In questi ultimi giorni, dopo aver riassoporato l’ambiente di Trigoria al suo terzo ritorno in giallorosso, ancora altre emozioni per Claudio Ranieri: in Napoli-Roma di domenica prossima sarà l’ex di turno e non vivrà certamente una giornata normale come tutte le altre.
Il tecnico romano ha sì allenato molte squadre nell’arco della sua lunghissima carriera, ma ogni volta che torna in terra partenopea rivive in pochi secondi attraverso la mente il suo passato tra le fila del Napoli che ha un sapore tutto speciale: la panchina degli azzurri è stata la prima importante da emergente dopo la splendida cavalcata col Cagliari dalla C1 alla serie A avvenuta nel triennio 1988/1989, 1989/90 e 1990/1991.
Napoli-Roma, per Ranieri il peggior avversario da affrontare
Chiamato a sostituire Juric, Ranieri, per l’esordio in questo campionato edizione 2024/25, ha già la preoccupazione di dover affrontare subito uno scoglio durissimo con la sua Roma.
La trasferta di Napoli non rappresenta una passeggiata di salute e considerata la crisi di risultati che ha investito Pellegrini e compagni (4 sconfitte nelle ultime 5 di A) lo stadio Diego Armando Maradona non è sicuramente la tappa migliore che si auspica di affrontare un allenatore appena arrivato in questo momenti di fragilità assoluta.
Del resto i giallorossi guidati dal nuovo condottiero vanno ad affrontare solo il peggior avversario: la squadra che attualmente comanda in vetta e guarda tutti dall’alto verso il basso. La Roma compreso distante addirittura 13 punti dopo nemmeno 12 turni disputati frutto di 3 vittorie, 5 pareggi e 4 sconfitte.
L’architetto del post Maradona
Nella stagione 1991/92 il Napoli, ormai orfano del Pibe de Oro accasatosi nel frattempo al Siviglia, ha l’obiettivo di ripartire con nuove idee ma soprattutto con nuovi interpreti.
Il presidente Ferlaino quindi si adopera per compiere un vero e proprio cambiamento: al fine di lasciarla competitiva (pur sapendo che la concorrenza è nettamente più forte) lavora per mantenere a tutti i costi la qualità della rosa elevata.
Anche in dirigenza cambia. Via Luciano Moggi che si accasa al Torino, fa largo all’arrivo di Giorgio Perinetti. Via Bigon (l’allenatore degli utlimi trofei) sceglie Claudio Ranieri, giovane e rampante allenatore con esperienza pari a un anno di A, deputato ad arruolarsi come l’architetto del post Maradona.
Il tecnico, ha l’arduo compito di risollevare le sorti di una compagine che solo l’anno prima contro ogni rosea previsione inaspettatamente arriva 8ª e sfruttando l’innesto di giocatori non di primissimo piano ma sicuramente interessanti e di prospettiva come Michele Padovano, Michele Tarantino e Laurent Blanc, alla fine Claudio Ranieri svolge un egregio lavoro.
La qualificazione UEFA al primo colpo, via al secondo anno
Al primo anno se al termine del girone di andata si piazza secondo alle spalle a sole sei lunghezze dal grande Milan, lasciando la sensazione a tutti di poter riportare nuovamente il Napoli ai fasti di qualche anno prima (indici positivi l’exploit di Zola ritenuto l’erede di Maradona, il ritorno alla vena realizzativa di un rinato Careca), al ritorno le cose cambiano.
Per via di qualche intoppo di troppo, complice una difesa traballante nonostante la presenza di giocatori espertissimi come Ferrara e Alemao, si proietta verso una situazione di classifica tuttosommato accettabile perché migliorata se comparata con quella dell’anno precedente. Termina con un quarto posto che vale la partecipazione alla successiva edizione della Coppa UEFA.
Al secondo invece la conduzione della squadra priva di Alemao e Blanc gli viene tolta per l’andamento negativo di 5 sconfitte nelle prime 9 partite e la conseguente prematura eliminazione dalla Coppa UEFA.