I toni dello scontro fra Stellantis ed il governo italiano sembrano essersi abbassati di molto rispetto agli inizi di ottobre, ma in entrambi i casi la guardia resta alta e ci sono dichiarazioni che possono esser lette come reciproci avvertimenti.
Dopo il tavolo convocato oggi 14 novembre 2024 presso il Mimit con rappresentanti di Stellantis, dei sindacati e delle istituzioni regionali dove la multinazionale ha i propri stabilimenti, i toni sono anche di attesa per i successivi passi.
Se i rappresentanti di Stellantis, come Giuseppe Manca, responsabile risorse umane, assicurano che non verrà chiuso nessuno stabilimento italiano, ma che ci dev'essere un impegno a proporre incentivi europei per l'automotive, il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso ha chiesto che Stellantis rispetti gli impegni presi e che salvaguardi l'occupazione italiana.
Sono gli impegni stringenti che il Green Deal europeo ha messo in campo ad aver creato questa grave situazione d'incertezza per le industrie automobilistiche: Urso, nel ribadire questo concetto, promette anche che la questione dei fondi per l'automotive verrà presto ridiscussa.
Era un incontro molto atteso e che a seconda delle parti in causa è stato visto come una buona base di partenza o un fallimento.
A fronteggiarsi oggi 14 novembre 2024 a Roma, nella sede del Mimit, c'erano da un lato i rappresentanti italiani di Stellantis e dall'altro i sindacati (come Fim, Fiom, Uilm, Ugl Metalmeccanici, Acqfr, Fismic, Anfia) e le istituzioni delle regioni dove vi sono gli stabilimenti automobilistici.
Una così forte discrasia nei risultati dell'incontro odierno è dovuto allo stato di grossa difficoltà che il settore dell'automotive sta vivendo in Italia.
Le cause hanno radici profonde e di certo non possono essere ricondotte soltanto alla concorrenza sleale cinese, ai programmi di finanziamento statale statunitense o il Green Deal europeo: resta palpabile però la preoccupazione di migliaia di lavoratori italiani che potrebbero esser licenziati o messi in cassa integrazione.
Il governo comunque vuole mostrare di esserci e il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso ha apprezzato la volontà di Stellantis di interfacciarsi con le parti sociali, ma con diversi distinguo che politicamente parlando hanno il loro peso.
L'avvertimento governativo sembra chiaro: il taglio degli incentivi, che tanto stupore aveva suscitato non appena letta la legge di bilancio, può esser in qualche modo "attenuato", ma il governo non ha intenzione di sussidiare la multinazionale automobilistica senza ricevere in cambio progetti concreti sull'automotive italiana:
Urso elenca poi una serie di ostacoli che pongono in contrasto il governo e Stellantis, che dovrebbe innanzitutto salvaguardare l'occupazione italiana a fronte di un contesto europeo e internazionale molto complessi.
Dato che l'industria italiana è fortemente legata per la componentistica a quella tedesca, la crisi del governo Scholz e dell'industria teutonica sono un campanello d'allarme grave per l'Italia. Il ministro quindi punta molto sul concetto di difesa del Made in Italy, in ottica di salvaguardare quell'eccellenza industriale italiana sparsa per il territorio e molto brava nell'esportarla:
Come accennato in precedenza, non si può costruire una nuova strategia industriale con uno schiocco delle dita e la crisi ha anche ragioni molto più profonde; Urso però ritiene che sia la transizione ecologica ad aver messo in estrema difficoltà i produttori automobilistici europei, imponendo loro scadenze troppo ravvicinate per un mercato ancora in espansione:
Il punto di vista di Stellantis viene fornito da diverse dichiarazioni rese all'uscita del tavolo organizzato al Mimit. Molti di questi commenti sono di tono conciliante e cercano anche di spiegare che l'azienda ha tutto l'interesse a lavorare di concerto con il governo italiano per salvaguardare l'industria automobilistica italiana.
Sembrano lontani quindi i tempi in cui l'audizione alla Camera del Ceo di Stellantis Carlos Tavares aveva scontentato in molti, specialmente all'opposizione. Giuseppe Manca, responsabile risorse umane e relazioni industriali della multinazionale, ha cercato di dare quelle risposte che sono mancate anche per il fatto che John Elkann, presidente di Stellantis, non aveva raccolto l'invito per un'audizione in Parlamento.
Innanzitutto, rassicurazioni: Manca afferma che Stellantis non vuole chiudere alcun stabilimento (come sta accadendo con la Volkswagen in Germania) e che tutti sono pronti a rispettare gli impegni presi con il governo italiano, con i rappresentanti sindacali e con le regioni dove sono siti gli stabilimenti:
Considerato ciò, e che diversi nuovi modelli (principalmente elettrici) verranno costruiti a partire dal 2025 in Italia negli stabilimenti di Melfi, Mirafiori e Pomigliano d'Arco, Stellantis punta molto sul passaggio a veicoli meno inquinanti. Manca però sottolinea come i problemi siano presenti a livello europeo e non soltanto italiano: serve uno sforzo comune per superare l'impasse.
Il segretario generale della Fim-Cisl Ferdinando Uliano ha però contestato, come anticipato, la ricostruzione che l'azienda ha proposto. Serve un impegno molto più forte del governo, che non può aspettare un accordo fra azienda, lavoratori e sindacati prima di decidere come affrontare l'attuale crisi:
Un altro concetto interessante espresso da Urso riguarda il taglio dei fondi all'automotive, che tanto aveva fatto parlare di sé. Questa è sì una decisione che ha messo in difficoltà l'attività dell'esecutivo, ma per il ministro può esser sfruttata anche per evitare che la tanto odiata (dal centrodestra) stagione dei bonus a pioggia continui indisturbata:
Le migliaia di emendamenti che erano stati presentati a corredo della legge di bilancio, sommando cioè quelli di maggioranza ed opposizione, ruotavano anche attorno a Stellantis e al suo ruolo in Italia. Per il governo ora si tratta di capire come reperire quelle risorse che sono state tolte per coprire altri punti del bilancio statale, così come vedere se ci sono margini di manovra in Europa per spostare dopo il 2025 l'abbandono dei motori termici.
La paura dei possibili dazi commerciali della seconda amministrazione Trump o del dumping cinese, che vende nel mondo le sue auto elettriche a prezzi bassi controllando molta della filiera produttiva, passano in secondo piano quando molti esponenti del centrodestra italiano parlano del Green Deal come di un'imposizione non basata sui dati di realtà.
Dal lato degli industriali, infine, è stato anche avanzato il timore che chiudersi alle innovazioni green faccia perdere per sempre un treno economico, innovativo e tecnologico che forse non potrà passare più, costringendo l'Italia ad un ruolo di anonimato.