Resta in parte avvolto dai dubbi il caso di Moussa Diarra, il migrante maliano di 26 anni che domenica 20 ottobre è stato ucciso in stazione Porta Nuova, a Verona, da un agente della polizia ferroviaria (ora indagato per eccesso colposo di legittima difesa): stando alle ultime notizie, riportate dal Gazzettino Veneto, la telecamera che si pensava potesse aver ripreso tutto non funzionava. Per capire perché era importante bisogna fare un passo indietro.
Chi era Moussa Diarra? Arrivato a Verona dal Mali
Moussa Diarra, 26 anni, originario del Mali, si trovava in Italia da circa 8 anni. Arrivato con un barcone a Lampedusa passando attraverso la Libia e i suoi duri centri di detenzione, era stato inserito a Costagrande, un centro nato da un accordo di accoglienza straordinaria tra la prefettura, un ente privato e una cooperativa, chiuso nel 2019.
“Con il permesso di soggiorno era in regola”, ha spiegato dopo la sua morte l’assessora alla sicurezza del Comune di Verona, Stefania Zivelonghi: stando alle ricostruzioni, il giovane, anche se precariamente, lavorava anche. Ospite prima del Samaritano, una struttura gestita dalla Caritas, poi del Ghibellin Fuggiasco dell’associazione Paratodos, non aveva, però, una dimora stabile.
Chi lo conosceva, racconta che negli ultimi tempi tendeva all’isolamento. Da tre mesi aveva perso il padre; era, inoltre, alle prese con le lungaggini del rinnovo della protezione da rifugiato politico.
Ucciso da un poliziotto a Porta Nuova: la ricostruzione
La mattina del 20 ottobre, arrivato presso la stazione di Porta Nuova, a Verona, avrebbe iniziato a prendere a calci la biglietteria, alcune auto parcheggiate lungo la strada e la vetrina di una tabaccheria, attirando l’attenzione di una pattuglia della Polfer in servizio.
Gli agenti presenti hanno raccontato di averlo avvicinato per identificarlo. Infastidito dalla richiesta di documenti, Diarra, a quel punto, secondo loro, avrebbe reagito tirando fuori un coltello da cucina che portava con sé, scagliandosi contro uno dei poliziotti che, sprovvisto di taser, avrebbe quindi estratto la pistola, sparandogli tre colpi.
Uno gli ha trafitto il cuore, uccidendolo. Motivo per cui l’agente, difeso dall’avvocato Matteo Fiorio, è ora indagato per eccesso colposo di legittima difesa, reato contestato in presenza di reazioni di difesa esagerate.
Gli ultimi sviluppi del caso e le reazioni
Stando a quanto riporta Il Gazzettino Veneto, la telecamera che si pensava potesse aver ripreso tutto, cruciale per la ricostruzione dei fatti, “a causa di un’anomalia su cui sono in corso accertamenti” non funzionava.
Funzionavano, invece, quelle posizionate in zona Palladio, che di fatti avrebbero ripreso il 26enne mentre, poche ore prima della tragedia, tenta di aggredire due vigili urbani impegnati nei rilievi di un incidente stradale.
Un dettaglio significativo perché dimostrerebbe, sempre secondo il Gazzettino, “l’atteggiamento violento tenuto dal maliano in quelle ore, decisamente insolito secondo i suoi familiari, amici e conoscenti”: nonostante i precedenti per droga, non aveva mai dato problemi.
Fondamentali per capire di più saranno gli esiti degli esami tossicologici effettuati durante l’autopsia: spiegheranno, infatti, se il giovane avesse fatto uso di sostanze. Il “Comitato Moussa Diarra”, nato dopo la sua morte, chiede verità e giustizia. E ha già organizzato un sit in per ricordarlo.
Dal suo canto, la senatrice Ilaria Cucchi, che ha perso il fratello Stefano, ha annunciato l’intenzione di seguire da vicino la vicenda giudiziaria che lo riguarda. “Con tutto il rispetto, non ci mancherà. Grazie ai poliziotti per aver fatto il loro dovere”, ha scritto invece sui social il leader della Lega Matteo Salvini. Parole che hanno sollevato non poche polemiche.
Una sintesi per punti della vicenda di Moussa Diarra
- Moussa Diarra: Moussa Diarra, 26enne di origini maliane, era residente in Italia da circa 8 anni, senza dimora stabile. Negli ultimi tempi, complici la perdita del padre e le difficoltà legate al rinnovo del permesso di soggiorno, aveva mostrato segni di isolamento.
- L’incidente alla stazione di Verona: il 20 ottobre Diarra ha avuto uno scontro con la Polfer alla stazione Porta Nuova di Verona. Secondo la polizia, alla richiesta di identificazione, avrebbe reagito mostrando con un coltello, portando un agente a sparare e ucciderlo; quest’ultimo è ora indagato per eccesso colposo di legittima difesa.
- Elementi controversi e reazioni: sembra che la telecamera che avrebbe dovuto riprendere la scena fosse fuori uso. Altre riprese mostrerebbero invece Diarra in atteggiamenti aggressivi poche ore prima dell’accaduto. Il “Comitato Moussa Diarra”, nato dopo la tragedia, chiede verità e giustizia. Ma le reazioni non sono state unanimi.