Sono ancora tanti, a quasi 40 anni dall’ultimo degli otto duplici omicidi attribuiti al Mostro, gli interrogativi sull’identità del serial killer che sconvolse Firenze e dintorni: il documentarista e scrittore Paolo Cochi, che da anni segue il caso, sta battendo, da un po’, come consulente di parte del parente di una delle vittime di uno degli ultimi tre delitti (senza giudicato), la pista del “Rosso del Mugello”. Ecco cosa ha spiegato a Tag24.
Mostro di Firenze, potrebbe essere il “Rosso del Mugello”? Gli indizi
“Poco prima del primo duplice omicidio, questa persona fu condannata per favoreggiamento per aver rubato da un’armeria di Borgo San Lorenzo cinque pistole, tra cui una Beretta calibro 22 (come quella usata dal Mostro, ndr)”, spiega Paolo Cochi.
“Negli anni Ottanta – quando, anche a livello mediatico, si cominciava a parlare di più del caso – i carabinieri decisero di sentirlo e lo perquisirono perché una persona aveva raccontato loro di averlo visto usare la famosa Beretta, ma il suo nome non venne inserito nella lista dei sospettati stilata dalla squadra Anti Mostro della Procura di Firenze”.
“Qualche anno fa, come consulente di parte delle vittime, ho iniziato ad indagare per saperne di più, arrivando a un quadro indiziario, naturalmente non probatorio, molto forte nei suoi confronti”, prosegue Cochi. Il cosiddetto “Rosso”, un cacciatore pregiudicato ormai morto (che, secondo i familiari, avrebbe avuto contatti con la Procura), sarebbe nato nella zona del Mugello.
Vivendo, per diverso tempo, a Firenze Ovest, dove il Mostro ha colpito più volte. Era un uomo alto e di corporatura robusta, con i capelli rossi, appunto. Un uomo dagli stessi tratti somatici di quello “raffigurato nell’identikit fornito da alcuni testimoni degli ultimi due duplici omicidi”, che alcune persone riferirono di aver visto seguire le vittime prima che fossero uccise.
Il dettaglio della macchina da scrivere
Non è tutto. Chiedendo a una grafologa di analizzare una macchina da scrivere che gli è appartenuta, Cochi è arrivato infatti alla conclusione che lo stesso uomo potrebbe essere l’autore di alcune lettere minatorie anonime indirizzate a magistrati che seguivano il caso, di cui almeno una “imbucata a 200 metri da un luogo di sua pertinenza”. Ne ha parlato alla trasmissione Far West qualche settimana fa.
“Ora sulla macchina da scrivere stiamo facendo il Dna”, afferma sempre Cochi. Che si dice convinto: “Potrebbe essere lui, il Mostro di Firenze. La pista che porta a lui è molto più solida di quella che portava a Pietro Pacciani, che del resto, ricordiamolo, non è mai stato condannato. Una sentenza di condanna c’è stata solo nei confronti dei presunti complici, i famosi ‘compagni di merende’, ma è del tutto aleatoria”.
Si tratta di Mario Vanni e Gianfranco Lotti, riconosciuti colpevoli – come complici – degli ultimi quattro duplici omicidi attribuiti al Mostro. Secondo la ricostruzione ufficiale, aiutarono Pacciani (morto prima che potesse chiudersi il processo a suo carico, ndr); ma in molti, da sempre, nutrono dubbi su un loro reale coinvolgimento, ipotizzando che siano stati incastrati.
Le ultime notizie spiegate dall’esperto Paolo Cochi
“Il sospettato frequentava, in gioventù, una chiesa dove c’era e c’è ancora un quadro affresco di Sant’Agata, protettrice delle donne operate al seno. E sappiamo che la moglie morì appunto per un tumore al seno sinistro. Quello imputato a Pia Rontini e Nadine Mauriot, le ultime due vittime femminili del Mostro“, spiega ancora Cochi.
“Nel processo a Pacciani”, continua, “la Procura sostenne che il motivo scatenante dell’amputazione del seno sinistro praticato dal Mostro fosse il fatto che nel 1951, quando Pacciani aveva sorpreso la fidanzata dell’epoca in atteggiamenti intimi con un altro, quest’ultima avesse il seno sinistro scoperto”. Ma le novità emerse potrebbero cambiare tutto.
“Insieme all’avvocato Alessio Tranfa, esponendo tutta una serie di elementi, per conto di un parente di una delle vittime di uno degli ultimi tre delitti (senza giudicato), che vuole restare anonimo, abbiamo chiesto alla Procura la riapertura delle indagini“, conclude. “Secondo me non si opporranno”. In tal caso, la storia del famoso serial killer potrebbe anche essere riscritta.
Per ricapitolare
- La pista del “Rosso del Mugello”: Paolo Cochi, documentarista e consulente di parte, sta indagando su un cacciatore pregiudicato soprannominato “Rosso del Mugello”, sospettato di essere il Mostro di Firenze.
- Indizi principali: tra gli elementi a suo carico, oltre al furto di una Beretta 22 compatibile con quella usata dal serial killer, anche diverse testimonianze, un identikit e la possibile connessione con lettere minatorie legate al caso.
- Richiesta di riapertura delle indagini: Cochi, insieme all’avvocato Alessio Tranfa, ha chiesto di riaprire le indagini per conto di un familiare di una delle vittime. La nuova pista, secondo l’esperto, sarebbe più solida di quella legata a Pietro Pacciani e ai suoi presunti complici, i cosiddetti “compagni di merende”.