Do you speak english? Beh, oggi Raffaele Fitto, ieri Matteo Renzi e Giuseppe Conte, l’altroieri Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli, si direbbe not very well. L’inglese è la bestia nera dei politici de noantri. Anche quando si vede che l’hanno studiato, che si sono applicati, che si sono preparati, che si sono fatti aiutare, che non sono voluti andare allo sbaraglio leggendo da un gobbo, che hanno corso il rischio degli occhi strabici in tv, l’esperanto del mondo non è proprio il modo di esprimersi preferito dei nostri rappresentanti. Il che, evidentemente, è un guaio. Anche per la nostra tanto citata reputazione internazionale.
Raro, rarissimo, trovare uno dei nostri che lo parli fluentemente. Così, viene subito in mente che quando Mario Draghi divenne premier, il 13 febbraio 2021 da salvatore della patria dopo il periodo più buio del Covid, giornali, osservatori, addetti ai lavori e parlamentari si levarono in piedi ad applaudirlo unanimemente anche perché lo sapeva parlare bene, questo maledetto inglese. Del resto, era o non era l’uomo del salvataggio dell’euro “whatever it takes“?
Oggi, però, siamo punto e a capo. Raffaele Fitto, ieri, 12 novembre 2024, ha sostenuto l’esame per diventare commissario europeo davanti ai parlamentari Ue. Non si sa se l’abbia superato o meno. Ma si sa che il suo inglese è stato giudicato maccheronico, didascalico, scolastico. Insomma, bene che gli vada, da sei meno meno.
Fitto e gli altri politici alle prese con l’inglese: un tabù
E insomma: partendo dall’attualità. La nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente e commissario europeo è davvero una via crucis. Prima perché il governo Meloni ha rischiato di spaccarsi sulla sua indicazione; poi per il braccio di ferro che ne è conseguito per le deleghe che avrebbe dovuto avere; e ora per l’esito dell’esame il quale, diciamola tutta, al di là dei mal di pancia degli europarlamentari socialisti, è una formalità, ma pur sempre un qualcosa che bisogna affrontare. Parlando in inglese.
Per questo, già nelle settimane che hanno preceduto la sua nomina, appena spogliatosi dai panni di ministro per gli Affari europei e il Pnrr, Fitto ha cominciato a prendere lezioni per rispolverare il suo inglese. Ne hanno scritto tutti i giornali su evidente indicazione del suo stesso staff, in quanto si voleva far trapelare la notizia che lui, davanti alle polemiche politiche, era sicuro del fatto suo: sarebbe andato a Bruxelles a rappresentare l’Italia nella squadra di Ursula von der Leyen.
Ora, è appeso a questo discorso. Bocciato, manco a dirlo, dal Fatto Quotidiano non solo per i suoi contenuti:
Il precedente di Matteo “Shish” Renzi
Il Fatto Quotidiano ha rilanciato sul suo canale YouTube il discorso di Raffaele Fitto facendo subito un parallelo con un altro politico che considera come un belzebù: Matteo Renzi. Correva il 2014, lui aveva 39 anni ed era premier, quando in una conferenza internazionale gli uscirono degli strafalcioni uno dietro l’altro. Uno su tutti: il “shish” con cui, in realtà, intendeva “she” (lei, terza persona singolare) che sui social divenne un tormentone, come ben ricorda l’utente Formula1 su YouTube
Per Renzi restò una macchia, quel discorso, con gli sguardi smarriti di Marianna Madia e Sandro Gozi che – loro sì – dicevano più di mille parole. Al punto tale che, da lì a poco, nel corso di una assemblea del Pd, il partito di cui all’epoca era segretario, Renzi stesso non potette non metterla sul ridere
“Che chiediate a me lezioni di inglese, ragazzi…Shish!”
Qui è l’agenzia Vista che lo immortala
I tormentoni sui social, da Rutelli in poi
E comunque, gli strafalcioni in inglese dei politici sembrano fatti apposta per i meme, i post, i commenti scandalizzati e il sarcasmo. Anche se sono stati pronunciati prima della diffusione e la moltiplicazione dei social. Questo Berlusconi annata 2008 con George W. Bush, ad esempio, chi se lo ricordava? Eppure su YouTube, grazie a Archivi di Paglia, vive e lotta assieme a noi
Se poi metti le performance una dietro l’altra, ripescando anche Francesco Rutelli, allora si vuole proprio infierire. Era il 2007, e l’ex sindaco di Roma, all’epoca ministro dei Beni culturali, invitava il mondo a visitare le bellezze italiane in questo modo (condiviso su YouTube da Anecoico)
La conferenza di Mario Draghi, la gag col giornalista
Eppure, è venuto un momento in cui la politica si è presa la sua bella rivincita. Dicembre 2021, conferenza di fine anno di Mario Draghi presidente del Consiglio. Un giornalista di una tv straniera gli chiese se poteva fare la domanda in inglese: “Certo, poi la traduco io per te”, rispose scherzosamente l’ex premier scatenando applausi e risate della sala stampa. “Se volete, posso farla anche in italiano”, riprese allora il giornalista. “Evvai!”, chiosò Draghi. Per la serie: basta che ci capiamo.
Ora: senza far riferimento al politichese che fu o addirittura all’ambizione del fascismo di italianizzare tutti gli inglesismi, compreso goal allo stadio che divenne rete, il problema rimane proprio questo: quando parlano i politici, qualsiasi lingua utilizzano, si capiscono?