Presentato in concorso all’edizione del 2023 del festival Alice nelle Città, “Una Madre” è il nuovo film drammatico del regista abruzzese Stefano Chiantini. Nel cast, quasi interamente al femminile, troviamo Aurora Giovinazzo nel ruolo della protagonista, Micaela Ramazzotti e Angela Finocchiaro.

“Una Madre”, recensione

In un lugubre campeggio per roulotte a Settebagni, proprio sulle sponde del fiume che attraversa la via Salaria, vive una ragazza di circa vent’anni. Deva (Aurora Giovinazzo), questo è il suo nome, ha due enormi occhi castani dalla forma allungata, un po’ a mandorla, con un’espressione tristemente disincantata. Nonostante la sua giovane età, appare esausta e, standosene in silenzio, sembra perennemente assorta nei suoi pensieri, pesanti come un masso che le preme sul petto, che la affliggono con tormento. Sul suo bellissimo viso struccato non compare mai un sorriso, o l’accenno di una risata; dall’alba al tramonto ha l’aria costantemente imbronciata. Vive nella sporcizia, non può farsi la doccia, si lava a pezzi in un lavandino comune del camping e tiene i capelli legati all’indietro per nascondere il fatto che non si fa uno shampoo da chissà quanto tempo. Indossa sempre gli stessi vestiti. Si sveglia tutte le mattine quando ancora è buio, si incammina tra i campi incolti per raggiungere la fermata dell’autobus più vicina e passa le sue giornate improvvisandosi in lavori di fortuna: lava le vetrine dei negozi, cuce l’orlo dei pantaloni di clienti che la pagano in nero. Quando nel tardo pomeriggio rincasa, infila i soldi che guadagna in una busta di plastica trasparente e li nasconde in una delle ruote del carrello di un gommone abbandonato. Li conserva scrupolosamente, tenendoli ben lontani dallo sguardo della madre Giovanna (Micaela Ramazzotti). È costretta a mantenere entrambe; la mamma non lavora, è alcolizzata e a quarantadue anni non si è ancora rassegnata al fatto di essere genitore. Non ha mai voluto esserlo, ha cresciuto la figlia controvoglia ed è frivola, stupida, egoista e capricciosa. Si veste e si trucca in modo volgare, come fosse una ragazzina che non conosce ancora l’eleganza e che ha scoperto improvvisamente quale ascendente può avere il suo corpo sugli uomini affamati di carne e sudore. Si concede sessualmente ai vicini di roulotte, senza pensarci troppo, in cambio di collane, bottiglie di vino, taniche di carburante per la stufa. Deva se ne prende cura come se fosse una sua responsabilità e non il contrario, arrivando addirittura a togliere di dosso le pesanti mani maschili quando se ne approfittano mentre è ubriaca.

Una notte, poco prima dell’alba, andrà a cercare un impiego in un mercato del pesce e incontrerà Carla, una donna di sessant’anni forte e indipendente, proprietaria di una pescheria, che la prenderà a lavorare con sé. Ma nonostante quest’ultima possegga un carattere deciso, è capace di grande dolcezza e si comporterà da subito in modo estremamente materno con Deva che, inizialmente, invece sarà schiva e scostante come un piccolo gatto randagio che soffia per paura di venire ferito. Carla, oltre a lavorare da sola, deve prendersi cura di suo nipote di appena un anno; sua figlia, tossicodipendente, gliel’ha lasciato subito dopo la nascita per poi scappare via. Ecco che Deva dovrà misurarsi con la sua paura maggiore: aiutare Carla a accudire un bambino, in una sorta di maternità di prova, dopo essere cresciuta in uno stato di mal accudimento e dopo aver abortito di recente. Chi non è mai stato veramente amato, può essere in grado di mostrare amore a qualcuno?

“Una Madre”, critica

Lo scorso 19 novembre sarebbe dovuto uscire ufficialmente nelle sale italiane “Una Madre”, il nuovo lungometraggio scritto e diretto dal regista abruzzese Stefano Chiantini. Presentato in anteprima e in concorso all’edizione del 2023 del festival Alice Nelle Citta, il film originariamente avrebbe dovuto essere distribuito nei cinema a maggio di quest’anno e, benché sia già stato proiettato giovedì 21 al delle Province di Roma, sono previsti ulteriori ritardi nell’inserimento nella programmazione nazionale. Con mio grosso rammarico, perché trovo questo delicato e doloroso dramma una piccola perla nostrana. Chiantini, senza retorica o moralismi ridondanti, ha confezionato il suo ennesimo ritratto dell’umanità più cruda che sopravvive nella sofferenza.

In questa storia, che rappresenta uno spaccato di vita vissuta, troviamo speranza in una giovane ragazza apparentemente scontrosa e in una donna capace di compassionevole bontà, senza troppi sentimentalismi, in un contesto dove la coscienza sembra essersi smarrita. E se è vero che tutt’intorno a Deva, la protagonista interpretata dalla bravissima Aurora Giovinazzo, cane mangia cane, l’incontro con la signora Carla rappresenterà il battesimo di una maternità ritrovata dopo un sofferto aborto. La scelta di regia è quella di lasciarci osservare i meccanismi, quasi automatici, di una routine sempre uguale mentre la trama lentamente si sviluppa per condurci dritti al cuore della vicenda che, sorprendentemente, si apre a una visione che ci lascia sperare in uno sviluppo più ottimistico del futuro, nonostante rimanga (almeno per il momento) immersa nel caos. Come in “Perfect Days” di Wenders che personalmente però non ho amato, a differenza della pellicola di Chiantini per me decisamente più intesa e commovente.

Pochi dialoghi scarni lasciano il posto all’introspezione davanti a uno spettacolo che esamina, senza giudizio, la maternità e i vari modi in cui può manifestarsi, soprattutto quella dall’attaccamento evitante. Da un lato abbiamo Giovanna, genitrice quarantenne immatura e anaffettiva, interpretata da una sempre magistrale Micaela Ramazzotti. Poi abbiamo Giovanna, la grande attrice Angela Finocchiaro, mamma e nonna premurosa, costretta ad allontanare da sé e dal nipote la terza madre di questa narrazione, sua figlia tossicodipendente che il figlio non l’ha voluto. E, per finire, la protagonista che si riscopre capace di un profondo amore materno anche con un bambino non biologicamente suo. Tra riflessione e tragedia, con “Una Madre” ci ritroviamo dinnanzi a un lavoro di spiccato spessore umano. Ottimo cast, quasi interamente al femminile, che conferisce un valore di pregio in più.
Quattro stelle su cinque.