A seguito della continua diffusione dell’influenza aviaria, che sta colpendo mucche da latte, pollame e occasionalmente esseri umani, il Dipartimento di Salute Pubblica della California (Cdph) ha diramato un avviso invitando i consumatori a evitare il consumo di latte crudo contaminato.
Il comunicato segue la scoperta del virus H5N1 in un lotto di latte crudo prodotto e venduto nello stato. Sebbene non siano stati riportati casi di malattia legati a questo lotto, le autorità hanno ribadito che il latte pastorizzato è sicuro e privo di rischi.
Cosa sta succedendo in California?
Giovedì scorso, il laboratorio di sanità pubblica della contea di Santa Clara ha identificato tracce del virus H5N1 in campioni di latte non pastorizzato durante test di routine su prodotti venduti nei negozi. In risposta, l’azienda californiana Raw Farm ha avviato un richiamo volontario del lotto interessato, seguito dal ritiro dei prodotti dai punti vendita.
I consumatori che avevano già acquistato il latte contaminato sono stati invitati a restituirlo immediatamente. Ulteriori analisi sul campione sono in corso presso il laboratorio per la sicurezza alimentare e la salute animale della California.
Raw Farm ha dichiarato che tutti i test precedenti eseguiti sia internamente che dall’agenzia statale californiana (Cdfa) erano risultati negativi e che non si segnalano casi di malattie.
Latte crudo: benefici e rischi
Il latte crudo, spesso elogiato da alcuni per i presunti benefici nutrizionali, comporta rischi significativi per la salute. Gli esperti sottolineano da tempo il pericolo rappresentato da agenti patogeni presenti in prodotti non pastorizzati, come:
- Salmonella,
- Listeria monocytogenes,
- Escherichia coli,
- Brucella,
- Campylobacter.
In aggiunta, l’influenza aviaria si aggiunge alla lista delle potenziali minacce. La pastorizzazione, invece, elimina batteri e virus senza alterare la qualità del prodotto, rendendo il latte pastorizzato una scelta sicura per il consumo.
L’allerta sull’influenza aviaria
Il Dipartimento di Salute Pubblica della California ha registrato 29 casi di influenza aviaria nel 2024, incluso il primo caso pediatrico mai segnalato negli Stati Uniti, secondo i dati dei CDC. Gli esperti avvertono che anche il semplice contatto con latte crudo contaminato, seguito da gesti come toccarsi occhi, naso o bocca, potrebbe favorire l’infezione.
Negli Stati Uniti, la situazione desta particolare preoccupazione, perché il virus H5N1 non si limita più a colpire gli uccelli selvatici, ma si è diffuso tra i mammiferi, segnando un passaggio significativo. Non è una novità che il virus compia un salto di specie, ma il rischio aumenta quando si diffonde in animali come le mucche, che hanno un contatto diretto e frequente con l’uomo.
Matteo Bassetti, direttore del reparto di Malattie Infettive presso l’Ospedale San Martino di Genova, ha espresso preoccupazione per l’evoluzione della situazione, sottolineando che la pastorizzazione è una pratica collaudata che elimina i rischi microbiologici.
“L’influenza aviaria si sta avvicinando sempre più all’uomo, e le mucche, con il loro latte e i suoi derivati, rappresentano un collegamento diretto. È fondamentale intensificare le misure di sicurezza per prevenire ulteriori casi,” ha dichiarato Bassetti, ribadendo l’importanza di una rigorosa pastorizzazione.
La situazione in Italia
In Italia, il virus dell’Aviaria è più diffuso tra settembre e gennaio. Attualmente, si contano oltre 50 casi confermati tra uccelli selvatici e pollame e chi lavora a stretto contatto con questi animali è a rischio. Il Ministero della Salute ha recentemente emesso una circolare per sensibilizzare ospedali e strutture sanitarie, con particolare attenzione ai contesti ad alto rischio come allevamenti e centri di recupero per fauna selvatica.
“L’attenzione rimane alta, ma non c’è alcun pericolo immediato per l’Italia, dove il sistema di controlli veterinari è efficace, così come la rete di istituti zooprofilattici”, ha dichiarato Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali).
Andreoni ha precisato che in Italia non sono stati registrati casi di infezione da H5N1 nei bovini e che, di conseguenza, non vi è motivo di allarme per quanto riguarda il consumo di latte. “La pastorizzazione del latte rimane fondamentale, in quanto elimina virus e batteri,” ha aggiunto.
L’epidemiologo ha inoltre spiegato che il passaggio del virus dagli uccelli ai mammiferi, noto come spillover, rappresenta un processo di adattamento che desta una certa preoccupazione. “La rilevazione di tracce del virus nel latte di vitelli, sebbene si tratti di pochi casi, solleva questioni importanti che devono essere prima confermate, poi studiate a fondo per comprendere i reali rischi per la salute umana,” ha concluso l’esperto.
Potrebbe interessarti anche Influenza aviaria: è sicuro mangiare carne di pollo o di manzo?