È attesa per domani mattina la decisione del Tribunale di Roma sul trasferimento dei sette migranti nell’hotspot italiano di Gjader in Albania.
Il secondo dei trasferimenti programmati dal Governo Meloni nell’ambito della cosiddetta Operazione Albania per diminuire la pressione sui Cpr presenti sul territorio italiano e che, a oggi, ha interessato in totale 19 migranti, 12 dei quali – trasferiti con il primo viaggio lo scorso 16 ottobre – furono subito riportati in Italia su disposizione del Tribunale capitolino che giudicò illegittimo il trasferimento e decise di annullarlo.
Una decisione che ha innescato uno dei più aspri e velenosi scontri tra Governo e Magistratura che l’Italia ricordi dai tempi in cui Berlusconi era presidente del Consiglio.
Uno scontro che non ha conosciuto tregue e che oggi, domenica 10 novembre, complice in Convegno dei giudici di Magistratura Democratica – le ‘toghe rosse’ come sono state ribattezzate da un’ampia parte della maggioranza – ha dato vita a velenosi botta e risposta a distanza tra magistrati e Governo.
Nelle prossime ore i sei giudici della sezione immigrazione del tribunale monocratico di Roma dovranno pronunciarsi nuovamente sul trasferimento del secondo gruppo di richiedenti asilo che si trovano, da venerdì 8 novembre, presso il centro di accoglienza albanese.
La tensione rischia di salire ulteriormente se la sentenza dovesse essere nuovamente avversa ai trasferimenti, tanto che alla fine oggi è intervenuto anche il Ministro della Giustizia Nordio per cercare di sedare gli animi.
Migranti Albania, domani la decisione del Tribunale di Roma
Dalla prima sentenza di annullamento della misura del Governo lo scorso 18 ottobre con cui la sezione i giudici del Tribunale di Roma disposero il rientro in Italia dei 12 migranti richiedenti asilo sono cambiate molte cose, prima tra tutte la legge.
L’annullamento deciso dai giudici romani si basava sul fatto che, essendo i migranti provenienti da de paesi – l’Egitto e il Bangladesh – considerati non sicuri per le discriminazioni subite da alcuni gruppi di persone, non potessero essere rimpatriati. Da qui la necessità di portarli in Italia per valutare le richieste di asilo.
Nella sentenza i giudici avevano applicato una normativa europea, stabilita dalla sentenza del 4 ottobre 2024 della Corte di Giustizia Europea, in cui si chiariva che uno Stato non può essere considerato sicuro se non lo è per tutti i suoi cittadini, se ad esempio vengono perseguitati oppositori politici o gruppi appartenenti a minoranze etniche.
Il Governo decise quindi di correre ai ripari e approvare in tempi record un decreto legge, il Dl Paesi Sicuri contenente un elenco di 19 Paesi considerati sicuri per il rimpatrio dei richiedenti asilo giunti sulle coste italiane o intercettati al largo delle coste italiane, in cui tra l’altro figurano anche Egitto e Bangladesh.
Partita conclusa? Non proprio perché il Dl Paesi Sicuri – che tra l’altro è al centro di quattro ricorsi presentati da altrettanti tribunali italiani alla Corte UE – essendo una legge nazionale, nella gerarchia delle norme, ha una valenza inferiore rispetto a una norma comunitaria.
Quindi i giudici di Roma, domani potrebbero comunque disattendere le disposizioni del Governo e applicare la legge UE, annullando nuovamente i trasferimenti come ha spiegato nei giorni scorsi a Tag24.it, l’avvocato dell’Associazione Asgi, Salvatore Fachile.
Cosa succede se i giudici annullano i trasferimenti?
Le possibili conseguenze di una sentenza di annullamento dell’ultimo trasferimento di richiedenti asilo in Albania potrebbe esacerbare il conflitto tra le normative nazionali – il Dl Paesi Sicuri – e le leggi europee in materia. I giudici, infatti, dovranno decidere se disapplicare le disposizioni del Governo italiano in favore dell’applicazione delle normative europee o meno.
In caso di applicazione del Dl Paesi Sicuri, però, le sentenze potrebbero essere impugnabili da eventuali ricorsi per il mancato rispetto della gerarchia delle fonti del diritto. In ogni caso la decisione dei giudici innescherà una controversia giuridica e legale.
Sempre sul piano giuridico si potrebbero innescare ulteriori ricorsi legali da parte del Governo – che ha già presentato ricorso avverso alla prima sentenza – o da altri enti coinvolti.
Le conseguenze sul piano politico, invece, sono facilmente immaginabili soprattutto in caso di annullamento dei trasferimenti. In questo caso è prevedibile un ulteriore innalzamento delle tensioni tra Governo e Magistratura con un inasprirsi delle polemiche.
Le preoccupazioni del ministro Nordio e dell’Anm
Un braccio di ferro che non fa bene alla democrazia e che soprattutto rischia di innescare reazioni dagli esiti imprevedibili. Ha, infatti, espresso preoccupazione per le conseguenze della sentenza di domani anche il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) Giuseppe Santalucia.
“Temo che possa reinnescarsi una polemica che non giova a nessuno. Confido che ciò che è stato scritto nei provvedimenti già emessi possa essere letto e compreso. Si può dissentire o meno, la parola finale spetterà alla Corte di Cassazione e a quella di Giustizia, ma non c’è alcuna volontà di innescare uno scontro fazioso con le forze politiche o di politicizzazione”.
Ha detto a margine del convegno per i 60 anni di Magistratura Democratica.
Anche il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervenendo in collegamento allo stesso convegno ha auspicato un “abbassamento dei toni della politica nel criticare le sentenze” della magistratura” con cui “noi” vogliamo il dialogo.
Ma ha anche aggiunto:
“La magistratura è chiamata ad applicare le leggi. Altro problema è la critica al merito politico e al contenuto delle leggi una volta che sono state approvate e Mattarella è stato chiarissimo su questo”.
Insomma un appello bipartisan ad abbassare i toni dello scontro alla vigilia della decisione sul secondo trasferimento in Albania, il primo dopo l’approvazione del Dl Paesi Sicuri.
#Nordio al convegno per i 60 anni di @MagDemocratica: “Vogliamo il dialogo con la #magistratura. Mi auguro che nel confronto futuro la magistratura critichi meno il merito politico delle leggi, e che la politica abbassi i toni nel criticare le sentenze" pic.twitter.com/NmOaOhhsvw
— Ministero Giustizia (@minGiustizia) November 10, 2024
Sale la tensione dello scontro politico
Una vigilia carica di tensione e le polemiche delle ultime ore sicuramente non contribuiscono a rasserenare il clima.
Dal palco di Magistratura Democratica non sono mancati i riferimenti al Governo e alle ultime settimane di attacchi.
La Presidente di MD, Silvia Albano al centro delle polemiche proprio per il caso Albania ha dichiarato:
“Il fatto che chi cerca di applicare la Costituzione venga appellato come ‘giudice comunista’ mi preoccupa molto per lo stato della nostra democrazia e per il suo futuro. In tasca non abbiamo il libretto di Mao né il Capitale di Marx, ma la Costituzione”.
Non si è fatta attendere la risposta del vicepremier Matteo Salvini che anche oggi ha tweetato contro i ‘giudici comunisti’.
“Quei giudici, pochi per fortuna, che invece di applicare le leggi le stravolgono e le boicottano dovrebbero avere la dignità di dimettersi, di fare politica con Rifondazione Comunista. Sono un problema per l’Italia”.
Quei giudici, pochi per fortuna, che invece di applicare le leggi le stravolgono e boicottano, dovrebbero avere la dignità di dimettersi, di cambiare mestiere e di fare politica con Rifondazione Comunista. Sono un problema per l’Italia. pic.twitter.com/WFIKRs9ALI
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) November 10, 2024
Uno scontro su cui si innesca un ulteriore elemento, ovvero, la riforma della giustizia che il Governo Meloni sta portando avanti tra le critiche dell’opposizione e una parte della magistratura.
“La riforma della giustizia non vuole subordinare i magistrati al Governo Meloni, ma garantire che i giudici agiscano come arbitri e non come giocatori”.
Ha scritto il deputato di Fratelli d’Italia Tommaso Foti.
La riforma della giustizia non vuole subordinare i magistrati al Governo Meloni, ma garantire che i giudici agiscano come arbitri e non come giocatori. pic.twitter.com/elLcMTVura
— Tommaso Foti (@TommasoFoti) November 9, 2024
L’Operazione Albania è quindi il cuore di uno scontro politico e giuridico che va ben oltre la questione dei singoli migranti. Le sue implicazioni riguardano il rapporto tra potere esecutivo e giudiziario, la legge nazionale contro le norme europee.
La decisione di domani del Tribunale di Roma potrebbe segnare un nuovo capitolo di questa tensione, con il rischio che le polemiche si intensifichino ulteriormente.
Il caso Albania in cinque spiegato in cinque punti
Ecco una sintesi in cinque punti della situazione riguardante il trasferimento dei migranti nell’ambito dell’Operazione Albania:
- 1. Decisione del Tribunale di Roma: Domani il Tribunale di Roma dovrà decidere sul trasferimento di sette migranti nell’hotspot di Gjader, in Albania, nell’ambito della “Operazione Albania” avviata dal governo Meloni per ridurre la pressione sui centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) in Italia.
- 2. Controversie legali: La precedente sentenza del 18 ottobre ha annullato il trasferimento di 12 migranti, stabilendo che non possono essere rimpatriati da paesi considerati non sicuri come Egitto e Bangladesh, in base a normative europee.
- 3. Dl Paesi Sicuri: In risposta alla sentenza, il governo ha approvato rapidamente un decreto legge che elenca 19 paesi considerati sicuri per il rimpatrio. Tuttavia, questo decreto potrebbe non avere valore legale superiore rispetto alle normative europee.
- 4. Tensioni politiche e giudiziarie: La situazione ha innescato un acceso scontro tra governo e magistratura, con critiche reciproche e preoccupazioni.
- 5. Implicazioni future: La decisione del tribunale potrebbe intensificare le polemiche politiche e giuridiche in Italia, sollevando questioni più ampie sul rapporto tra leggi nazionali ed europee e sulla protezione dei diritti dei migranti.