Anche gli attori più apprezzati hanno avuto inizi difficili. È la storia di Hollywood a dirlo, un mondo a parte dove la competizione e il confronto con l’altro sono il pane quotidiano, con tutto ciò che di negativo questo porta con sé. Ne sa qualcosa anche una star lanciatissima come Timothée Chalamet che, in una recente intervista, racconta di esser stato criticato per il suo fisico, all’inizio della carriera, in forme più o meno velate di body shaming.
L’attore di “Dune” spiega come sia uscito da una spirale che rischiava seriamente di compromettere il suo futuro nel cinema, facendo di quelli che gli venivano imputati come difetti i suoi punti di forza. Ad apprezzarli, in particolare, un cinema indipendente in grado di valorizzarli anziché bocciarli in favore di modelli stereotipati.
Un destino, quello del divo americano, comune a moltissimi grandi nomi della Mecca del cinema, di ieri e di oggi. Celebrità insospettabili finite nella gogna di un ambiente in cui l’aspetto estetico conta tanto se non tutto.
Timothée Chalamet e il body shaming subito all’inizio della carriera
Il paradosso è che, oggi, Timothée Chalamet è considerato un sex symbol in piena regola.
Una fama favorita da ruoli caratterizzati da un lato romantico evidente. Dal ragazzo che scopre la propria identità sessuale in “Chiamami col tuo nome” di Luca Guadagnino, al Theodore ‘Laurie’ Laurence, innamorato respinto da ‘Jo’ March in “Piccole donne“, fino allo stesso Paul Atreides di “Dune“, eroe prescelto dal destino grandioso quanto segnato dal dolore.
Il suo fisico androgino e il suo volto spigoloso, accompagnati da uno sguardo ammaliante e deciso al tempo stesso, gli hanno conferito un successo che dà lustro a Hollywood ma di cui quella stessa industria stava per privarsi, quando l’attore iniziava a muovere i suoi primi passi al suo interno.
È lui stesso a confessarlo in un’intervista rilasciata a Zane Lowe di Apple Music nella quale ricorda le risposte che si sentiva dare dai responsabili dei casting quando prendeva parte a provini per i grandi blockbuster dell’epoca.
“Se facevo un’audizione per “Maze Runner” o “Divergent” o altri film di questo tipo che stavano spuntando quando stavo iniziando, la risposta era sempre la stessa: “Non hai il corpo giusto”. Il mio agente mi chiamava e mi diceva: “Devi ingrassare”. Non in maniera aggressiva ma non era piacevole”.
L’attore sottolinea di aver trovato la strada per affermarsi proprio grazie a film più personali, realizzati da autori indipendenti come Luca Guadagnino (“Chiamami col tuo nome” e “Bones and all“) o Greta Gerwig (“Lady Bird” e “Piccole donne“). Film che gli hanno conferito la necessaria fiducia in se stesso da arrivare alla sua condizione attuale che gli consente di “non accettare un ‘no’ come risposta“.
.@RealChalamet joins @zanelowe to break down his experience playing Bob Dylan in the upcoming film, A Complete Unknown. Watch the full interview here: https://t.co/9NTAEEdPf7 pic.twitter.com/NzzIjAFCmJ
— Apple Music (@AppleMusic) November 11, 2024
Timothée Chalamet, in quali film lo vedremo nei prossimi mesi
Pellicole come “A complete unknown” nella quale si cimenta con la storia di una vera e propria leggenda della musica e della cultura pop in generale come Bob Dylan.
La mimesi dell’attore con il cantante Premio Nobel per la Letteratura nel 2016 ha colpito fin dalle prime anticipazioni giunte dal set della pellicola diretta da James Mangold.
Nell’intervista ad Apple music l’attore fa un parallelismo proprio tra il suo percorso e quello di Dylan, partito dal Minnesota con il sogno di diventare una star del rock and roll al pari di Elvis e finito col diventare un’icona del folk. Una strada che Dylan scelse per trovare la proprio voce e la fiducia in se stesso, per poi diventare la leggenda della musica nota in tutto il mondo.
Due personalità diverse ma entrambe voci delle loro rispettive generazioni, quelle di Dylan e Chalamet.
Oltre al biopic sull’autore di “Like a rolling stone” e “Blowin’ in the wind“, vedremo presto l’attore statunitense con cittadinanza francese anche in “Marty Supreme“, pellicola diretta da Josh Safdie in cui Chalamet interpreta un giocatore di ping pong professionista.
Incerta, invece, la sua partecipazione a “Dune 3“, che concluderà la trilogia di Denis Villeneuve, come auspicato dallo stesso regista, tratta dai romanzi di Frank Herbert. Motivo dell’incertezza è il salto temporale tra il secondo e il terzo capitolo della saga che potrebbe rendere Chalamet inadatto a ricoprire nuovamente il ruolo di Paul Atreides.
Hollywood e il body shaming
La storia di Timothée Chalamet può apparire surreale, alla luce del suo attuale successo, ma in realtà è quasi la normalità in un contesto, quello di Los Angeles, dove “si venera tutto, ma niente ha valore“, come diceva Ryan Gosling in “La La Land” di Damien Chazelle.
Ciò che appare insolito, piuttosto, è che l’obiettivo di simili commenti al limite dell’insulto sia un uomo. Le donne, infatti, sono da sempre il bersaglio preferito di questo genere di offese, giudicate prima per il loro aspetto fisico e poi per il loro talento.
Lo sanno bene alcune attrici che hanno fatto e continuano a fare la storia di ‘Tinseltown’, a partire da una vera e propria icona come Audrey Hepburn. L’attrice di “Colazione da Tiffany” è da sempre considerata un modello di stile e raffinatezza. Merito dei suoi occhi enormi contornati da un volto dolce e aggraziato, ma anche del suo fisico longilineo.
Proprio il suo corpo venne continuamente criticato dalla stampa dell’epoca perché troppo magro. Secondo il parere non richiesto dei giornali, quell’aspetto era una conseguenza di un malessere che la diva nascondeva dietro la scusa del suo metabolismo molto veloce. Un malessere effettivamente esistente, caratterizzato da disordini alimentari probabilmente accresciuti anche dallo stress di quelle continue pressioni.
A proposito di leggende, poi, occorre ricordare quello che ha dovuto subire Meryl Streep. Proprio come Chalamet, anche l’attrice due volte Premio Oscar (su ben 21 candidature!) ha visto la sua carriera messa a rischio dai commenti decisamente inappropriati di un produttore.
Come lei stessa racconta in un post su Facebook nel 2015, il colpevole fu Dino De Laurentiis che, all’audizione per il film “King Kong” di John Guillermin, le disse senza mezzi termini (o una minima dose di educazione…) che era “troppo brutta“ per la parte (poi andata a Jessica Lange).
Nel post, l’attrice ricorda come quelle poche parole avrebbero potuto spingerla ad abbandonare i propri sogni ma che lei rifiutò di farlo, decidendo di andare avanti rifiutando quella che, scrive, era “solo un’opinione in un mare che ne contiene migliaia“. E il resto, come si suol dire, è storia.
Più di recente, è stata Kate Winslet a ricordare gli attacchi subiti una volta giunta al successo con “Titanic“. La sovraesposizione mediatica dovuta alla sua partecipazione a uno dei film più popolari della storia del cinema, al fianco per giunta di un giovane uomo che era già un sex symbol come Leonardo DiCaprio, le attirò critiche durissime per il suo aspetto fisico.
Un comportamento da parte dei media che, in un’intervista del 2022, non esita a chiamare “bullismo“, soprattutto considerando che, all’epoca, aveva solo 22 anni.
“Perché erano così cattivi con me? Avrei voluto rispondere: “Non osate trattarmi così. Sono una giovane donna, il mio corpo sta cambiando, lo sto capendo, sono profondamente insicura, sono terrorizzata, non rendete la cosa più difficile di quanto lo sia già’. Questo è bullismo, al limite dell’abuso, direi”.
Infine, anche una donna tra le più ammirate della Hollywood contemporanea come Jennifer Lawrence ha condiviso lo scorso anno il suo punto di vista sul body shaming imperante a Hollywood, di cui fu vittima ai tempi del successo di “Hunger games“.
Anche lei veniva definita “grassa” dai media ma ricorda che, per il ruolo di Katniss Everdeen (la protagonista della saga), il suo obiettivo fosse proprio quello di fornire un modello di forza e atletismo, anche per dare un esempio alle ragazze che avrebbero visto il film e si sarebbero ispirate a lei.
Conclusioni
- Body shaming e inizi difficili per Timothée Chalamet: Timothée Chalamet, oggi uno degli attori più lanciati di Hollywood grazie a ruoli in film come “Chiamami col tuo nome” e “Dune“, ha rivelato che agli inizi della sua carriera fu criticato per il suo fisico troppo magro. Tuttavia, il suo successo è arrivato grazie a film indipendenti che valorizzavano le sue caratteristiche;
- La cultura del body shaming a Hollywood: la storia di Chalamet è solo un esempio di come Hollywood giudichi i talenti, spesso privilegiando l’aspetto fisico sopra le capacità artistiche. Molti altri attori e attrici, come Audrey Hepburn, Meryl Streep e Kate Winslet, hanno dovuto affrontare critiche sul loro corpo che avrebbero potuto compromettere le loro carriere;
- Le nuove generazioni e il body shaming: oltre a Chalamet, anche altre giovani celebrità come Jennifer Lawrence hanno denunciato il body shaming subito, soprattutto in giovane età. Lawrence, ad esempio, fu etichettata “grassa” durante il successo di “Hunger Games“, ma ha sempre difeso il suo corpo, sostenendo che il ruolo di Katniss Everdeen mirasse a trasmettere un messaggio di forza e salute, non di conformità a standard estetici irrealistici.