Anche se al centro delle discussioni politiche, la Corte Costituzionale continua il proprio lavoro e oggi 12 novembre 2024 discuterà di un tema molto caro al governo di Giorgia Meloni: la legge Calderoli, quella cioè che disciplina l’autonomia differenziata. La legge è stata oggetto di un ricorso da parte di Sardegna, Campania, Emilia-Romagna e Toscana.
Le 4 regioni chiedono ai giudici della Consulta di decidere sulla costituzionalità o meno di questa riforma, mentre la Puglia ha anche aggiunto un ricorso sull’interpretazione dell’articolo 116 della Costituzione per come è stato modificato con la riforma del Titolo V.
Anche se mancante di un giudice (la cui nomina non riesce a sbloccarsi nonostante i tentativi di dialogo fra forze di centrodestra e di centrosinistra), la Corte Costituzionale è al lavoro anche per dichiarare o meno ammissibili i tre quesiti referendari che le forze d’opposizione hanno preparato dopo la raccolta firme: il referendum potrebbe aver luogo nel 2025.
Autonomia differenziata: il ricorso delle regioni in Consulta
Puglia, Campania, Toscana e Sardegna alla prova della Corte Costituzionale: oggi 12 novembre 2024, in una seduta pubblica, i giudici costituzionali discuteranno sul ricorso presentato dalle 4 regioni guidate dal centrosinistra.
Oggetto del contendere la costituzionalità della legge sull’autonomia differenziata, approvata alla Camera questo giugno. La Consulta, in più, analizzerà anche l’interpretazione del terzo comma dell’articolo 116 della Cosituzione, che disciplina le condizioni di autonomia delle regioni su alcune materie.
La legge Calderoli, introducendo l’autonomia differenziata, è andata ad incidere in maniera profonda sui rapporti fra stato e regioni, ma resta il delicato nodo politico ed economico della definizione dei Lep. I livelli essenziali delle prestazioni indicano i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, ma fra i vari governatori si discute da tempo su quali scegliere e come finanziarli.
Campania, Toscana e Sardegna hanno presentato un ricorso proprio su questo tema, mentre alla Corte Costituzionale è arrivato anche un secondo ricorso da parte della Puglia, riguardante lo stesso articolo 116 per come è stato toccato dalla riforma del Titolo V.
La Consulta deciderà poi anche sull’ammissibilità degli interventi alla seduta di domani delle tre regioni che invece hanno già chiesto al governo di devolvere alcune materie (come la Protezione Civile), e cioè Piemonte, Lombardia e Veneto. Anche la presidenza del Consiglio vorrebbe esporre i propri pareri sulla bontà della riforma approvata giusto qualche mese fa.
Il referendum contro l’autonomia differenziata è stato un successo di tutte quelle forze non convinte di questo progetto, definito “spacca Italia”, e nel 2025 (fra aprile e giugno probabilmente) si potrà andare a votare su tre quesiti che la stessa Corte Costituzionale dovrà vagliare prima di definirli ammissibili.
Recentemente il governatore del Veneto Luca Zaia aveva espresso, in toni più pacati del suo collega leghista Claudio Borghi, una critica sul referendum in sé, difendendo la scelta dell’autonomia differenziata per la regione veneta:
Penso che questo referendum, nel rispetto ovviamente dell’istituto referendario, sia un referendum inappropriato. Se mai capiterà che verrà approvato, ci confronteremo rispetto ad un referendum che vorrebbe eliminare non un Ddl, ma una legge dello Stato, perché questa è già legge, è già operativa.
A favore o contro la riforma costituzionale: le posizioni dei partiti
Come accennato, le regioni che hanno presentato ricorso alla Consulta sono tutte guidate attualmente da esponenti del centrosinistra ed esclusa Toscana e Sardegna, due di esse sono alle prese con scossoni politici non irrilevanti (l’Emilia-Romagna è pronta alle elezioni regionali, la Campania sembra pronta a dare al governatore De Luca la possibilità del terzo mandato, nonostante la contrarietà del PD).
La questione dell’autonomia differenziata è diventata quindi politica, in quell’accezione particolare di dividere il problema in due campi netti ed inconciliabili.
Dal centrodestra si ricorda che già la riforma del Titolo V della Costituzione agli inizi del 2000 aveva aperto alla possibilità di perseguire il federalismo o un’autonomia maggiore delle regioni, indicando anche che in passato (2019) la stessa Emilia-Romagna aveva accettato di discutere del governo di ridefinire i propri ambiti di competenza.
I partiti sembrano comunque discutere principalmente di soldi, spiegando agli indecisi o alle persone a digiuno dell’argomento che la riforma costituzionale si ridurrà a quanto ogni regione riuscirà ad incassare dalle imposte e quanto dovrà poi spostare al governo centrale.
Specie la Lega indica anche che i Lep (riconfigurati nella misura da loro desiderata) daranno un metro molto più efficiente nel capire come ogni regione si comporta e usa le proprie risorse.
All’interno del centrodestra ci sono alcune posizioni più fredde sull’autonomia differenziata, come nel caso di Forza Italia. Le regioni che hanno puntato su questa riforma sono tutte di centrodestra, con il governatore veneto Luca Zaia il suo più convinto assertore, mentre il forzista vicepremier (e leader di FI) Antonio Tajani ha suggerito che il commercio con l’estero rimanga prerogativa statale e non regionale.
I motivi dello scontro fra regioni e governo sull’autonomia differenziata
Uno dei motivi principali che hanno animato il dibattito fra partiti d’opposizione e quelli al governo (ma sottotraccia anche all’interno di questi) è capire come la definizione dei Lep andrà ad impattare poi sulla realizzazione concreta dell’autonomia differenziata.
In molti hanno indicato che il governo sembra anche tendere in due direzioni opposte, spingendo da un lato per il premierato (introducendo quindi un presidente del Consiglio molto più “forte” rispetto ad oggi), mentre dall’altro concede ampia discrezionalità alle regioni su temi certamente sensibili per la vita quotidiana di tutti, dalla sanità all’approvvigionamento energetico.
Nonostante il Covid-19, il nostro sistema sanitario nazionale non è riuscito a cambiare passo e soffre degli stessi problemi che negli anni passati sono stati indicati come molto gravi: la mancanza di medici ha costretto il ministro della Sanità Schillaci a chiamare medici a gettone dall’India o da Cuba. La sanità è il tema principale sul quale le opposizioni hanno costruito la propria contrarietà alla riforma promossa da Giorgia Meloni.
D’altro canto però sfugge che questa riforma è figlia anche degli attuali tempi politici, che agitano davanti a tanti cittadini e cittadine disilluse e preoccupati l’idea che riportando a livello regionale/locale determinati servizi si possa migliorarli.
Le istituzioni a livello nazionale vengono percepite come lente, bloccate dalla troppo burocrazia se non addirittura dalla corruzione. Da ciò deriva “restituire” ai cittadini un modo per incidere su argomenti come la sanità, per l’appunto, ma anche il commercio con l’estero o la manutenzione delle infrastrutture: come farà però lo stato a raccogliere le tasse necessarie per quei servizi che avocherà a sé quando tante regioni si tireranno fuori da alcuni ambiti?
E quanto tempo ci vorrà per definire i Lep in modo da accontentare le necessità di tutte le regioni? Il referendum sull’autonomia differenziata è programmato per il 2025 e probabilmente il governo ha intenzione di chiudere la partita in modo da non risentire da un eventuale no referendario.
I 3 punti salienti dell’articolo
- Ricorsi delle regioni sulla legge Calderoli: la Corte Costituzionale discuterà il 12 novembre 2024 della costituzionalità della legge sull’autonomia differenziata (legge Calderoli), contestata da quattro regioni governate dal centrosinistra (Sardegna, Campania, Emilia-Romagna e Toscana). Le regioni richiedono un pronunciamento sui cambiamenti apportati all’articolo 116 della Costituzione e sui Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep), temi centrali per l’attuazione dell’autonomia differenziata.
- Riferendum e tensioni politiche: il referendum contro l’autonomia differenziata, previsto per il 2025, è stato promosso dalle forze di opposizione e potrebbe dividere ulteriormente il panorama politico. Le critiche al progetto riguardano principalmente le disuguaglianze regionali che potrebbe accentuare, con preoccupazioni legate alla gestione dei servizi essenziali, come la sanità, e alla distribuzione delle risorse fiscali tra stato e regioni.
- Implicazioni politiche ed economiche: l’autonomia differenziata solleva dibattiti sul futuro del federalismo in Italia, con il centrodestra che difende la riforma, sostenendo che darà maggiore efficienza alla gestione locale dei servizi, mentre il centrosinistra la vede come un potenziale elemento di divisione. La riforma impatta anche sul sistema sanitario, con la sanità e i servizi pubblici come temi principali di scontro, mentre la definizione dei Lep resta un nodo cruciale per il governo.