Altro giro, altra votazione. Oggi 28 novembre 2024 i parlamentari si riuniranno per decidere come sostituire i 4 giudici della Cassazione andati in pensione e a detta di molti si corre il rischio di un altro stallo.
Non sarebbe uno scenario inaspettato, considerando che 9 votazioni non sono servite per riuscire a scegliere qualcuno che sostituisse Silvana Sciarra. Sia il centrodestra che il centrosinistra continuano ad opporre propri candidati, “bruciati” perché considerati troppo legati ad una specifica parte.
Il problema di questa situazione, così come si sta sviluppando, è che dal 2025 la Cassazione rischia di lavorare con il numero legale minimo di giudici e di affrontare così decisioni importanti come il premierato o i referendum sull’autonomia differenziata.
Perché non arrivano le nomine in Cassazione?
L’ennesima votazione che non poterà a nulla o il momento decisivo per sciogliere un nodo da troppo tempo stretto?
La votazione di oggi 28 novembre 2024 per sostituire 4 giudici della Cassazione, una già andata in pensione e gli altri tre il cui mandato scadrà questo dicembre, è un altro passo per capire come maggioranza e opposizioni si stanno muovendo su questo terreno.
Se nei primi tre scrutini era stata necessaria una maggioranza dei due terzi dei parlamentari, dal quarto in poi è necessaria quella dei tre quinti. Questo è anche un dato sicuramente ben presente nelle menti di chi deve trovare una soluzione, ma allo stesso tempo differenzia le votazioni su più livelli e le espone anche a possibili alleanze inattese.
Giorgia Meloni ed Elly Schlein, in qualità di rappresentanti delle due aree politiche di centrodestra e centrosinistra, potrebbero anche ragionare in termini di alternanza per occupare i 4 posti vacanti all’interno della Cassazione. Il PD sembrerebbe puntare ad una figura innanzitutto considerata propria, Anna Finocchiaro, e poi indicare un nome tecnico che possa trovare una convergenza anche con Fratelli d’Italia (forse Andrea Pertici).
Resta il no a Francesco Saverio Marini, considerato troppo di parte perché consigliere giuridico di Palazzo Chigi e con un ruolo di peso nell’elaborare la riforma del premierato. Va ricordato anche che va rispettata la parità di genere e quindi non è possibile proporre figure che rischiano di essere bruciate per il fatto di essere uomini o donne.
Anche la Rai in stallo: tutti i motivi
Analoga impasse si è registrata anche per la nomina del nuovo presidente della Rai. Anzi, a voler essere precisi, presidentessa: è Simona Agnes in quota FI la ormai più che papabile candidata al ruolo, senza che però nessuno all’interno della Commissione vigilanza Rai o nel Cda riesca a sbrogliare una matassa che si trascina stancamente da molti mesi ormai.
Ieri 27 novembre la presidente della Vigilanza Rai, Barbara Floridia, aveva convocato una riunione che però è durata soltanto un quarto d’ora. Non è arrivata, ovviamente, una fumata bianca, ma Floridia ha dovuto registrare la mancanza di un punto di caduta fra le richieste delle opposizioni e quelle della maggioranza.
Da tempo ormai FI, FdI e Lega non sembrano più convinti degli accordi presi in precedenza proprio per quanto riguarda la presidenza della Rai, con soprattutto i leghisti interessati ad una persona della propria area politica in quella posizione. Lo scontro si è poi di recente esteso anche all’abolizione o meno del canone Rai, con i leghisti che vorrebbero procedere in questa direzione e i forzisti contrari.
Ciò però sembra interessare poco all’Usigrai, il sindacato dei giornalisti dell’azienda pubblica, che stigmatizza in una nota la persistenza di interessi di partito all’interno dell’azienda, andando ad inficiare gravemente la sua immagine in Italia e nel mondo:
La Rai trasformata nel campo di battaglia dove regolare i conti tra i partiti della maggioranza è uno spettacolo indecoroso e pericoloso allo stesso tempo, per gli oltre 10mila dipendenti e per i cittadini a cui quotidianamente sono garanti informazione e intrattenimento a livello nazionale e regionale su tutto il Paese.
L’incertezza sui piani industriali dei canali televisivi di Stato è figlia diretta della mancanza di un accordo fra maggioranza ed opposizione. Come accennato prima, Floridia chiede che i rappresentanti di centrodestra e centrosinistra si trovino a tu per tu con l’obiettivo di chiudere la questione una volta per tutte:
Maggioranza e opposizione si devono parlare. Se la maggioranza non decide di cambiare i modi per fare le proposte mi sa che resterà questo stallo. Se non ci si parla, di sicuro non si trova la quadra.
Rischiano referendum e legge sull’autonomia differenziata
Come si è appena visto, i ritardi che caratterizzano le nomine in importanti ambiti della vita pubblica dello stato italiano hanno poi riflessi all’interno dell’attività governativa. Lega e Forza Italia sono ai ferri corti anche per la questione dell’autonomia differenziata: la Consulta ha chiesto una parziale revisione della legge, fatto accolto con soddisfazione dagli azzurri ma con malcelata irritazione dai leghisti.
Anche il referendum proposto sull’argomento dalle opposizioni potrebbe venir meno, una volta considerate le motivazioni alla sentenza dello scorso 14 novembre: potrebbero mancare le ragioni stesse di una consultazione popolare se questa si riferisse ad aspetti della riforma cassati dai giudici costituzionali.
Alla presentazione del Rapporto @svimez 2024 il cardinale #Zuppi richiama l'importanza dell'unità del Paese e la scelta dei vescovi italiani di fare un documento unitario sui rischi della #autonomiadifferenziata pic.twitter.com/WhZxcktJtV
— Filippo Sbrana (@FilippoSbrana) November 27, 2024
La possibile mancanza fino a gennaio 2025 di ben 4 giudici costituzionali porterebbe a render concreto uno scenario reputato da molti grave: dai 15 giudici costituzionali previsti dalla nostra Costituzione si scenderebbe al numero minimo considerato legale, cioè 11.
Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiesto, con torni garbati ma decisi, che l’organo giudiziario da lui stesso presieduto non subisca ulteriori ritardi. Sono 9, infatti, le votazioni andate a vuoto per la sostituzione della giudice Silvana Sciarra e considerando gli altri tre giudici prossimi alla pensione (Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti) c’è sempre la possibilità di ripicche e veti incrociati fra i partiti.
I tre punti salienti dell’articolo
- Votazione per la Cassazione a rischio stallo: il 28 novembre 2024, i parlamentari sono chiamati a scegliere i sostituti di 4 giudici della Cassazione, ma le precedenti votazioni sono state infruttuose. La continua opposizione tra il centrodestra e il centrosinistra, con nomi considerati troppo schierati, rischia di portare a un ulteriore stallo che potrebbe compromettere il funzionamento della Cassazione, con impatti su decisioni cruciali come i referendum e il premierato.
- Conflitti nelle nomine della Rai: anche la nomina del presidente della Rai è in stallo, con scontri tra le forze politiche della maggioranza su chi debba ricoprire il ruolo. L’assenza di accordo e l’interferenza politica nella gestione dell’azienda pubblica stanno danneggiando la sua immagine, mentre la Commissione di vigilanza non riesce a trovare una soluzione.
- Rischi per l’autonomia differenziata e la Corte Costituzionale: i ritardi nelle nomine stanno influenzando anche la riforma dell’autonomia differenziata e il funzionamento della Corte Costituzionale, che potrebbe operare con un numero ridotto di giudici, minando la legittimità delle decisioni su temi cruciali. Il presidente Mattarella ha chiesto urgenti risposte per evitare ulteriori danni istituzionali.