Il cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, sostenuto dall’Iran, è entrato in vigore e sta resistendo a diverse ore dal suo avvio, avvenuto alle 4 del mattino ora locale di mercoledì. Il presidente american Joe Biden ha annunciato l’accordo martedì, sottolineando il ruolo fondamentale degli Stati Uniti e della Francia nel mediare l’intesa.

Nel frattempo, mercoledì, l’esercito libanese ha dichiarato la propria disponibilità a dispiegare truppe nel sud del Libano, esortando i residenti delle aree vicine al confine a non tornare fino al completo ritiro delle forze israeliane, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters.

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha avvertito che Israele non esiterà a reagire con forza in caso di violazioni da parte di Hezbollah, riferendosi a qualsiasi infrazione degli accordi raggiunti.

Libano, in vigore la tregua dopo 13 mesi di conflitto

Gli scontri tra l’esercito israeliano e Hezbollah, che hanno avuto inizio nell’ottobre 2023, si erano intensificati a fine settembre con l’aumento dei bombardamenti israeliani e una limitata incursione terrestre. Secondo le autorità locali, il conflitto ha provocato oltre 3.823 vittime, rendendolo uno dei più devastanti in Libano negli ultimi decenni.

Secondo i termini dell’accordo mediato dagli Stati Uniti, Israele procederà a un graduale ritiro delle proprie truppe dal sud del Libano nell’arco di 60 giorni. Nel frattempo, le forze governative libanesi riprenderanno il controllo di una zona attualmente sotto il dominio di Hezbollah.

L’intesa prevede anche che i combattenti e l’arsenale di Hezbollah siano rimossi dall’area a sud del fiume Litani, un confine stabilito dopo il conflitto tra le due parti nel 2006.

“Questo accordo crea le condizioni per ristabilire una calma duratura e permettere ai cittadini di entrambi i Paesi di tornare alle loro vite in sicurezza”, si legge in una dichiarazione congiunta rilasciata dagli Stati Uniti e dalla Francia, che svolgeranno un ruolo attivo nel monitorare l’attuazione del patto.

Un cessate il fuoco “sotto pressione”

Jasmine El-Gamal, ex consulente del Pentagono per il Medio Oriente, in un’intervista ad Anna Coren della CNN, ha descritto l’accordo di tregua tra Israele e Hezbollah come una fine temporanea delle ostilità in Libano, definendolo però un “cessate il fuoco sotto pressione” che non affronta le radici profonde del conflitto regionale.

“Israele è stato sottoposto a forti pressioni dagli Stati Uniti per terminare i combattimenti, mentre Hezbollah, a sua volta, ha subito un’intensa pressione militare da parte di Israele, che ha eliminato gran parte della sua leadership con una serie di attacchi mirati”, ha spiegato El-Gamal.

L’esperto ha aggiunto che l’intesa, mediata da Stati Uniti e Francia, potrebbe contribuire a calmare momentaneamente la situazione, ma non rappresenta altro che un ritorno allo “status quo” precedente.

Hezbollah aveva iniziato a lanciare razzi quotidianamente contro Israele a partire dall’8 ottobre, il giorno dopo l’attacco di Hamas che ha scatenato la guerra in corso a Gaza. Si spera che il cessate il fuoco, che durerà 60 giorni, possa costituire un passo verso una tregua più stabile.

Il patto include misure per un controllo più rigoroso del Libano sui movimenti di Hezbollah nella regione meridionale, per prevenire il raggruppamento del gruppo armato. Tuttavia, secondo El-Gamal, Hezbollah ha sempre resistito all’autorità del governo centrale e dell’esercito libanese. Si prevede che entrambe le parti utilizzeranno la tregua per riorganizzarsi e riarmarsi.

Avi Melamed, ex funzionario dell’intelligence israeliana, ha sottolineato che il futuro del Libano dipenderà dal controllo esercitato dal governo sulle attività di Hezbollah. “La sfida principale è il ripristino della sovranità libanese, considerando la forte influenza che Hezbollah mantiene nel Paese”, ha dichiarato.

Hezbollah, considerato il gruppo armato non statale più potente al mondo e sostenuto dall’Iran, continua ad esercitare un ruolo dominante in Libano, che è politicamente paralizzato dalla mancanza di un presidente e di un governo pienamente funzionante dal 2022.

In base agli accordi, Hezbollah dovrà arretrare di 40 chilometri dal confine con Israele, mentre le truppe israeliane lasceranno il territorio libanese. Il rispetto del patto sarà monitorato da forze multinazionali, truppe ONU e l’esercito libanese, con Israele pronta a reagire in caso di violazioni.

“Se Hezbollah ricostruirà la sua infrastruttura militare nel sud del Libano, potrebbe scatenarsi un nuovo conflitto. Tuttavia, un’azione decisa da parte dell’Occidente, specialmente degli Stati Uniti, potrebbe contribuire a contenere il gruppo e consentire al Libano di rafforzare la propria sovranità”, ha concluso Melamed.

Mercoledì mattina, a Beirut sud, i sostenitori di Hezbollah hanno sventolato la bandiera del gruppo militante in segno di festa, poche ore dopo l’entrata in vigore di un accordo di cessate il fuoco tra il gruppo militante e Israele.

Incognite e prospettive dell’accordo

L’accordo attuale riprende e amplia la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che aveva messo fine al conflitto di un mese tra Israele e Hezbollah oltre 17 anni fa. Tuttavia, quella risoluzione era stata considerata inefficace, in particolare da Israele, per la mancanza di una reale applicazione. Questo nuovo oatto mira a rafforzarne i principi, introducendo un monitoraggio più rigoroso.

L’intesa consente a entrambe le parti di rivendicare un successo: il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu può affermare di aver significativamente ridotto la capacità militare di Hezbollah, mentre quest’ultimo può dichiarare di aver costretto Israele al ritiro grazie alla sua resistenza.

Sul lungo termine, il cessate il fuoco punta a creare le condizioni per la delimitazione ufficiale del confine israelo-libanese. Tuttavia, molti dubbi permangono sull’effettiva implementazione dell’accordo e sulle sue prospettive.

Una delle principali incognite riguarda il ritiro di Hezbollah a nord del fiume Litani, zona che rappresenta il suo principale bastione. I militanti del gruppo vivono radicati nel sud del Libano, dove le comunità locali dipendono dalla loro presenza, data l’inefficienza del governo libanese nel fornire servizi essenziali. Hezbollah potrebbe spostare le sue armi più a nord, ma il trasferimento dei suoi combattenti appare improbabile. In caso di mancato ritiro, Israele potrebbe essere costretto a riprendere le operazioni militari o a tollerare la presenza di Hezbollah, rischiando un nuovo conflitto.

Un altro punto critico riguarda la capacità dell’esercito libanese di mantenere il controllo del sud del paese. Sebbene rispettato a livello nazionale, il suo potenziale militare è limitato. Con circa 70.000-80.000 soldati, risorse insufficienti e una crisi economica che costringe molti militari a cercare lavori extra, il suo confronto con Hezbollah, ben più potente, è arduo. Israele potrebbe perdere la pazienza se l’esercito libanese non dovesse riuscire a gestire Hezbollah, rischiando di intervenire direttamente e vanificare il cessate il fuoco.

Gli ufficiali israeliani e statunitensi sperano che la tregua in Libano influenzi anche le dinamiche a Gaza, privando Hamas del sostegno di Hezbollah e di altri gruppi regionali. Tale prospettiva però appare ottimistica. Nonostante le pesanti perdite subite, la posizione di Hamas resta incentrata sulla richiesta di un ritiro completo di Israele da Gaza come condizione per la liberazione degli ostaggi, indipendentemente dalla situazione in Libano.

Se tutto procederà come previsto, il Libano potrebbe cogliere un’opportunità per avviare la ricostruzione. Tuttavia, la durata di questa pace rimane incerta, poiché molte variabili potrebbero riportare il paese in una spirale di conflitti.

Potrebbe interessarti anche Cessate il fuoco in Libano: Israele fornisce il primo assist a Trump