È la mattina del 5 marzo del 2016. Una mattina all’apparenza come tante a Roma, quando, dall’Ansa, parte il seguente lancio:
Un ragazzo italiano di 23 anni è stato ucciso ieri sera in un appartamento di via Iginio Giordani, nel quartiere Collatino, alla periferia di Roma. Il corpo presenta segni di violenza. I carabinieri hanno fermato due persone.
Inizia così la storia di Luca Varani. Inizia così la storia dei suoi due assassini, Manuel Foffo e Marco Prato, conclusasi con la condanna a 30 anni del primo e la morte in carcere del secondo prima dell’inizio del processo. Per raccontarla, per raccontare dell’impatto che ha avuto su un intero Paese, dobbiamo fare un passo indietro.
L’inizio del caso: l’omicidio di Luca Varani a Roma
Manuel Foffo ha 27 anni. Studente di Giurisprudenza, lavora, saltuariamente, nel ristorante “Dar Bottarolo” di famiglia, sognando di fare soldi online. Da sempre in conflitto con la figura paterna, beve molto. Marco Prato, di un anno più giovane, fa invece il pr. Viene da una buona famiglia, è molto conosciuto, ma anche lui ha dei problemi: omosessuale con la passione per gli etero, non si sente bene con il suo corpo. Già una volta ha tentato il suicidio.
Si conoscono la notte di Capodanno. Dopo aver consumato alcol e droga, rimasti soli, hanno un rapporto sessuale. Il 2 marzo, quando Prato propone a Foffo di rivedersi, quest’ultimo gli dà appuntamento a casa sua, in via Iginio Giordani. In quei 80 metri quadrati – soggiorno, cucina, camera da letto e bagno – i due si chiudono in un’altra dimensione. Bevono, fumano, consumando 1500 euro di cocaina in tre giorni. Parlano tanto, di tutto.
Arrivando a confidarsi le fantasie più perverse. Poi, all’improvviso, un pensiero: vogliono uccidere qualcuno. Capire che effetto fa, che cosa si prova. Invitano da loro diverse persone. Tra le poche che accettano c’è Luca Varani. Insieme ai genitori adottivi, Silvana e Giuseppe, venditori ambulanti di dolciumi, vive a La Storta. Ha 23 anni e da quando ne ha 14 è fidanzato con una giovane di nome Marta Gaia. Sognano di diventare grandi insieme. Non sa, non può sapere, che quella sera Foffo e Prato hanno intenzioni serie.
È il secondo, travestito da donna, a farlo entrare in casa. Nel cocktail che gli offre poco dopo, ha versato dell’Alcover, un farmaco per il trattamento alcolico prescritto a Foffo. Luca si sente subito male, va in bagno. A quel punto la tragedia. Dopo più di due ore di agonia, muore dissanguato. L’autopsia dirà che è stato colpito per 100 volte, con un coltello e un martello. Che il suo volto è stato sfigurato. Che i due hanno provato anche a strangolarlo.
La confessione di Manuel Foffo
Prato e Foffo escono di casa, continuando a bere. Prato ha deciso che si toglierà la vita, così Foffo lo accompagna in un albergo; poi rientra e pulisce tutto. La mattina dopo, mentre è in macchina con il papà per raggiungere l’Abruzzo e dare l’ultimo saluto allo zio, con la faccia ancora gonfissima e gli occhi rossi, confessa tutto. Dice che in casa sua c’è il corpo del ragazzo. Che lui e un suo amico lo hanno ucciso. Che non ricorda nemmeno come si chiama.
Quando i carabinieri arrivano sul posto, si rendono conto che ha detto la verità. Una pattuglia, intanto, raggiunge Prato, che in una stanza in zona piazza Bologna ha ingerito delle pillole, tentando di togliersi la vita sotto le note di una canzone di Dalida. Viene soccorso e portato in ospedale: si riprende. Nel frattempo, Foffo è già stato interrogato. Ha già raccontato tutto. Spiegando che hanno agito senza un movente.
Il processo e il suicidio di Marco Prato
Alla fine, vengono entrambi rinviati a giudizio. Il 20 giugno, alla vigilia del processo, Prato si suicida nel carcere di Velletri, lasciando una lettera in cui, in sostanza, si proclama innocente. Foffo sarà condannato a 30 anni in tutti e tre i gradi di giudizio. Il procuratore generale della Cassazione, riferendosi a lui e al delitto di cui si è macchiato, parlerà di “lucido abisso umano”. Quello di cui parla anche Nicola Lagioia nel libro “La città dei vivi”, che affronta il tema della banalità del male, accostando vittime e carnefici, carnefici e vittime. Dal giorno in cui Luca è morto sono passati, nel frattempo, tanti anni.
Non c’è giorno che passi in cui io non pensi a te, ma solo perché ancora non riesco a darmi pace che tu non sei più qui ad illuminare il mondo con i tuoi splendidi occhi ridenti,
le parole affidate ai social dalla fidanzata nel giorno in cui avrebbe dovuto spegnere 30 candeline. Non ne ha avuto il tempo.
Una sintesi per punti del caso di cronaca
- Il delitto: il 4 marzo 2016 il 23enne Luca Varani fu brutalmente ucciso in un appartamento di Roma da Manuel Foffo e Marco Prato, al termine di un festino a base di alcol e droga durato diversi giorni.
- Le conseguenze: Foffo confessò subito l’omicidio, venendo condannato a 30 anni di reclusione; Prato, proclamatosi innocente, si suicidò in carcere prima dell’inizio del processo.
- L’impatto: La vicenda ha scosso profondamente l’opinione pubblica italiana e di recente ha ispirato il libro “La città dei vivi” di Nicola Lagioia, che riflette sull’abisso umano.