Bada a come parli. Anzi: bada a come punti la telecamera e dici “Ciak, si gira”. L’ultimo diktat dei politici preoccupati di fare bella figura arriva a proposito delle serie tv e delle fiction che scelgono come scenario i comuni che amministrano.

Il fatto è che spesso e volentieri le produzioni si mettono all’opera per ricostruire delitti, fatti di sangue, fenomeni di macrodelinquenza. E insomma: è il sangue che fa vendere. Ma proprio per questo i primi cittadini sono allarmati: non vogliono assolutamente che le città che amministrano, grandi o piccole che siano, vengano macchiate, secondo loro, per sempre da immagini che poi rimangono nell’immaginario collettivo, per cui Perugia finisce per essere sic et simpliciter la città del delitto Meredith; Avetrana il paesino di Sarah Scazzi; Cogne il borgo della villetta di Annamaria Franzoni; Napoli Gomorra-city.

Nessuno vuole passare per il brutto, sporco e cattivo. Perché la fiction può essere più importante della realtà nel teatrino della politica. Per la serie: l’abito fa il monaco. Così, la lettera della sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi che chiede scusa ai suoi concittadini per aver concesso di girare cinque scene in città alla produzione della serie tv che ricostruisce il delitto di Meredith Kercher non può destare più di tanto meraviglia. Come il grido d’allarme raccolto da Tag24.it dell’attuale sindaco di Cogne, Franco Allera, che appena sente parlare del delitto del piccolo Samuele allarga le braccia e si abbandona allo sfogo: “Ancora?! Bastaaa!”

La politica contro le fiction che danneggiano l’immagine delle città

E comunque: da giorni sta facendo discutere la lettera aperta della sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi, pentita di aver dato il permesso per girare cinque scene nel capoluogo umbro di “Blue moon”, la serie tv sul delitto di Meredith Kercher. Tanto da chiedere pubblicamente scusa:

“Perugia mia, scusami. Voglio chiederti scusa nonostante io abbia scelto pensando di fare il meglio per te, per tutelarti”

A ciak fatti, Ferdinandi ha confessato che si è resa conto di aver riaperto una vecchia ferita. Questo, nonostante “Perugia sia ripresa nella sua bellezza, le sue piazze, i suoi vicoli e verrà raccontata per quello che è: un luogo di vita e di desiderio in cui i giovani vengono a sognare. Lo abbiamo chiesto e ottenuto da contratto. Ho incontrato personalmente la produttrice e ho chiesto rispetto per la memoria di Meredith e di Perugia”.

Meredith era una studentessa americana. Fu uccisa il primo novembre 2007 e per il suo omicidio prima furono accusati e poi assolti altri due universitari: Raffaele Sollecito e Amanda Knox.

Ma, diciamoci la verità (che dovrebbe essere scontata tra l’altro): Perugia, in tutto questo, c’entra poco o niente. Quel delitto avrebbe potuto consumarsi in qualsiasi altro comune. Ma tant’è: la sindaca, “per contratto”, ha voluto che si parlasse della città solo bene.

Il caso Avetrana

Solo qualche giorno prima del caso di Perugia, ha fatto discutere quello di Avetrana. Qui si è passati direttamente alle vie legali. La serie tv “Avetrana. Qui non è Hollywood” sull’omicidio di Sarah Scazzi, la 15enne uccisa e gettata in un pozzo il 26 agosto del 2010, era prevista dal 25 ottobre sulla piattaforma Disney+, ma per ora è stata fermata dal Comune:

“Al giudice sono apparse legittime le rimostranze del Comune di Avetrana poiché l’operazione avversata potrebbe arrecare pregiudizio alla sua immagine, intesa come espressione positiva di valori culturali e di risorse socio-economiche identitarie di una popolazione”

dixit, in avvocatese, il legale del Municipio.

Il caso Napoli

Sta di fatto che questa preoccupazione di dare una buona immagine di sé non coinvolge solamente piccole realtà, scenario – loro malgrado – di fatti di sangue che hanno conquistato le cronache nazionali e colpito l’immaginario pubblico.

Ogni mondo è paese. Anche Napoli. Qui, nel 2017, in piena epopea della serie tv Gomorra e in pieno regno di Luigi De Magistris, il Comune – indignato per il pericolo che si rimandasse una immagine solo negativa della città fatta di clan, pistole, delitti efferati, battute a effetto entrate nel linguaggio comune (“’Mo ce ripigliamm’ tutt’ chell che è ’o nuost’ divenne persino il titolo di apertura del Fatto Quotidiano del 31 gennaio 2020), Scianel e Immortali vari – si inventò addirittura uno sportello, denominato “Difendi la città”, con questo monito:

“Ogni offesa alla città di Napoli, al fine di tutelarne la dignità, l’immagine e la reputazione, verrà perseguita attraverso l’avvocatura comunale”

Su YouTube, il trailer dell’ultima stagione di Gomorra edita da Sky è ancora visibile, naturalmente. E chissà se all’ex sindaco di Napoli che, tra uno sportello e l’altro, nel 2021, lasciò il Comune del capoluogo partenopeo con un debito di 5 miliardi di euro, ancora non vada giù.

E comunque: lo stesso De Magistris è probabile che rosichi non poco constatando che negli ultimi anni Napoli è stata scelta continuamente per serie tv, fiction e film in cui trovano spazio anche i suoi lati positivi. Da “L’amica Geniale” a “Mare fuori“, da “La mano di Dio” a “Parthenope” di Paolo Sorrentino, Napoli è diventata uno dei set preferiti delle produzioni italiane e non solo tanto che Trudie Styler, la moglie di Sting, ci ha girato un documentario e la Regione Campania sta capitalizzando una società, la Film Commission, fondata già una ventina di anni fa col compito di creare un distretto dell’audiovisivo.

Nel 2023, i risultati snocciolati dal presidente Titta Fiore sono stati questi: circa 15 milioni di euro ricaduti sul territorio e qualcosa come 170 produzioni al lavoro. Come dire: se proprio devono parlare – bene o male – di noi, almeno cerchiamo un tornaconto: “Ccà nisciuno è fesso”, diceva Totò.

Il caso Cogne

Sempre restando nel campo dell’economia, c’è da dire anche un’altra cosa a proposito di sindaci tra fiction e realtà. A Cogne, dopo l’uccisione del piccolo Samuele da parte della mamma Annamaria Franzoni il 30 gennaio 2002, si è scoperto il turismo del macabro, con le persone che hanno preso a raggiungere il piccolo centro della Val d’Aosta per scattarsi una foto con sullo sfondo la villetta dell’orrore.

Ma tant’è: al netto dei plastici nel salotto di Bruno Vespa che diedero origine a un vero e proprio filone a metà tra il televisivo e il letterario, ai piedi del Gran Paradiso, non ne possono più di essere ricordati e interpellati solo per aver fatto da scenario a quel fatto di sangue (per il quale, tra l’altro, Franzoni ha finito di scontare la pena).

Al telefono con Tag24.it, l’attuale primo cittadino Franco Allera l’ha messa così:

“Del delitto di Cogne non dico niente e non voglio nemmeno sentirne parlare. È una vicenda che si è chiusa, sono passati più di vent’anni: basta!! Ci avete davvero stressato la vita”

Ora: esiste il diritto all’oblio. Magari dovrebbe valere anche collettivamente. Ed esisterebbe anche l’intelligenza e la sensibilità di non marchiare intere comunità per singole vicende. Dopotutto, addirittura la Costituzione, all’articolo 27, sancisce che la responsabilità penale è personale: ognuno è responsabile di quello che fa, non per il luogo dove nasce e vive.

Ma, più che altro, parlando di sindaci desiderosi solo che i loro comuni siano ricordati per le cose belle, buone e giuste, viene in mente la mitica scena de “L’ultima minaccia” del 1952, con Humphrey Bogart che avverte:

“È la stampa, bellezza. E tu non puoi farci niente, niente!”

Settantadue anni dopo, basta sostituire ‘stampa’ con serie tv. O fiction.

Sindaci e fiction in quattro ciak

  • Ii sindaci sono sempre più preoccupati dell’immagine che serie tv e fiction proiettano delle città che amministrano. A Perugia, la sindaca Vittoria Ferdinandi si è scusata pubblicamente coi suoi concittadini per aver dato il via libera a cinque scene girante in città della fiction che ricostruisce il delitto di Meredith Kercher
  • Ad Avetrana, per la serie tv che si occupa del delitto di Sarah Scazzi, il Comune si è rivolto direttamente al tribunale per non mandarla in onda
  • A Napoli, all’epoca di “Gomorra – la serie”, il Comune aprì addirittura uno sportello per difendere il buon nome della città. Ma la Regione Campania ha dato vita a una società per capitalizzare fiction e serie tv ambientate in città: i risultati economici (e d’immagine) non mancano
  • A Cogne il sindaco non vuole più sentir parlare del delitto di Annamaria Franzoni. Ma lì è nato il turismo del macabro, con le persone alla ricerca della villetta del delitto per farsi una foto ricordo. Anche per questo: i sindaci possono davvero fare qualcosa per imporre una determinata immagine delle comunità che amministrano?