“Il mondo spezza tutti e poi molti sono forti nei punti spezzati” scriveva Ernest Hemingway. In una parola la capacità delle singole persone, dei gruppi e delle comunità è la resilienza, un termine che è andato di moda durante la pandemia e subito dopo ma va bene per ogni stagione.
La crisi economica che ci accompagna da anni, le guerre in molte parti del mondo e anche vicino a noi, le ondate di immigrazione, le catastrofi naturali hanno stimolato sempre più ad occuparsi della resilienza. Sull’argomento sono usciti alcuni libri e tra questi è da segnalare il volume di Patrizia Meringolo e Moira Chiodini con Giorgio Nardone che si intitola “Che le lacrime diventino perle” edito da Ponte alle Grazie.
Un libro-invito a cercare le energie in noi stessi nei momenti più bui
Scrivono che è nei momenti di crisi e di sofferenza che gli individui, i gruppi, le associazioni devono trovare in se stessi le energie per andare avanti e possono farlo dimostrando elasticità e assorbendo l’urto dell’evento negativo per indirizzarlo verso traiettorie differenti, costruttive invece che distruttive. E questo modo di agire è chiamato resilienza che, scrivono gli autori, in termini psicologici è un processo di creazione, di competenze, nuovi obiettivi e fiducia in sé necessari per affrontare una prova, riprendersi e uscirne rafforzati. In tempi di incertezza ed emergenza la parola resilienza si è imposta nel linguaggio.