Il suo caso ha ispirato la prima stagione della serie tv Netflix “American Crime Story”, che ha ripercorso anche la storia dell’omicidio di Gianni Versace: O. J. Simpson, morto lo scorso 10 aprile a causa di un tumore alla prostata, è famoso non solo per lo sport e per il cinema – essendo stato a lungo un atleta e un attore -, ma anche perché fu imputato (e assolto) per l’omicidio dell’ex moglie Nicole Brown e dell’amico Ron Goldman, avvenuto nel 1994 negli Stati Uniti.

L’inizio del caso di O. J. Simpson: vita privata e carriera

Orenthal James Simpson nasce il 9 luglio del 1947 a San Francisco. La madre, Eunice, fa l’amministratrice ospedaliera; il padre, Jimmy, è chef e custode in una banca, ma anche una famosa drag queen (prima di morire si sarebbe dichiarato omosessuale).

Affetto da rachitismo, è costretto, da bambino, a portare dei tutori alle gambe. Quando ha 5 anni, i genitori divorziano. A scuola studia poco; crescendo, poi, entra in una gang, avendo i primi problemi con la giustizia. Nel 1967 sposa Marguerite L. Whitley, da cui ha tre figli: Arnelle, Jason e Aaren.

Dopo la morte dell’ultima a soli due anni, i due divorziano. O. J. a quel punto è già molto famoso: nel 1968 era stato eletto atleta dell’anno, entrando, poco dopo, nella Wall of Fame. Più tardi, accantonata la carriera sportiva, avrebbe recitato in diversi film, tra cui l’iconico “Una pallottola spuntata”.

Nel 1977, mentre era ancora sposato, aveva conosciuto una giovane di nome Nicole Brown. Nonostante la differenza d’età, avevano iniziato a frequentarsi. E fin da subito O. J. aveva sviluppato nei suoi confronti una gelosia ossessiva.

Nel 1985 i due si sposano. Poco dopo nascono dal loro amore i figli Sidney e Justin. La felicità, però, dura poco: nel 1992 la donna chiede il divorzio, sostenendo che più volte O. J. sia arrivato alle mani.

L’omicidio dell’ex moglie Nicole Brown e dell’amico Ron Goldman

Il 12 giugno del 1994 Nicole e l’amico Ron Goldman, di professione cameriere, vengono trovati morti davanti alla villetta della prima, a Los Angeles. È subito chiaro a tutti che sono stati uccisi, accoltellati.

Tutt’intorno ai loro corpi ci sono tracce di sangue, ma anche un guanto nero, un cappello, degli occhiali e impronte di scarpe. I sospetti si concentrano subito su O. J.

Quando i poliziotti si recano da lui per metterlo al corrente del tragico ritrovamento (non trovandolo, perché nel frattempo era partito per Chicago), trovano, sul suo vialetto, ulteriori tracce di sangue e impronte.

Ma anche il guanto nero mancante. Al suo rientro, l’uomo viene interrogato. E subito si proclama innocente. Il giorno dopo i funerali delle vittime, il 17 giugno, pensando di avere abbastanza elementi a suo carico, gli inquirenti decidono di arrestarlo.

La cattura e il controverso iter processuale, fino all’assoluzione

Attraverso il suo avvocato, il famoso Robert Shapiro, O. J. fa sapere di voler consegnarsi da solo. Poi, però, fugge. Lasciando una lettera in cui, secondo i media, allude al suicidio. Parte una vera e propria caccia all’uomo. Le persone, non essendo ancora al corrente delle prove raccolte a suo carico, fanno il tifo per lui.

È iconico il filmato che lo mostra in fuga dai poliziotti sulle strade della “città degli angeli”, mentre si punta una pistola alla testa. Quando viene fermato, nella sua auto vengono ritrovati 9 mila dollari in contanti, un travestimento e un passaporto.

Il 20 giugno successivo, O. J. viene citato in giudizio. Il processo si apre poco dopo ed è mediaticamente seguitissimo. L’accusa sostiene che l’uomo si sia macchiato del duplice omicidio. E fa ascoltare in aula delle chiamate in cui Nicole chiedeva aiuto, spaventata dai comportamenti violenti del marito.

La difesa rinnega tutto, affermando, in pratica, che non ci siano prove di violenza successive al 1989. E si concentra, poi, sulla polizia, accusandola, in sostanza, di aver voluto incastrare O. J. perché di colore. Si tratta di un tema particolarmente caldo, in quegli anni: da poco quattro agenti erano stati assolti dall’accusa di aver utilizzato un eccesso di violenza nei confronti di una persona di colore.

E in tutto il Paese erano scoppiate delle sommosse. La giuria, che è composta da otto persone di colore, decide, alla fine, per l’assoluzione di O. J., che comunque, sul piano civile, viene chiamato a risarcire le famiglie delle vittime con somme elevatissime.

Nel 2006 è stato condannato a 33 anni di carcere per aver fatto irruzione in una stanza d’hotel riferendo di voler recuperare dei cimeli sportivi che gli erano stati rubati: ne ha scontati 13, poi gli è stata concessa la libertà vigilata. Lo scorso aprile è morto. Aveva 76 anni e da tempo era malato.

Una sintesi della storia di O. J. Simpson

  • Carriera sportiva e successo mediatico: celebrato per i suoi risultati atletici e poi approdato nel cinema con ruoli in film popolari, negli anni ’70 O. J. Simpson è stato una vera e propria icona americana.
  • Il caso giudiziario e il processo per omicidio: fu accusato di aver ucciso la sua ex moglie Nicole Brown e l’amico Ron Goldman, trovati morti nel 1994 a San Francisco, ma fu assolto nel 1995 dopo un processo controverso che attirò attenzione mediatica e sociale, soprattutto per la tematica razziale.
  • Condanna per rapina e morte recente: condannato nel 2008 per rapina a mano armata e sequestro di persona, fu rilasciato dopo 9 anni di prigione. Nel 2024 è deceduto a 76 anni per un tumore alla prostata, chiudendo una vita segnata da grandi successi e scandali.