Le voci di dentro del Partito Democratico riferiscono che alla fine a spuntarla davvero sia stato Goffredo Bettini, grande vecchio dei dem romani. Del resto, l’ex eurodeputato che oggi non ricopre alcuna carica ufficiale, non aveva organizzato a inizio mese, in occasione del suo 72esimo compleanno, a casa Rutelli, un “caminetto” vecchia maniera per benedire Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, alla guida dell’Anci, l’associazione nazionale dei Comuni italiani?
Ha vinto lui a discapito, se non proprio per fare un dispetto, alla segretaria nazionale del Pd, Elly Schlein. La quale avrebbe preferito di sindaco di Torino Stefano Lo Russo alla guida degli oltre 7200 comuni italiani, anche solo per assecondare le richieste di un altro primo cittadino, quello di Milano Beppe Sala che, proprio dopo il “caminetto” in casa Bettini, aveva sbottato: “Dopo la presidenza di Antonio Decaro, sindaco di Bari, questa volta, tocca a uno del Nord. E poi Bettini a che titolo si intrufola in queste questioni?”
Beh, questo è un capitolo a parte. Ma di certo c’è che da ieri, 20 novembre 2024, esiste un motivo in più per sostenere che intrufolarsi e lasciare il segno è arte sua.
Chi è Gaetano Manfredi
Eppure Gaetano Manfredi non ha la tessera del Partito Democratico in tasca. Ma l’ex rettore della Federico II di Napoli, dal 4 ottobre 2021, come nei migliori sogni di Bettini, guida nel capoluogo campano uno dei pochi esempi, se non l’unico se si parla di grandi città, di Campo largo, anzi larghissimo. Nel consiglio comunale partenopeo la maggioranza va dalla sinistra con echi ancora demagistriani fino a Italia Viva. Anzi, di più: fino a un pezzo di Forza Italia che, in occasione delle ultime elezioni comunali sotto al Vesuvio, si è staccato dal partito di Tajani e si è messo in proprio.
Gaetano Manfredi è il garante di questa compagnia allargata. Un garante a cui nessuno sa dire di no.
Gaetano Manfredi, il rettore con cui è impossibile litigare
Manfredi, 60 anni, ha fatto il suo esordio in politica in occasione della formazione del governo Conte due. Fu nominato a dicembre del 2019 dall’allora premier ministro dell’Università e della Ricerca scientifica in sostituzione di Lorenzo Fioramonti in qualità di tecnico.
In effetti, oltre ad aver guidato l’ateneo laico più antico d’Europa – quello federiciano – era già stato due volte, nel 2015 e nel 2018, alla guida della Conferenza dei rettori italiani.
Ingegnere, e per questo misurato; alto, magro, posato, mai una parola fuori posto, mai una sbavatura, bada al sodo, è l’anima riformista (sopravvissuta) della sinistra, non ha fronzoli, gli piace pianificare, e chi, come è capitato al vulcanico Governatore della Campania Vincenzo De Luca, decide di dargli addosso, ben presto, si accorge di star litigando da solo.
Ha ereditato, dopo dieci anni di Luigi De Magistris, un Comune, quello di Napoli, con 5 miliardi di debiti e il crac dietro l’angolo, “il che voleva dire scassare i conti di mezza città che col Comune ci campa”, confidò una volta il suo assessore al bilancio, il veneziano ex sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta.
Ma tant’è: a marzo del 2022, Manfredi che, oltre al fatto suo, sa come entrare nelle stanze che contano, firmava con l’allora premier Mario Draghi il Patto per Napoli con il quale salvava capre e cavoli.
Ora, pazienza che qualche napoletano si lamenta per le installazioni di arte moderna a forma di fallo sotto al suo Palazzo, in piazza Municipio. Manfredi smussa anche polemiche di quel tipo. Anche perché ha deciso, fin dal suo primo giorno a Palazzo San Giacomo, di trattenere a sè la delega alla cultura.
La formazione socialista, il fratello consigliere regionale (con tutt’altro carattere)
Lui così british, il fratello Massimiliano, invece, da sempre nel Pd, già deputato e ora consigliere regionale pro terzo mandato di De Luca, così vivace. Entrambi, però, arrivano da una famiglia di Nola, il comune di Giordano Bruno, con cultura socialista. Qualcuno, probabilmente a ragione, sostiene che per questo Gaetano abbia la capacità di mettere d’accordo un pò tutti.
Insomma: è l’uomo del Campo largo, formula che, assieme a Bettini, auspica anche a livello nazionale lanciando il modello Napoli. “È l’uomo di Giuseppe Conte”, gli rinfacciano i critici. Ma con l’ex premier Gaetano Manfredi ha davvero poco a che vedere perché tutto è tranne che un populista. Bada al solo. È proiettato nella concretezza. Va oltre il bla bla bla, per dirla con Paolo Sorrentino.
Magari, da sindaco di Napoli, riuscirà anche a realizzare il sogno che promise in campagna elettorale: restituire alla città un vecchio molo del porto antico, il molo San Vincenzo, per farlo diventare il nuovo polo della movida e un nuovo attracco per i mega yacht, il che costituirebbero la ciliegina sulla torta del boom turistico che sta vivendo Napoli.
Il post da neo eletto
Ora, da sindaco dei sindaci, nel suo post di ringraziamento da neo eletto (votato all’unanimità), tra l’altro, ha scritto:
“Noi sindaci siamo il fronte più esposto alle sfide della realtà, il primo riferimento per chi vive il malessere sociale e civile, per chi chiede risposte a istanze spesso ignorate. Abbiamo di fronte grandi sfide, priorità che non possiamo più rimandare. Emergenze che richiedono regole chiare, mezzi adeguati e azioni concrete. E per la cui risoluzione abbiamo bisogno di alleanze. Di sinergie. Di politiche pubbliche costruite sul principio di leale e reciproca collaborazione”
Come dire: anche Elly Schlein se ne farà presto una ragione.