Martina ha compiuto 17 anni lo scorso gennaio. Ha grandi occhi chiari e un sorriso contagioso. Una delle sue qualità? Sicuramente è determinata. Ma non solo: è anche testarda. Tanto da raggiungere molti traguardi nonostante la sua patologia. Infatti Marty- come la chiamano affettuosamente i suoi familiari- ha una malattia rarissima e degenerativa, di cui si contano circa 80 casi in tutto il mondo e meno di 10 in Italia: la SPG50, che le provoca un grave ritardo psicomotorio.
“Martina è nata apparentemente sana, dopo una gravidanza senza alcun problema. Quando aveva circa un anno ci siamo resi conto che qualcosa non andava, dato che aveva iniziato a soffrire di convulsioni febbrili e non teneva il capo in posizione eretta” racconta a TAG24 la madre, Jessica Pizzamiglio.
La diagnosi, però, è arrivata dopo molto tempo. “Per 12 anni abbiamo brancolato nel buio, intervenendo di volta in volta sulle problematiche di Marty, senza terapie mirate. Poi la telefonata dalla dottoressa del Besta di Milano, istituto a cui mi sono rivolta come ultima spiaggia”.
La storia di Martina, ragazza di 17 anni con un malattia rara: la SPG50
Nel 2020 Jessica ha saputo quale fosse la malattia genetica a cui nessun medico, fino a quel momento, era riuscito a dare un nome: una paraplegia ereditaria degenerativa. Eppure, nonostante questa svolta, l’incertezza legata alla malattia non si era dissolta.
“Mi sono chiesta: e adesso cosa faccio? Ho digitato su internet SPG50 e ho scoperto che al Children’s Hospital di Boston stavano facendo uno studio clinico proprio sulla malattia di Martina. Ho deciso quindi di contattare il dottor Ebrahimi, il medico che la stava portando avanti, in realtà senza troppe speranze. Invece lui mi ha risposto dopo due ore, chiedendomi se volevo entrare a far parte dello studio” racconta Jessica.
La ricerca punta a individuare un farmaco che possa bloccare la degenerazione della malattia. Entrando a far parte dello studio, Jessica ha potuto inviare il DNA di Martina negli Stati Uniti. Ora sua figlia è seguita dall’IRCCS Stella Maris di Pisa. La famiglia vive a Orzinuovi, in provincia di Brescia.
Oltre a questa possibilità arrivata da Boston, però, per Martina e per altri bambini con la stessa malattia rara si è accesa una nuova speranza, per la quale Jessica sta raccogliendo fondi tramite la sua associazione.
La raccolta fondi e l’associazione “Un raggio di sole per Marty”
Nel 2021, dopo aver ricevuto la diagnosi, Jessica ha fondato l’associazione “Un raggio di sole per Marty”. Un nome scelto non a caso.” Io l’ho sempre chiamata raggio di sole, perché lei è questo per me, illumina il mio mondo. Ho pensato fosse arrivato il mio turno di fare qualcosa per lei” racconta.
Il primo obiettivo dell’associazione è stato proprio quello di raccogliere fondi da donare alla ricerca: 30mila euro. Poi però “Un raggio di sole per Marty” è diventata anche un punto di riferimento per le persone con disabilità della zona.
“Oltre a donare alla ricerca abbiamo portato avanti anche altri progetti, come i campi scuola estivi gratuiti per le famiglie. Un bambino disabile d’estate è condannato a starsene a casa: so bene cosa significa. Abbiamo pensato a un modo per aiutare i genitori e stare tutti insieme” spiega.
Una palestra multimediale immersiva, utilizzabile anche da ragazzi in sedia a rotelle come Martina, è un altro progetto realizzato e inaugurato pochi giorni fa. Ma ora l’associazione sta perseguendo un nuovo, importantissimo obiettivo, racconta la sua fondatrice.
La speranza di una terapia
“Terry, il papà di un ragazzino che ha la stessa malattia di Martina, ha fondato in Texas Cure AP-4, un’organizzazione no-profit, ed è riuscito a trovare una terapia genica che ha benefici sui bambini con SPG50” sottolinea mamma Jessica.
“La cura è stata somministrata innanzitutto a suo figlio, poi ad altri bambini e sta risultando efficace. Solo che in Italia, per l’uso compassionevole (ossia al di fuori delle terapie cliniche, ndr) la terapia è stata respinta” prosegue Jessica.
La soluzione? Far partire uno studio clinico, che però ha dei costi e prevede una procedura precisa. È questo il prossimo step per cui sta promuovendo raccolte fondi, dopo aver promosso il congresso sulla SPG50 allo Stella Maris di Pisa alla presenza del dottor Ebrahimi.
“A gennaio 2025 sottoporrò ad AIFA lo studio clinico” spiega Jessica. “L’Agenzia Italiana del Farmaco avrà due mesi di tempo per decidere se autorizzarlo oppure no. Questo passaggio costa 30mila euro, c’è un team che ci sta lavorando. Dopodiché, se lo studio dovesse essere approvato, abbiamo già un ospedale pronto ad aiutarci e il supporto da parte di Telethon, ma non so se i costi saranno totalmente coperti”.
Martina, però, potrebbe non partecipare alla sperimentazione. “Lei è grande ormai, non è detto che venga inclusa, ma non posso non provarci. Altrimenti si cureranno gli altri bambini” afferma.
La malattia come ‘uno tsunami’ e la forza per affrontarla
Jessica non si è mai arresa. Ha sempre pensato di voler trasformare il dolore per la malattia rara di Martina in qualcosa di bello.
“Quando pensi al primo figlio lo immagini perfetto. La notizia della malattia è arrivata come uno tsunami. All’inizio, quando andavo in giro con Martina, tutti mi guardavano e io avrei voluto sprofondare: quegli sguardi mi uccidevano. Ora, se inizia a cantare in mezzo alla strada, io la seguo. Non mi interessa se qualcuno mi guarda: sono andata oltre. Non è di certo semplice: però l’associazione è stata terapeutica, per me in primis”.
Di recente Jessica Pizzamiglio è stata invitata a parlare di disabilità nelle scuole. “I bambini di oggi sono gli adulti di domani e io voglio sensibilizzarli sull’argomento” sottolinea. “Se fossi rimasta seduta sul mio divano a piangermi addosso, tutto questo non sarebbe successo. Per fortuna c’è tanta gente che vuole fare del bene e che ci aiuta”. Come una sua amica, che ha perso il figlio Michael in un incidente stradale e, in occasione del memorial in suo onore che si tiene ogni anno, raccoglie fondi per l’associazione.
Da soli non si va da nessuna parte: Jessica ne è più che mai convinta. “Lei ricorda suo figlio facendo del bene per Martina: è una bellissima catena”.
Mamma Jessica porta avanti tutti i progetti alla luce del sole, nella totale trasparenza: “Avrei potuto chidere soldi tramite GoFund-me, ma non ho voluto. Ho creato uno statuto e non sono io il tesoriere dell’associazione. Su Facebook, poi, pubblico tutto: quanto ci è stato donato e per cosa sono stati spesi i soldi“. Ci sono giornate ‘no’, ma sulle pagine social ha deciso di far vedere solo gli aspetti positivi della vita di Martina, pensando anche a quali sarebbero i desideri di sua figlia.
“Lei è sempre sorridente e in questi anni ha fatto tanti progressi. Perché non mostrarli? Si muove con un deambulatore, anche se a fatica, mentre a causa della sua patologia non dovrebbe camminare. Parla e si fa capire: altro elemento insolito per la malattia. In famiglia siamo testardi, quindi siamo passati da indicare l’acqua a chiedere ‘Mi dai l’acqua per favore?’, altrimenti non arriva. Martina non è autosufficiente, bisogna seguirla 24 ore su 24 e stimolarla continuamente, ma ha conquistato tanto. Poi è tenerissima e coccolona” racconta con dolcezza.
Jessica è diventata mamma a 26 anni. Era molto giovane quando un medico, al telefono, le aveva detto un po’ spazientito: ‘Signora, non sappiamo cos’abbia sua figlia, è qualcosa di genetico, non posso dirle di più’.
“In quel momento mi è caduto il mondo addosso. Ma ora so che a tutto c’è un perché, niente avviene per caso. Io penso sempre positivo: me l’ha insegnato Martina, la mia maestra”.
Un’altra storia di resilienza e coraggio è quella di Matilde e Margherita, due sorelle che condividono la stessa malattia rara, la PIG-N.