Autonomia differenziata, che fine farà? Ma soprattutto, i referendum che avevano unito le opposizioni si faranno o meno? Queste e altre domande nasceranno sicuramente con la decisione della Corte costituzionale, che oggi 14 novembre 2024 ha indicato che la legge sulla quale tanto puntava il governo ha alcuni aspetti illegittimi.
La Consulta si era attivata grazie ai ricorsi presentati da Campania, Sardegna, Toscana e Puglia, che si erano opposte a quelle regioni del nord-est che avevano già chiesto al governo di avere la gestione di materie come la Protezione civile.
La sentenza definitiva deve ancora essere pubblicata ma sono sicuri ricorsi da parte delle forze di governo. Nel frattempo le forze d’opposizione sono contente che in questo modo l’unità nazionale sia stata difesa.
Autonomia differenziata, qual è la decisione della Consulta?
Una vittoria a metà, in modo che ciascuna delle parti in causa possa dire di aver avuto (un po’) ragione. Confermando l’antico vizio tutto italiano di parlare prima ancora delle sentenze definitive, il centrodestra ed il centrosinistra parlano secondo i propri programmi politici della decisione della Corte costituzionale, che oggi 14 novembre 2024 ha deciso riguardo l’ammissibilità o meno dei ricorsi presentati da Puglia, Campania, Toscana e Sardegna sul progetto di autonomia differenziata.
La Consulta ha accolto parzialmente i ricorsi presentati da quelle 4 regioni, che puntavano a scardinare l’interpretazione che il governo aveva deciso di dare dell’articolo 116 della Costituzione. Si parlava di vittoria a metà perché i giudici costituzionali non credono che l’intera legge sull’autonomia differenziata sia incostituzionale, ma esistono alcune specifiche disposizioni che sono illegittime.
La sentenza definitiva, come accennato, deve ancora essere pubblicata ma all’attuale stato delle cose sia chi ha proposto i referendum sia chi ha preparato la riforma rischia di dover spiegare ai propri elettori il perché la riforma ha subito uno stop di questo tipo.
La Consulta avrebbe sottolineato l’importanza del ruolo del Parlamento, che dovrebbe avere un ruolo di decisione nella definizione dei Lep, e non subire passivamente le decisioni e le trattative fra governo e regioni.
Le reazioni di maggioranza ed opposizione
Non appena diffusasi la notizia dell’orientamento della Consulta, i principali schieramenti politici si sono subito schierati a difesa o meno della più che probabile decisione. Il senatore e segretario PD del Veneto Andrea Martella, una delle regioni che più ha spinto nei mesi passati verso l’autonomia differenziata, non ha potuto fare a meno di notare quanto la fretta di Calderoli di lavorare sui Lei non fosse giustificata:
Le stesse materie non Lep, quelle su cui Calderoli, spavaldamente aveva già iniziato a trattare, sono state circoscritte stabilendo che “i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” e le risorse finanziare relative dovranno essere determinate in riferimento a costi e fabbisogni standard. Altro che la spesa storica prevista dal Dl Calderoli.
Anche il M5S si trova d’accordo con questa linea di ragionamento, ricordando come la difesa della Costituzione e dell’integrità territoriale siano una tematica molto importante e che meritano la massima considerazione. L’ex presidente della Camera Roberto Fico ha sottolineato:
La nostra Repubblica è una e indivisibile. L’intervento della Corte costituzionale di oggi sulla legge Calderoli è un segnale molto importante che mette alcuni paletti fondamentali che tutti devono rispettare. Il governo non può intervenire scavalcando il Parlamento come avrebbe voluto, e di fatto non può definire i livelli essenziali delle prestazioni.
Stati d’animo ovviamente opposti per i partiti della maggioranza. Il partito più colpito è sicuramente la Lega, che ha costruito gran parte del suo programma governativo proprio sull’autonomia differenziata e che ha spinto anche contro le rimostranze (presenti anche se dietro le quinte) di Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Il governatore veneto Luca Zaia ha voluto ricordare che senza una sentenza definitiva è impossibile per le opposizioni cantare vittoria: l’autonomia differenziata è una riforma tanto più necessaria quanto sono urgenti le sfide che le varie regioni italiane devono affrontare.
La Corte Costituzionale ha confermato la legittimità della legge sull’autonomia differenziata, sancendo ancora una volta che il nostro percorso è in linea con la Costituzione. È una conferma importante e rappresenta un passaggio storico per il Veneto e per tutto il Paese. L’alternativa sarebbe stata un’accettazione stantia e supina di un centralismo che nei decenni ha prodotto molti danni, con 3mila miliardi di debito pubblico.
Da FI si rimarca l’importanza dei Lep, rimandando alla dialettica parlamentare l’ulteriore avanzamento di questa riforma.
I principali punti della decisione della Consulta
La Corte costituzione ha messo in campo un’azione di rigorosa analisi riguardo la legge approvata alla metà di quest’anno dal governo. Per i giudici è impossibile che questi avochi a sé tutte quelle materie che formano il tessuto sociale, economico e culturale del nostro paese.
L’interpretazione dell’articolo 116 della Costituzione, così come messa in campo dal governo e dal ministro Calderoli, è fin troppo estensiva e rischia per l’appunto di portare le regioni italiane a caricarsi più o meno di materie decisive al buon funzionamento del bilancio statale. Non è possibile quindi devolvere 23 Lep in toto alle regioni senza che l’amministrazione centrale ne risenta.
In questo modo, la Consulta ha messo come accennato in forte dubbio le ragioni stesse non soltanto dell’autonomia differenziata, ma anche dei referendum che erano stati uno dei pochi argomenti attorno ai quali le opposizioni erano riuscite a compattarsi. Con ogni probabilità la Corte costituzionale ha risposto a molti, se non tutti, i quesiti che i referendari avevano pensato di sottoporre al voto popolare.
In attesa della sentenza definitiva, così come dei più che probabili ricorsi governativi, è importante indicare che ancora una volta le intenzioni di Giorgia Meloni e dei suoi alleati leghisti vengono arrestate (o rallentate fortemente) dai giudici italiani.
I 3 punti salienti dell’articolo
- Decisone della Corte Costituzionale sull’autonomia differenziata: il 14 novembre 2024, la Corte Costituzionale ha parzialmente accolto i ricorsi presentati da alcune regioni (Campania, Sardegna, Toscana, Puglia), evidenziando che la legge sull’autonomia differenziata, voluta dal governo, contiene alcuni aspetti illegittimi, ma non è totalmente incostituzionale. In particolare, la Corte ha sottolineato l’importanza del ruolo del Parlamento nella definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep), che non possono essere decisi unilateralmente dal governo e dalle regioni.
- Implicazioni politiche e reazioni: la sentenza ha scatenato reazioni contrastanti tra i vari schieramenti politici. Le forze di opposizione, come il PD e il M5S, hanno visto la decisione come una vittoria per la difesa dell’unità nazionale e della Costituzione, criticando la fretta del governo. Al contrario, i partiti della maggioranza, in particolare la Lega, hanno difeso la necessità di attuare l’autonomia differenziata, considerandola fondamentale per il futuro delle regioni italiane, pur riconoscendo la necessità di ulteriori discussioni parlamentari.
- Rischio per i referendum: la decisione della Corte mette in dubbio anche la validità dei referendum proposti dalle opposizioni contro la riforma, poiché molti dei temi in discussione sembrano essere stati già affrontati dai giudici. Inoltre, la riforma rischia di essere ulteriormente rallentata o modificata a causa delle questioni sollevate dalla Corte riguardo alla gestione delle materie vitali per il bilancio statale.