Ergastolo con tre mesi di isolamento diurno. Questa la pena inflitta dalla Corte d’Assise di Milano, presieduta dalla giudice Antonella Bertoja, ad Alessandro Impagnatiello, reo confesso dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano, consumatosi il 27 maggio 2023 a Senago. La sentenza è arrivata dopo oltre due ore di camera di consiglio nella Giornata, simbolica, per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Soddisfatti i familiari della vittima, che si aspettavano giustizia.
Dove c’è giustizia, c’è futuro. Dove c’è giustizia, c’è speranza per le nuove generazioni, affinché possano vivere in un Paese in cui non si ha paura di essere donne. Giulia sarà con noi in quell’aula, insieme a voi, a tutte le anime gentili strappate a questo mondo. Saremo lì, e spero che ci saranno tutte le donne che ancora sognano un futuro senza paura,
le parole affidate ai social dalla sorella Chiara che, ospite a “Cinque minuti”, qualche giorno fa aveva dichiarato di non poter perdonare l’assassino.
Alessandro Impagnatiello condannato all’ergastolo: la sentenza
Impagnatiello era accusato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere e interruzione con consensuale di gravidanza (perché, quando la uccise, la compagna 29enne era incinta). Nel corso dell’ultima udienza, la pm Alessia Menegazzo, che insieme alla collega Letizia Mannella rappresenta l’accusa, lo aveva definito un “narcisista, psicopatico, manipolatore”.
E aveva chiesto per lui il massimo della pena con 18 mesi di isolamento diurno. Stessa pena chiesta dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti, che assiste i familiari della vittima (il papà Franco, la mamma Loredana e i fratelli Chiara e Mario). Troppo per la difesa: le legali dell’imputato, Giulia Geradini e Samantha Barbaglia, avevano chiesto di concedergli le attenuanti generiche, riconducendo il capo di imputazione a un omicidio volontario semplice.
La decisione dei giudici è arrivata dopo oltre due ore di camera di consiglio: ergastolo con tre mesi di isolamento diurno. Caduta l’aggravante dei futili motivi.
La ricostruzione dell’omicidio di Giulia Tramontano in aula
Stando a quanto ricostruito nel corso delle 13 udienze del processo, celebrato in 10 mesi, Impagnatiello uccise la compagna – che per diversi mesi aveva avvelenato – di ritorno da un incontro che la stessa aveva avuto a Milano con l’altra ragazza che da circa un anno frequentava.
Avevano parlato delle bugie che il 30enne aveva raccontato loro, del fatto che entrambe erano rimaste incinte e Giulia – che lo aveva perdonato una prima volta dopo aver scoperto che la tradiva – aveva deciso di mettersi la loro relazione alle spalle.
Sarebbe tornata a Sant’Antimo, suo paese d’origine, crescendo il figlio Thiago insieme ai familiari. Non ne ha avuto la possibilità. Dopo averla colta di sorpresa alle spalle e colpita, Impagnatiello provò a bruciarne il corpo nella vasca da bagno e nel suo box auto; poi lo spostò in cantina.
Il giorno successivo, dopo aver pulito l’abitazione da cima a fondo ed essere andato al lavoro, si presentò dai carabinieri sostenendo che la 29enne si fosse allontanata a piedi dopo una lite. Voleva depistare le indagini: crollò solo quando era ormai certo di essere in trappola.
Secondo gli esperti che lo hanno visitato nel carcere di San Vittore, dove è recluso, era ed è totalmente capace di intendere e di volere.
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