Se le seguenti azioni vengono compiute da più di tre persone, la pena di reclusione può andare dai 3 fino ai 5 anni. “Ci sono tante cose che non vanno nel disegno di legge” prosegue Scandurra “per come è stato disegnato il reato di rivolta“.
Spazio in particolare all’inasprimento delle pene in caso di resistenza passiva all’autorità: “Si tratta di una pratica illiberale che stronca qualsiasi forma di protesta in carcere” continua il responsabile dell’osservatorio carceri di Antigone “molti detenuti protestano per un motivo o per un altro mentre altri hanno paura di uscire dalle proprie celle e verrebbero puniti con pene esorbitanti“.
Paura per un possibile incremento degli abusi
Quella dei carceri italiani è una situazione tragica. Il tasso di affollamento delle strutture è molto alto, in Italia supera circa il 134% e quasi ogni giorno si legge di detenuti che si tolgono la vita negli istituti penitenziari. Il 2024 rischia di essere l’anno nero delle carceri italiane, il numero di suicidi si avvicina pericolosamente al record di 2 anni fa quando 84 detenuti si sono tolti la vita. Quest’anno sono 83 i suicidi nei carceri. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha più volte promesso misure che normalizzassero la permanenza dei detenuti nei carceri ma il ddl Sicurezza, a detta delle associazioni, rende ancora più complicato il tutto.
Altro problema da affrontare è quello della violenza da parte di chi dovrebbe garantire i diritti dei detenuti. Negli anni ci sono state tante denunce a carico di membri della polizia penitenziaria, con le misure del governo Meloni molti di questi abusi rischiano di essere occultati.
“Ci sono tanti processi per il reato di tortura” spiega Scandurra “con il ddl c’è il rischio che i detenuti non denuncino più gli abusi che avvengono all’interno delle carceri“. Il quadro che emerge dal racconto di Scadurra è preoccupante: con il ddl Sicurezza si rischiano di compiere importanti passi indietro dal punto di vista dei diritti dei detenuti in un momento in cui sono necessari altri tipi di risposte.
Il ddl Sicurezza e la detenzione in tre punti
- Misure restrittive e pene severe: Il ddl prevede pene più severe per chi manifesta bloccando strade e per chi occupa abusivamente immobili. Introduce anche misure contro i migranti senza permesso di soggiorno e permette alle forze dell’ordine di usare armi anche fuori servizio, con l’introduzione delle bodycam.
- Preoccupazioni per il sistema penitenziario: Una delle principali critiche riguarda l’introduzione del reato di rivolta all’interno delle carceri e nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr). Le azioni di resistenza, anche passive, potrebbero comportare pene severe, alimentando timori di repressione delle proteste carcerarie.
- Aumento del rischio di abusi: L’overcrowding nelle carceri italiane e le segnalazioni di violenze da parte degli agenti di polizia penitenziaria sono preoccupazioni costanti. Il ddl potrebbe rendere ancora più difficile la denuncia degli abusi da parte dei detenuti, rischiando di proteggere gli abusi da parte delle forze dell’ordine.