Tre dati di cronaca inducono gli appassionati del genere a riaprire il capitolo, sempre pirotecnico, dei simboli di partito.

Il primo: domenica 24 novembre 2024 un infarto si è portato via a 84 anni Filippo Panseca, il mitico artista, architetto e designer palermitano che concepì, negli anni Ottanta della Milano da bere, il garofano stilizzato dell’epopea craxiana.

Il secondo: in Fratelli d’Italia si è riaccesa la discussione sull’opportunità o meno di spegnere la fiamma all’interno del simbolo.

Il terzo: almeno uno tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo con molta probabilità dovrà mollare il simbolo del Movimento Cinque Stelle e scegliersene un altro.

L’incrocio dei pianeti, quindi, è troppo invitante per non chiamare un causa un vero cultore della materia: in Italia pochi ne sanno più di Gabriele Maestri, reggiano di Guastalla, 41 anni, giurista, ma dal 2012 anche amministratore del sito isimbolidelladiscordia.it, vera e propria bibbia per chi vuole districarsi nella giungla dei colori, delle frasi, degli slogan, delle carte bollate, dei disegni che, negli anni, sono serviti a identificare sogni e pene, progetti e ambizioni, fusioni e scissioni dei soggetti politici della nostra storia repubblicana.

I simboli di partito secondo Gabriele Maestri, in ricordo di un maestro

La chiacchierata con Gabriele Maestri non poteva iniziare che con un omaggio a un maestro quale è stato Filippo Panseca: il suo garofano stilizzato non ha solo segnato l’epopea di Bettino Craxi, ma proiettato la politica italiana nella modernità. Anche perché mentre il Pci e la Dc caratterizzavano anche le scenografie dei loro congressi “con un gusto asciutto e severo, se non di grigia assenza di fantasia”, come ha scritto oggi sul CorSera Paolo Conti, il 44esimo congresso socialista di Rimini del 1987 e quello successivo di Milano del 1989 segnarono una vera e propria rivoluzione di costume.

Il tempio neoclassico in lamiera bianca con un frontone triangolare di 25 metri e le scritte in rosso esaltate da un sistema di led all’epoca all’avanguardia che si vide a Rimini è entrato nei manuali di storia di comunicazione politica così come la riproduzione, apparsa a Milano nel 1990, del Muro di Berlino picconato, appena un anno dopo il suo vero abbattimento.

Ecco che ne dice Maestri:

“Panseca ha segnato un’epoca disegnando il secondo garofano della storia socialista, dopo quello di Ettore Vitale. Oggi viene da sorridere pensando al fatto che lo creò nel 1984 e che fu tenuto nascosto per tre anni. Ma con gli allestimenti dei congressi, il tempo greco di Rimini, la piramide all’Ansaldo di Milano, fu capace di incarnare un’epoca, oltre che un partito”

Proprio così: tanto è vero che quando Gianni Amelio, nel 2020, uscì nelle sale con il suo “Hammamet” (con un Pierfrancesco Favino meraviglioso interprete di Craxi) non potette fare a meno di ricordarlo. Lo dimostra anche il trailer

Filippo Panseca è stato un artista a tutto tondo. E, in quelle vesti, mica è stato il solo a cimentarsi coi simboli di partito: Andrea Rauch creò, nel 1995, il simbolo dell’Ulivo riprendendo una colomba disegnata da Picasso; Michele Spera rivisitò il simbolo dei Repubblicani. E, prima ancora, anche Renato Guttuso diede il suo contributo mettendo mano a quello del Pci, sebbene Maestri avverti:

“La questione è controversa: Guttuso avrebbe disegnato uno dei primi simboli del Partito Comunista, ma non si sa bene quale, se quello del 1946 o uno successivo”

Il dilemma di Fratelli d’Italia: è ora di spegnere la fiamma?

Il secondo dato di cronaca che porta a parlare di simboli di partito riguarda, invece, Fratelli d’Italia. Negli ultimi giorni, si è riaccesa la discussione sull’opportunità o meno di tenere la fiamma nel simbolo. Il ministro Francesco Lollobrigida si è detto possibilista:

“Spegnerla non sarebbe una tragedia”

Il presidente del Senato Ignazio La Russa, invece, è stato categorico:

“Finché sono vivo la fiamma rimane”

Maestri cosa consiglia al partito di Giorgia Meloni?

“Di rifletterci. Fratelli d’Italia nasce senza fiamma, alla fine del 2012. All’epoca, aveva il cordino tricolore con il quale Alleanza Nazionale si era portata verso il Pdl. La fiamma arriva verso la fine del 2013 chiesta e ottenuta dalla Fondazione An soprattutto per evitare che qualcun altro la utilizzasse, visto che c’erano altre richieste. Sta di fatto che Fratelli d’Italia del 2024 non è lo stesso partito del 2013: i consensi elettorali che ha avuto sono andati ben oltre sia il bacino del Movimento Sociale che di quello di An. E cambiare simbolo è un passaggio rilevante, ma dà il segno di un orizzonte diverso…”

Ora o mai più, quindi?

“Diciamo che si può fare. È cambiato il mondo: il contesto, le persone, l’elettorato. Di sicuro avrebbe senso cambiare ora”

I Cinque Stelle pronti ad andare in tribunale

Chi è pronto ad andare in tribunale per il simbolo è la coppia scoppiata Beppe Grillo – Giuseppe Conte.

A chi dei due converrebbe di più mantenere quello attuale?

“Il simbolo originale finora è stata una garanzia di un certo successo. Ma c’è da dire che fu depositato come marchio a nome di Grillo. E che il conflitto è inevitabile visto che successivamente i simboli depositati sono nome dell’associazione Movimento Cinque Stelle, ora nelle mani di Conte. Verrebbe da chiedersi: come lo si vuole utilizzare? Da simbolo o da marchio? Si sono mischiate le funzioni, ed è un problema”

Il diavolo si nasconde nei dettagli…

“Il simbolo dice in cosa ci si identifica e in cosa ci si riconosce; il marchio serve per distinguersi dagli altri. Ora: un conto è riferirsi agli elettori, un altro a dei consumatori. Le logiche dovrebbero essere diverse. Ma ormai tutti cercano di proteggere il simbolo di partito registrandolo come marchio”

È il vero segno dei tempi.

Ma se Maestri fosse Conte e se l’ex premier decidesse di fondare un suo partito, a chi darebbe l’incarico di disegnare il nuovo simbolo?

“Non saprei. Di certo non farei un favore al prescelto: disegnare simboli di partito è un lavoraccio. Tendenzialmente, c’è poco tempo per farlo; spesso, il committente presenta dei modelli che non possono essere replicati graficamente. E comunque c’è sempre qualcuno che si lamenta: è davvero un lavoro ingrato”

Simboli di partito, a spasso con Maestri in 3 tappe

  • Negli ultimi giorni, tre dati di cronaca hanno indotto di nuovo a parlare di simboli di partito: la morte di Filippo Panseca, mitico ideatore del garofano e delle scenografie congressuali dell’epoca di Craxi; la discussione all’interno di FdI sull’opportunità di togliere la fiamma dal simbolo; la guerra tra Grillo e Conte per il simbolo del Movimento Cinque Stelle
  • Gabriele Maestri, uno dei più grandi esperti di simboli di partito italiani, ha consigliato a Fratelli d’Italia di provare a cambiare il simbolo: ha un elettorato che va ben al di là di quello che si riconosce nella fiamma ereditata dal Movimento Sociale
  • Sempre Maestri, infine, consiglia Grillo e Conte di mantenere distinte le funzioni del simbolo e del marchio. In ogni caso, non saprebbe chi raccomandare per disegnarne uno nuovo: “Creare simboli di partito è un lavoro ingrato”