“Avevo 12 anni, vivevo nel cuore della Genova bene. Avevamo appena iniziato la seconda media, quando sono stata violentata fisicamente e psicologicamente tra le mura di casa mia”. Parole dure, durissime, pronunciate da una consigliera comunale di Genova all’indomani della Giornata nazionale contro la violenza sulle donne e che hanno scioccato l’aula. Ecco chi è Francesca Ghio, protagonista di questo racconto crudo e molto personale ma allo stesso tempo comune, purtroppo, a molte altre donne.
Chi è Francesca Ghio, la consigliera comunale violentata a 12 anni
Francesca Ghio, della lista Rossoverde e un passato da attivista per Fridays For Future, ha deciso di rendere pubblica la sua storia durante una discussione dell’ordine del giorno riguardante proprio la violenza sulle donne, presentata da Arianna Viscogliosi del Gruppo misto.
La Sala Rossa è attonita e incredula: all’inizio tutti credono che stia leggendo parole scritte da qualcun’altra. Ma Ghio chiarisce: è proprio lei quella bambina di 12 anni.
La consigliera comunale, che oggi di anni ne ha 31, evidenzia come le violenze siano durate mesi, messe in atto da una persona di cui si fidava, che frequentava la sua casa, e che nessuno
avrebbe pensato potesse essere un mostro. Un dirigente genovese, il vostro bravo ragazzo.
Il drammatico racconto prosegue spiegando come quell’uomo, che aveva una piccola azienda, le intimasse di rimanere in silenzio.
Lui mi diceva di stare zitta e che doveva essere il nostro segreto, dovevo giurargli di non raccontare niente a nessuno mentre sottostavo alle sue torture il dominio dell’uomo, del padre. La mia mente e il mio corpo sotto la sua autorità: l’emblema del patriarcato.
Ghio, con la voce ferma, dà un quadro della sensazione di solitudine provata.
Altro io non potevo fare, perché nessuno mi aveva mai detto che potevo parlarne. Nessuno mi ha mai chiesto perché ero diventata introversa all’improvviso, eppure io non sono mai stata una bambina silenziosa. Ma la società intorno corre, per andare dove non si sa. Certo è che non si ferma a guardare chi bene non sta.
Il dolore “che andava soffocato”
Come spesso accade alle vittime di violenza, anche lei crede di aver meritato quanto accaduto. La colpa diventa un’ingombrante presenza.
Per un pezzo di vita mi sono rassegnata fino a credere che me l’ero meritata, cercata. Non so bene come, ma non avevo alternativa.
Spiegando poi di essere
arrivata a colpevolizzarmi al punto di ferirmi fisicamente. Mi sono coperta le cicatrici sulle braccia. Per anni nessuno mi ha mai chiesto perché tenessi sempre felpe e maniche lunghe. Ma il dolore era l’unica emozione che mi faceva provare ancora qualcosa.
Non ha mai denunciato quell’uomo, il suo carnefice. Del resto, aggiunge, di emozioni e di consenso non si parla a scuola. Difficile trovare un aiuto, per lei, a quell’età.
Non sapevo neanche cosa fosse una denuncia a 12 anni. A scuola studiavamo Napoleone Bonaparte, nessuno parlava di emozioni, consenso, sessualità, sostegno alla fragilità. Nel mondo degli adulti non c’era un singolo volto in cui poter trovare rifugio e protezione.
Quando, tempo dopo, tutto torna a galla e prova finalmente a parlarne,
mi sono sentita giudicata. Iniziavo il discorso e notavo disgusto. ‘Ma no sto scherzando…’, dicevo per chiudere velocemente. Ho iniziato a fumare, non mi piaceva fumare. Ma mi consolidava l’idea che qualcosa bruciasse dentro di me. Ho fumato per anni senza che mi piacesse: quel dolore andava soffocato in qualche modo. Nessuno voleva ascoltarlo. E io non avevo gli strumenti per capirlo.
La denuncia per dare voce a chi non ce l’ha
In un’intervista al Corriere della Sera, Francesca Ghio spiega di aver deciso di rendere pubblica la sua storia perché la sua voce, come consigliera comunale di Genova,
è la voce di chi non ha la visibilità e la possibilità di parlare.
In un’altra intervista, rilasciata invece a Repubblica, la consigliera chiarisce che il suo è il tentativo di “chiudere un cerchio” nella sua vita, aprendo “un varco in una politica” da cui non ci sono risposte al fenomeno.
Come evidenziato durante il suo discorso, infatti, nonostante siano trascorsi anni da quelle violenze, niente è cambiato. Le istituzioni hanno le loro colpe, afferma.
Gli uomini continuano a violentare nel silenzio complice di una società che non dà gli strumenti, che non vuole fermarsi a capire, che ritiene più facile e dignitoso nascondere il problema piuttosto che ammettere che questo cortocircuito è responsabilità del profondo vuoto che le istituzioni scelgono di non colmare; il 25 novembre è passato, ci vediamo l’anno prossimo con la conta dei numeri, chi sull’elenco dei nomi dei cadaveri, chi nel silenzio muore dentro vittima due volte dello stupratore e della società che guarda dall’altra parte.
La consigliera, alla fine del suo toccante discorso, cita un pezzo del brano di Giulia Mei, “Bandiera”:
L’unica differenza è che non staremo più zitte, della mia fi** farò una bandiera che brillerà nella notte.
Un discorso potente per ribadire che è ora di fare qualcosa: per le donne di oggi e per quelle di domani. Un modo per aiutare a guarire le ferite anche di quelle di ieri.
La violenza sulle donne e le polemiche
La violenza sulle donne è un tema più che mai attuale e discusso nel mondo politico. Aspre polemiche hanno suscitato le parole del ministro dell’Istruzione Valditara sul patriarcato “morto 200 anni fa”, ma anche sugli immigrati, a cui sarebbe dovuto “l’incremento di fenomeni di violenza sessuale”.
Clamore anche per il post di Salvini sulle vittime di femminicidio, pubblicato sui social il 25 novembre, in cui punta il dito contro gli aggressori di origine straniera.
Anche la testimonianza di Francesca Ghio sta dividendo gli animi, soprattutto in merito alla responsabilità non solo delle istituzioni, ma anche delle famiglie. Sui social in molti plaudono al suo coraggio e la ringraziano per le sue parole, esprimendole solidarietà.