Acromatopsia. Una parola misteriosa, una malattia rara che Manuela Blasi non aveva mai sentito pronunciare. La diagnosi per il suo secondogenito Samuel, che oggi ha sei anni e mezzo, è arrivata dopo mesi di controlli e luoghi comuni: “Signora, il bimbo deve crescere. È ancora piccolo. Sa, i maschietti sono sempre un po’ più lenti…”
Lei e il papà di Samuel, Alessio, avevano capito da tempo che qualcosa non andava. Il primo segnale a tre mesi, quando hanno iniziato a notare un movimento rapido e ritmico negli occhi del piccolo: il nistagmo. Poi tanti piccoli episodi: l’enorme fastidio in presenza di luce, la difficoltà nel distinguere i colori, una memoria e un udito super sviluppati. Nel mentre la pandemia e una prima ipotesi: distrofia della retina. A chiarire definitivamente il mistero è stato un esame del Dna inviato in Germania, dopo l’intuizione di un ortottista.
“In un paio di mesi abbiamo avuto il risultato. Io e mio marito siamo portatori sani dell’acromatopsia, una patologia rara che colpisce una persona ogni 33mila. Entrambi abbiamo geni modificati e nostro figlio ha preso entrambe le varianti” racconta Manuela a TAG24. Samuel è ipovedente grave, ha un’estrema sensibilità alla luce e non vede i colori: la sia visione, infatti, ha sfumature di grigio.
Il mondo di Samuel, mamma Manuela racconta l’acromatopsia sui social
La diagnosi di Samuel è arrivata come un fulmine a ciel sereno. Quando è nato Manuela ha chiuso la sua attività per dedicarsi completamente a lui. Non si erano mai verificati episodi di disabilità in famiglia e sua sorella Sharon, che oggi ha 14 anni, è nata sana: per cui la nuova realtà era tanto nuova quanto arrivata del tutto inaspettatamente.
Il primo passo, dopo aver scoperto il nome della sua patologia, è stato iniziare le terapie presso l’Azienda di Servizi alla Persona disabile visiva S. Alessio – Margherita di Savoia di Roma, dove vive la famiglia. Era il 2022, Samuel aveva quattro anni.
L’acromatopsia non è degenerativa e non ha cura. Oltre a deficit visivi, porta con sé anche un ritardo motorio e un ritardo del linguaggio, non clinici ma legati proprio all’ipovisione. Quindi Samuel deve seguire una riabilitazione psicomotoria.
Indossa degli occhiali con filtri creati appositamente per chi soffre di fotofobia: lui vede meglio al buio. Inoltre, di recente, ha iniziato anche a usare un bastone bianco che lo aiuti a essere più autonomo nei movimenti.
Manuela ha deciso di mostrare le piccole, grandi conquiste del figlio sui social. La pagina Instagram “Il diario di Samuel” vanta oltre 20mila follower.
Quello che lei porta avanti è un vero e proprio lavoro di sensibilizzazione: “Ci sono tante persone che hanno voglia di conoscere e di fare qualcosa, anche insieme a noi. Non tutte quelle che ci seguono hanno una disabilità” racconta. L’affetto e la vicinanza dimostrate “sono state una piacevole scoperta e donano un po’ di speranza in un momento storico difficile” sottolinea.
Un altro obiettivo delle pagine social è aiutare chi si ritrova a dover fare i conti con questa malattia rara. “Rispondo a tutti coloro che mi scrivono o chiedono informazioni. Magari i messaggi si accumulano, però voglio essere un contatto diretto” racconta mamma Manuela.
“Due bambini e una persona adulta hanno scoperto di essere acromati grazie al Dario di Samuel” spiega orgogliosa. Secondo i dati condivisi sul sito dell’Associazione Acromati Italiani, sarebbero circa 2000 le persone con questa patologia nel nostro Paese.
Lo scorso maggio Samuel è stato protagonista della mostra fotografica “Il bambino colorato” di Fabio Moscatelli, un’iniziativa che verrà riproposta anche a Rieti dopo Roma.
Una vita a colori nonostante la disabilità
Samuel è sveglio, è curioso e fa tante domande. Sa che è nato con questa patologia, i suoi genitori non gliel’hanno mai nascosto. È consapevole di dover seguire delle terapie per stare meglio. Sa anche che l’acromatopsia lo rende cieco ai colori: eppure in qualche modo li vede, seppur a modo suo.
“Samuel è sempre stato gravemente ipovedente, non può fare paragoni rispetto a quello che vediamo noi. Sa però che i colori esistono, per lui sono una scala di grigi” spiega mamma Manuela. “Per esempio non può vedere l’arcobaleno, anche a causa della fotofobia: non riesce a osservare il cielo. Però ciò che distingue, guardando un’immagine di un arcobaleno, è un fascio di luce. Per lui quei colori sono sfumature di grigio: da quella più scura, quasi nero, passando per il grigio chiaro fino al bianco sporco. Un giorno ha visto una nostra amica e le ha detto: ‘Che bel maglione dell’arcobaleno che hai!'”
Grazie ai social Manuela ha stretto anche alcune amicizie: tra loro una 40enne con la stessa malattia rara di Samuel. “Lei mi dice che parla con me come se parlasse con una persona con l’acromatopsia. Io ormai sono gli occhi di Samuel”. Sa, però, che l’obiettivo a lungo termine è rendere Samuel autonomo.
“Quando andiamo in ospedale, lui a volte inizia a lamentarsi. Allora gli ho spiegato che così i dottori possono aiutarci a trovare una cura. Ogni giorno ci ‘riprogrammiamo’ sulle sue domande, che sono infinite, e su quello che lui impara”.
Manuela è schietta: “La vita sarà difficile, è inutile negarlo. Quindi cerchiamo veramente di fargli affrontare questa situazione nel miglior modo possibile. Ho voluto che iniziasse a usare il bastone bianco: lui ha avuto quest’esigenza, manifestandola inizialmente usando un ombrello, e io l’ho spronato. Ho fatto leva sul fatto- anche in termini scherzosi- che diventando grande avrebbe dovuto lasciare la mia mano, oppure quella della sorella o dei suoi amici”.
Samuel, sottolinea mamma Manuela, “ha un carattere meraviglioso e questo aiuta tanto sia lui che noi. È sempre stato accolto bene dagli altri bambini, sia alla materna che adesso, alle elementari. Io tremo pensando al futuro, mi preoccupa il bullismo. Ma ora se ne parla molto di più e io credo tanto nella sensibilizzazione. Penso che i social, se usati correttamente, abbiano un enorme potenziale”.
Un consiglio per i genitori? “Accettare e chiedere aiuto”
Quali consigli si sente di dare ad altri genitori che devono affrontare una disabilità o una malattia rara? A questa domanda Manuela Blasi risponde raccontando di come la diagnosi sia “uno schiaffo in faccia”.
“Arriva quel momento in cui crolli ed è successo anche a me, anche a noi. Ho avuto una settimana di brutti pensieri. Poi la mia personale reazione è stata quella di parlarne. Quando era più piccolo, Samuel era spaventato dai rumori, dai suoni, dalle luci, dal mondo esterno. Era un altro bambino rispetto a quando si trovava a casa, se ne stava in disparte. A scuola, per esempio, ho cercato di far capire agli altri genitori perché Samuel reagisse in un quel modo” sottolinea.
Fondamentale è rialzarsi e aprirsi agli altri se ci si riesce, spiega. “Bisogna chiedere aiuto: noi abbiamo una psicologa del Sant’Alessio che ci ha sempre seguito, perché comunque è difficile affrontare una disabilità, soprattutto se si hanno altri figli, che inevitabilmente ne risentono”.
La parola chiave è ‘accettazione’. “Inutile negare i problemi, se ci sono. Accettarli ti offre la possibilità di trovare soluzioni, dà una forza diversa. E poi bisogna lavorare sulla serenità dei propri figli, sulla loro autonomia: per me il benessere di Samuel è fondamentale. Io parlo, parlo, parlo… Prima o poi qualcuno mi ascolterà. Stare a casa, con le mani in mano, noi aiuta nessuno. È un percorso lungo, ma si può fare”.
Samuel è cieco ai colori, ma il suo mondo è coloratissimo, come sottolinea sempre mamma Manuela, “perché affronta tutto con il sorriso”. E vede soprattutto con il cuore.
Una storia di amore e resilienza è anche quella di Sofia e mamma Laura, che ha lanciato il brand “Sofia8ruote”.