Raggiungere fama e successo a Hollywood ha sempre un prezzo. Soprattutto per la metà femminile del cielo di Los Angeles, sottoposta a giudizi, intromissioni, speculazioni che quella maschile neanche si sogna. Una storia già nota, che trova la sua ulteriore conferma nelle parole di Keira Knightley, star internazionale che dimostra di non avere peli sulla lingua quando si tratta di denunciare il vero e proprio “bullismo” subito da parte dei media dopo il successo raggiunto con “Pirati dei Caraibi“.

L’attrice britannica ricorda le domande insistenti e le vergognose provocazioni sul suo aspetto fisico ben oltre il limite del body shaming. E, parallelamente, la sessualizzazione subita, uno scotto da pagare che sembra inevitabile per una giovane donna che diventa famosa in quell’ambiente. Due facce solo apparentemente contraddittorie della stessa medaglia: quella della misoginia del mondo del cinema hollywoodiano.

Un aspetto del suo ambiente che Knightley non tollera. Da qui il suo sentimento ambivalente verso la serie di film che le ha dato prestigio internazionale e il suo impegno come attivista per i diritti delle donne che porta anche in casa, dove le fiabe con principesse troppo ‘passive’ non sono ben accette.

Keira Knightley contro bullismo e speculazioni sulla sua anoressia

È troppo magra“. “È anoressica“. “Non mangia abbastanza“. “Forse ha un problema“.

Keira Knightley ha sentito dire o ha letto sui giornali frasi come queste da quando il suo nome è diventato celebre nel mondo del cinema, all’inizio degli anni Duemila. Un mondo davvero molto poco magico per un’attrice giovane, anzi giovanissima, come era lei in quel periodo.

In un’intervista recente rilasciata al ‘Times’, la star di “Pirati dei Caraibi” racconta con molta amarezza e un evidente fastidio il trattamento ricevuto in quegli anni dai media che la tormentavano, come facevano e fanno tuttora con le attrici del momento, quasi fosse una tassa da pagare per loro.

A lei tocca negli anni compresi tra il 2003 e il 2007, quando escono in sequenza i primi tre capitoli della serie (gli unici cui la Knightley prese parte) ispirata all’attrazione dei parchi giochi della Disney.

Keira Knightley e Orlando Bloom in una scena del film “Pirati dei Caraibi: La maledizione del forziere fantasma” (2006) secondo film della serie.

Un successo straordinario, che la catapulta a soli 17 anni nell’Olimpo delle grandi star, cui segue immediatamente l’ossessione dei media nei suoi confronti. In particolare, il suo fisico snello e androgino le attira una serie di commenti offensivi, con giornalisti che non si fanno problemi a commentare la sua magrezza, da loro giudicata eccessiva, parlando apertamente di anoressia e disturbi alimentari.

Come se non fosse già abbastanza, a tutto questo l’attrice deve aggiungere la sessualizzazione di cui diviene oggetto a seguito del successo della saga.

Il suo personaggio, Elizabeth Swann, è il catalizzatore delle vicende della trilogia, finendo anche contesa tra i due sex symbol maschili dell’epoca Johnny Depp e Orlando Bloom. Naturale, in quel di Hollywood, che una ragazza affascinante come lei, con un ruolo femminile fiero ma anche ammaliante, finisca al centro di una narrazione tossica che punta a raccontarla come l’oggetto del desiderio del momento. Una situazione che la colse di sorpresa, come confessa in un’intervista dello scorso anno a ‘Harper’s bazaar’.

“Mi sono sentita molto costretta. Mi sentivo molto bloccata. Non sapevo come articolarla. Mi sentivo come ingabbiata in una cosa che non capivo”.

Keira Knightley e l’impegno femminista

Knightley oggi parla di “trauma” subito all’epoca. Una gogna pubblica tipica di Hollywood, che colpisce soprattutto le donne ma che non risparmia, in rari casi, le celebrità maschili, come ricordato di recente da Timothée Chalamet.

Proprio contro simili vessazioni l’attrice rivolge oggi parte del suo impegno come attivista femminista, con alcuni interventi pubblici che si scagliano contro ruoli ed etichette che media e società attribuiscono alle donne.

Tra questi, ad esempio, è famoso quello del 2018 al ‘The Ellen Show’ condotto da Ellen DeGeneres, nel quale dichiara esplicitamente che preferisce evitare che sua figlia guardi alcuni film Disney. Knightley si riferisce, in particolare, a quelle favole che non presentano modelli femminili positivi come “Cenerentola” o “La sirenetta, in cui le protagoniste passano la vita ad aspettare un uomo che le salvi (addirittura arrivando a rinunciare a una parte di sé per lui, come fa Ariel).

Il ‘no’ a un ritorno in Pirati dei Caraibi e ai blockbuster

Anche alla luce del suo attivismo, Keira Knightley prova sentimenti contrastanti verso la trilogia di “Pirati dei Caraibi. A causa di essi è stata “trattata come una m***a” ma, al tempo stesso, il loro successo le ha consentito di partecipare a pellicole che l’hanno portata agli Oscar (come “Orgoglio e pregiudizio” di Joe Wright, per la quale ottenne la sua prima candidatura come Miglior attrice, nel 2006).

Una confusione che, però, non è per lei sufficiente a considerare un eventuale ritorno nella serie o in qualsiasi altro blockbuster, verso i quali l’attrice sembra aver sviluppato un vero e proprio fastidio.

“Gli orari sono folli. Portano via interi anni di vita. Non hai alcun controllo su dove stai girando, su quanto tempo stai girando e su cosa stai girando”.

Ecco perché, negli ultimi anni, Keira Knightley recita prevalentemente in pellicole indipendenti come “Silent night” del 2021 per la regia di Camille Griffin e “Lo strangolatore di Boston” del 2023, diretto da Matt Ruskin.

Il suo prossimo progetto è, invece, la serie di spionaggio “Black Doves” prodotta da Netflix.

Il trailer della serie Netflix “Black Doves” con Keira Knightley.

L’attrice interpreta una donna dalla vita apparentemente normale che, però, vende segretamente informazioni confidenziali sul conto di suo marito, un politico, all’organizzazione che dà il titolo alla serie. La spy story prende una piega imprevista quando il suo amante viene improvvisamente assassinato.

Un ruolo complesso per la Knightley, nei panni di una spia al centro di un intrigo a metà tra thriller psicologico e politico. Perché, nel caso non fosse chiaro, la ragazza di “Pirati dei Caraibi” di strada ne ha fatta davvero tanta e nessuno la mette in un angolo.

Conclusioni

  • Il bullismo mediatico e la sessualizzazione di Keira Knightley: dopo il successo con “Pirati dei Caraibi“, Keira Knightley ha subito pesanti critiche sul suo aspetto fisico, con insinuazioni di anoressia e commenti offensivi sulla sua magrezza. Inoltre, la sua sessualizzazione nel ruolo di Elizabeth Swann, ha aggiunto un ulteriore trauma, facendola sentire intrappolata in una narrativa che la riduceva a oggetto del desiderio;
  • Impegno femminista e critiche ai modelli femminili: Knightley è attivamente impegnata nella lotta contro le etichette e i ruoli imposti alle donne, criticando pubblicamente film Disney come “Cenerentola” e “La sirenetta” per la mancanza di modelli femminili positivi. Ha anche espresso il suo disappunto riguardo al trattamento riservato alle donne a Hollywood, parlando di come la sua esperienza personale l’abbia segnata profondamente;
  • Il rifiuto dei blockbuster e il passaggio a progetti indipendenti: Keira Knightley esclude un eventuale ritorno nella serie “Pirati dei Caraibi” e, più in generale, in altri grandi blockbuster a causa degli orari estenuanti e della mancanza di controllo sulla sua carriera. Negli ultimi anni, ha preferito recitare in film indipendenti e la sua prossima sfida sarà la serie di spionaggio “Black Doves” per Netflix, dove interpreterà un ruolo complesso in un thriller psicologico e politico.