Gli Academy awards hanno leggi tutte loro, che spesso vedono premiati film o interpreti che non per forza sono i migliori di quell’annata. Logiche incomprensibili, se viste dalle nostre latitudini europee dove la concezione del cinema come arte ci fa spesso dimenticare che esso è anche un’industria. Contro quelle logiche si è spesso scontrato Spike Lee che, oggi, decide di fare i conti una volta per tutte con gli Oscar, per se stesso e per il suo amico e storico collaboratore Denzel Washington.
Per il regista afroamericano, Washington avrebbe dovuto vincere un Oscar per la sua interpretazione in “Malcolm X“ ma che questo non avvenne, appunto, proprio per i meccanismi dell’Academy che, inquel caso, lo penalizzarono.
Come penalizzarono lo stesso regista, per due volte a un passo dalla statuetta e, in entrambi i casi, uscito sconfitto. Destino comune ad altri grandi della storia del cinema.
Denzel Washington e l’Oscar mancato, un errore “eclatante” per Spike Lee
Spike Lee non è una persona che si faccia problemi a dire le cose che pensa. Lo confermano i suoi film, nei quali il suo impegno politico e le sue prese di posizione sui mali della società americana sono da sempre evidenti.
Attivismo che, probabilmente, gli è anche costata una certa sottovalutazione da parte dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences che assegna gli Oscar, i premi del cinema statunitense. Un trattamento che, oggi, a quasi settant’anni, il regista di Atlanta riesce a guardare con una certa dose di distacco e saggezza, anche per quanto riguarda le ‘ingiustizie’ che hanno colpito i suoi amici e collaboratori più stretti.
È il caso di Denzel Washington, che con Lee ha lavorato in quattro occasioni e che in una di queste avrebbe meritato senza dubbio, secondo il regista, il riconoscimento da parte dell’Academy. Si tratta della sua interpretazione in “Malcolm X“, nella quale Washington interpreta il difficile ruolo dell’attivista per i diritti degli afroamericani, ucciso da un attentato nel 1965.
Una prova sontuosa, quella di Washington, riconosciuta anche dal Festival del cinema di Berlino che lo premia come miglior attore. Ma non dagli Oscar, che gli preferiscono Al Pacino per “Scent of a woman – Profumo di donna“ per quello che Spike Lee definisce, in un’intervista a ‘The realest podcast ever’, l’errore “più eclatante” nella storia dei premi.
Un errore che per il regista ha una spiegazione legata a certe logiche ‘di compensazione’ tipiche degli Academy awards, per rimediare ai propri errori. Perché Lee ricorda come Al Pacino fosse già stato candidato per interpretazioni memorabili in pellicole che hanno fatto la storia del cinema come “Il Padrino“, “Serpico“, “Quel pomeriggio di un giorno da cani“, senza mai vincere. Un errore al quale l’Academy pose rimedio con l’Oscar per la sua prova (ottima ma di sicuro non al livello delle precedenti) nel film di Martin Brest.
L’Oscar a Green Book e la rivincita di Spike Lee
Una ‘chiamata di recupero’, la definisce Lee prendendo il termine dal basket, quando un arbitro, consapevole di aver commesso un errore che ha aiutato una delle due squadre, prende una decisione ‘forzata’ in favore dell’altra per compensarlo. La stessa di cui, anni dopo, beneficerà proprio Denzel Washington, premiato per “Training day” nel 2002.
Tutto sommato, dunque, un lieto fine per l’attore. Diversa, invece, la situazione per quanto riguarda Spike Lee.
Il regista ha sfiorato la statuetta più ambita per due volte e, in entrambi i casi, avrebbe probabilmente meritato miglior sorte. La prima volta, nel 1990, con “Fa’ la cosa giusta“, nemmeno candidato in un’edizione in cui a vincere fu il rassicurante “A spasso con Daisy” (che, quell’anno, si mise alle spalle altri grossi calibri come “L’attimo fuggente” e “Nato il quattro luglio“). La seconda, nel 2019, con “Blackkklansman“, battuto da “Green book” malgrado il premio per la Miglior sceneggiatura non originale consegnato in un tripudio di gioia dall’amico Samuel L. Jackson.
Charlie Wachtel, David Rabinowitz, Kevin Willmott and Spike Lee win the #Oscar for Best Adapted Screenplay for @blacKkKlansman #Oscars https://t.co/tEXbKJYRoj pic.twitter.com/AC39TNFFhk
— ABC News (@ABC) February 25, 2019
Una sconfitta quest’ultima che, all’epoca, non andò giù a molti e, in particolare, proprio a Lee che, all’annuncio del miglior film fu protagonista di una delle scene passate alla storia dei premi. Il regista provò, infatti, ad abbandonare la sala del Kodak Theatre in segno di protesta e, quando gli fu impedito, tornò a sedersi ma rivolgendo le spalle al palco dove, nel frattempo, i produttori di “Green book” stavano tenendo i loro discorsi di ringraziamento.
Oggi Spike Lee sembra prenderla con più filosofia rispetto alle escandescenze di allora ma ci tiene comunque a prendersi la sua rivincita ricordando, in modo ‘colorito, come i film e le interpretazioni trascurate dagli Oscar finiscano spesso per essere ricordate più dei vincitori.
“Parlando per me e solo per me, nessuno guarda più quel c***o di “A spasso con Daisy“ e “Fa’ la cosa giusta” non è stato nemmeno nominato. Nessuno guarda più “Green book” che aveva battuto “BlacKkKlansman“.
Da Quentin Tarantino a Charlie Chaplin, le altre vittime eccellenti agli Oscar
Spike Lee può consolarsi anche per un altro motivo, il fatto cioè di trovarsi davvero in ottima compagnia quando si parla di registi ignorati dagli Oscar. Una serie di nomi che testimoniano come la qualità non sempre sia la bussola seguita dai giurati, che hanno preso spesso e volentieri delle ‘cantonate’ decisamente imperdonabili.
Basti pensare a Charlie Chaplin, vincitore di ben due Oscar alla carriera (nel 1929 e nel 1972) ma mai candidato né per il Miglior film né per la Miglior regia. Proprio lui, autore di capolavori immortali come “Il grande dittatore“, “Tempi moderni” e “Luci della ribalta“.
E che dire di Alfred Hitchcock? Il genio indiscusso della regia cinematografica venne candidato per ben cinque volte come Miglior regista (per “Rebecca la prima moglie” nel 1941, “Prigionieri dell’oceano” nel 1945, “Io ti salverò” nel 1946, “La finestra sul cortile” nel 1955 e, infine, per “Psyco” nel 1961) tornando sempre a casa a mani vuote.
Stessa sorte toccata ad altri due maestri del calibro di Orson Welles (solo candidato per “Quarto potere“, uno dei capolavori del cinema mondiale) e Stanley Kubrick (candidato quattro volte per “Il dottor Stranamore“, “2001: Odissea nello Spazio“, “Arancia meccanica” e “Barry Lyndon“). Per non parlare, poi, dei vari Sergio Leone, Akira Kurosawa, Ingmar Bergman e Federico Fellini.
In tempi più recenti, infine, è Quentin Tarantino a condividere con Spike Lee l’antipatia dell’Academy, che non lo ha mai premiato per la Miglior regia o il Miglior film, assegnandogli per due volte il premio alla miglior sceneggiatura originale (per “Pulp fiction” e “Django unchained“). Malgrado ciò, il regista di Knoxville ha recentemente dichiarato che gli piacerebbe che un Oscar fosse intitolato a suo nome.
Cosa hanno in comune tutti questi nomi? Oltre all’indiscussa genialità, tutti loro condividono un’idea radicale del linguaggio cinematografico, che li ha sempre portati a sperimentare in direzioni mai tentate prima, sul piano dei contenuti come su quello della tecnica. Finendo con l’essere incompresi da un’istituzione che ha, ormai, quasi cento anni ed è, quindi, conservatrice quasi per sua stessa natura.
Conclusioni
- Denzel Washington e l’Oscar mancato: Spike Lee critica l’Academy per non aver premiato Denzel Washington per la sua interpretazione in “Malcolm X“, preferendogli Al Pacino per “Scent of a Woman“. Lee considera questa una delle ingiustizie più gravi degli Oscar, dovuta alla volontà dell’Academy di ‘compensare’ Pacino per gli Oscar negati per capolavori come “Il Padrino“, “Serpico” o “Quel pomeriggio di un giorno da cani“;
- Le ingiustizie verso Spike Lee e altri grandi registi: Spike Lee, pur avendo sfiorato l’Oscar due volte (per “Fa’ la cosa giusta” e “BlacKkKlansman“), non ha mai vinto. Il regista si prende, però, la sua rivincita sottolineando che, nel tempo, molti film e registi ignorati dagli Oscar sono stati ricordati, al contrario delle opere premiate;
- Le ‘vittime’ degli Oscar e la loro visione radicale: altri grandi registi, come Charlie Chaplin, Alfred Hitchcock, Stanley Kubrick, e Quentin Tarantino, non sono mai stati premiati per la Miglior regia o Miglior film, nonostante la loro indubbia importanza nella storia del cinema. Tutti questi registi condividono una visione innovativa e radicale del cinema, che li ha resi spesso incomprensibili per un’Academy conservatrice.