Hollywood fa rima con attivismo. È così da sempre e, probabilmente, così sempre sarà. Attori e attrici di ogni tempo nella sunny California hanno fatto una missione personale e collettiva il mettersi a disposizione delle cause sociali e politiche più sensibili, attraverso il loro lavoro o mettendo la propria visibilità a sostegno di tali battaglie. L’ultima a farlo, in ordine di tempo, è Jennifer Lawrence con la decisione di produrre il documentario “Bread and roses” sulla condizione delle donne in Afghanistan dopo il ritorno del regime talebano nel 2021.
La presa di posizione della diva statunitense è dovuta alla volontà di permettere alla regista del doc Sahra Mani di poterlo realizzare con tutta la libertà necessaria e senza alcuna forma di condizionamento o pressione da parte del regime. A dare maggior forza a questo proposito è la presenza, al fianco della Excellent cadaver, casa di produzione della Lawrence, del premio Nobel per la pace Malala Yousafzai.
Un impegno sociale e politico che per la star significa, però, anche dover fare i conti con le reazioni velenose dei troll di internet e, soprattutto, con le opinioni contrarie della sua stessa famiglia.
Jennifer Lawrence e il doc “Bread and roses” sulle donne in Afghanistan
Donne che non possono lavorare, cui è vietata l’istruzione secondaria così come di andare all’università. Donne che non possono ascoltare musica o andare al ristorante o camminare in pubblico senza che ci sia un uomo con loro.
Questa la condizione disumana vissuta dalla popolazione femminile di un territorio che il mondo cosiddetto civilizzato ha abbandonato. Dal 2021, anno del ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan e del conseguente ritorno dei talebani, le donne afghane vivono in questo modo, subendo il giogo oppressore del regime.
Determinata come l’eroina che le ha dato la popolarità internazionale (la ribelle Katniss Everdeen della saga di “Hunger Games“), Jennifer Lawrence decide di non voler restare a guardare di fronte a uno scenario tanto insopportabile. Un coinvolgimento emotivo, il suo, prima ancora che politico, partito dal confronto con la sua vita quotidiana con le limitazioni abominevoli cui è sottoposta quelle delle donne afghane.
“Non riesco a immaginare di non poter prendere un taxi o di non poter ascoltare la musica. Non riesco a immaginare che il solo suono della mia voce sia illegale“.
Dallo sconforto misto a incredulità all’azione il passo è breve per la diva, che mette la sua casa di produzione a disposizione della regista Sahra Mani con uno scopo ben preciso: dare a lei e a chiunque potesse aiutarla sul posto tutto ciò di cui ha bisogno per documentare in piena libertà ciò che i talebani non vogliono che si veda.
Il risultato è il documentario “Bread and roses“, in arrivo su Apple TV+ a partire da oggi, 22 novembre 2024. Un racconto diretto di cosa vivono le donne quotidianamente nell’Afghanistan tornata sotto il giogo talebano, attraverso i filmati ripresi di nascosto di tre di loro.
Jennifer Lawrence, “Bread and roses” e i contrasti con gli hater e la sua famiglia
Al fianco della Lawrence, alla produzione della pellicola, c’è un’altra figura centrale nella lotta femminista contro il regime talebano. Si tratta di Malala Yousafzai che da anni denuncia le violenze dei talebani e le limitazioni ai diritti delle donne in Medioriente. Un impegno per il quale è stata vittima di un attentato nel 2012 dal quale si è salvata per miracolo: colpita alla testa dai colpi di arma da fuoco dei talebani, è sopravvissuta grazie a un delicato intervento chirurgico.
Tuttavia, anziché lasciarsi intimorire, Yousafzai ha continuato la propria opera di denuncia che, nel 2014, l’ha vista ricevere il prestigioso riconoscimento del Premio Nobel per la Pace.
Rappresaglie, sebbene di ben altra natura, hanno colpito anche la Lawrence, dopo l’annuncio del suo coinvolgimento nel documentario. Gli hater di Internet l’hanno criticata, sostenendo che, avendo lasciato la scuola ai tempi delle medie, non avesse un’istruzione adeguata per occuparsi di politica. Attacchi ai quali l’attrice ha risposto sostenendo che “non si tratta di politica, ma della vita delle persone” e che la sua formazione cinematografica la porta per sua natura a “raccontare storie” che raccontino realtà come quella delle donne afghane.
Quando si tratta di impegno politico, però, Jennifer Lawrence non si nasconde. Del resto, non lo ha fatto nemmeno di recente, quando ha dichiarato pubblicamente di sostenere Kamala Harris nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti. Dichiara, dunque, che la situazione in Afghanistan deve diventare politica, facendo pressione sui rappresentanti politici USA, così da spingere le Nazioni Unite a “riconoscere l’apartheid di genere“.
Parole e posizioni molto nette, degne di un carattere forte come il suo che, però, hanno portato anche a qualche contrasto con le sue persone più care. Lawrence ammette, infatti, che sia la sua famiglia sia i suoi amici le avevano sconsigliato di produrre documentario. “Mi dicevano che era pericoloso“, confessa l’attrice che, a queste obiezioni, rispondeva che “ci sono 20 milioni di donne la cui vita è in pericolo“, motivando così il proprio impegno.
Jennifer Lawrence e le altre, le attiviste di Hollywood che hanno fatto la Storia
L’attrice premio Oscar entra dunque in quel nutrito gruppo di grandi dive di Hollywood famose sia per i successi sul grande schermo sia per le loro battaglie sociali e politiche fuori dal set. Un attivismo che caratterizza Hollywood fin dalle sue origini, certificando il ruolo fortemente politico della lotta femminista in un ambiente segnato da un patriarcato e un maschilismo imperanti.
La prima star a lasciare un segno in tal senso è sicuramente Marlene Dietrich. L’attrice tedesca conquista l’America con la sua interpretazione ne “L’angelo azzurro“, che la lancia nel panorama internazionale. Talentuosa e anticonformista, è la prima grande diva a indossare abiti maschili, in un gesto di liberazione che nel 1931 le vale la candidatura all’Oscar come Miglior attrice per il film “Marocco“.
La pellicola resta nella storia del cinema proprio per la sua esibizione vestita da uomo durante la quale bacia una donna del pubblico in quello che è uno dei primi baci omosessuali mostrati sul grande schermo.
In tema di attivismo sociale e politico, un ruolo determinante è stato sicuramente quello di Audrey Hepburn. La diva di “Colazione da Tiffany” e “Vacanze romane” mise la sua fama conquistata sul grande schermo al servizio della lotta in difesa dei bambini nelle aree più difficili del mondo. Un impegno al fianco dell’Unicef che portò avanti con abnegazione, memore della difficile infanzia di stenti trascorsa durante la Seconda Guerra Mondiale.
Neppure il cancro riuscì a fermare la sua missione, per la quale l’attrice arrivò a mettere all’asta alcuni degli abiti indossati nelle sue pellicole di maggior successo, così da raccogliere fondi per portare beni di prima necessità ai bambini bisognosi di tutto il mondo.
Parlando di stelle del cinema, poche sono state splendenti come quella di Elizabeth Taylor. Al di là degli eccessi della sua vita sregolata, la diva si impegnò attivamente soprattutto sul fronte della lotta all’Aids. Un impegno preso dopo la morte di Rock Hudson, suo grande amico stroncato dalla terribile malattia.
Da allora, la causa rappresentò l’occupazione principale per l’attrice, con una fondazione dedicata alla raccolta fondi per la ricerca (la ‘Elizabeth Taylor AIDS Foundation’) nata nel 1991. Un lascito che la Taylor si assicurò potesse sopravvivere anche alla sua morte, inserendo nel proprio testamento la clausola di devolvere il 25% dei suoi diritti d’immagine proprio all’ente da lei fondato.
Infine, impossibile non citare Jane Fonda soprannominata ‘Hanoi Jane’ per il suo essersi schierata apertamente , nei turbolenti anni ’70, contro la guerra nel Vietnam. Una presa di posizione che le attirò contro non poche critiche e dei quali, anni dopo, lei stessa si pentì ritenendoli troppo “impulsivi“.
Questo non ha spento il suo ardore per le battaglie politiche e sociali. In tempi recenti, infatti, si è fatta portavoce della lotta per i diritti delle donne e contro il cambiamento climatico.
Tutte loro sono donne che avevano tutto da perdere e poco o nulla da guadagnare dal proprio attivismo sociale e politico. Lo stesso vale per Jennifer Lawrence e, proprio per questo, il loro impegno dovrebbe risuonare ancora più forte come esempio a cui ispirarsi.
Conclusioni
- Jennifer Lawrence e il documentario “Bread and Roses“: l’attrice ha deciso di produrre il documentario sulla condizione delle donne in Afghanistan sotto il regime talebano. Il progetto, sostenuto anche dalla premio Nobel Malala Yousafzai, mira a documentare le violazioni dei diritti delle donne nel Paese, usando filmati ripresi clandestinamente. Nonostante critiche e resistenze, anche dalla sua famiglia, Lawrence ha insistito sull’importanza di dar voce a chi vive queste atrocità;
- Attivismo delle star di Hollywood: Jennifer Lawrence si inserisce in una lunga tradizione di attivismo delle dive di Hollywood, che hanno usato la loro visibilità per promuovere cause sociali e politiche. Figure storiche come Marlene Dietrich, Audrey Hepburn, Elizabeth Taylor e Jane Fonda hanno lottato per diritti umani, la causa LGBTQ+, la lotta contro l’AIDS e la pace, affrontando spesso critiche e sacrificando parte della loro immagine pubblica;
- Il coraggio nell’impegno sociale: Queste star, pur avendo tutto da perdere, sono state esempi di coraggio nel perseguire cause politiche e sociali. Jennifer Lawrence ha scelto di non restare indifferente, mettendo in luce una realtà dolorosa, dimostrando che l’attivismo può essere una forma di resistenza potente.