Mancano pochi giorni al 15 novembre 2024, giorno in cui molte sigle studentesche e sindacali legate al mondo dell’insegnamento hanno indetto uno sciopero studentesco nazionale.
Obiettivo delle manifestazioni è chiedere al governo di cambiare quella parte di legge di bilancio che non permette alle scuole, alle università e alle altre tipologie di istituti in Italia di adottare quegli interventi che pure ne aiuterebbero il funzionamento.
Fra le sigle studentesche rientra anche quella comunista di Cambiare rotta, che oggi 10 novembre 2024 ha fatto affiggere in alcuni punti di Bologna diversi manifesti, con i volti della premier Giorgia Meloni e della ministra per l’Istruzione Anna Maria Bernini macchiati da una mano rossa.
Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno subito chiesto alla sinistra la condanna di un gesto che viene visto come un’intimidazione nei confronti delle due politiche. Il fatto che questo manifesto sia apparso nella città felsinea dopo gli scontri di ieri 9 novembre aumenta ancora il tenore delle dichiarazioni politiche.
Sciopero nazionale studentesco il 15 novembre 2024: quali sono i motivi
Si preannuncia un autunno all’insegna delle contestazioni al governo e alla sua legge di bilancio. Mentre il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è impegnato a limare il testo anche in base alle richieste dei partiti di maggioranza, ci sono alcune categorie sociali poco o nulla soddisfatte di quanto l’esecutivo di Giorgia Meloni ha deciso.
Fra questi rientrano studenti e professori, che dopo la mobilitazione del 31 ottobre hanno indetto uno sciopero nazionale per il 15 novembre 2024. In tutte le grandi principali città italiane le manifestazioni sono incentrate sul chiedere risorse aggiuntive per i rinnovi contrattuali 2022-2024 e per aumentare il potere d’acquisto degli insegnanti, i cui salari da anni ristagnano nonostante l’inflazione sempre in agguato.
Tommaso Martelli, coordinatore nazionale dell’Unione Degli Studenti, ha spiegato il motivo per il quale questo movimento scenderà in piazza, adducendo come uno dei motivi principali il fatto che il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sarebbe sordo alle richieste che provengono dalle scuole italiane:
Il 15 Novembre, come studenti, scioperiamo per chiedere una riforma della rappresentanza che dia voce al corpo studentesco, vista la completa assenza di dialogo da parte del ministro crediamo che vada costruita un’opposizione anche sul tema del rapporto scuola-lavoro, vista la riforma degli Its che rafforza l’acceleramento dell’inserimento lavorativo per gli studenti, specialmente negli istituti tecnici.
Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale della Rete degli Studenti Medi, invece sottolinea come nemmeno il lavoro di Valditara sia sufficiente. Qui il discorso si sposta su un piano più politico, con la volontà del ministro di favorire una nuova forma di educazione civica e non invece sull’identità di genere.
L’obiettivo sarebbe quello di piegare le istituzioni scolastiche a quelle lavorative e industriali, colpendo chi non si adegua o esprime le proprie perplessità:
Come studenti non possiamo più tollerare leggi come quella sulla condotta, che trasformano i luoghi dell’Istruzione in ambienti di repressione attraverso una retorica criminalizzante, o un modello di Scuola costruito sulle esigenze di mercato, tralasciando la prospettiva di formare i cittadini del Paese.
Gianna Fracassi, segretaria generale della Federazione dei Lavoratori della Conoscenza Cgil, ha infine portato anche il punto di vista degli insegnanti, specialmente quelli precari. La legge di bilancio non prevede risorse aggiuntive per i rinnovi contrattuali 2022-2024 e non pone rimedio al precariato.
Abbiamo espresso preoccupazione per i nuovi strumenti di valutazione basati su criteri selettivi e punitivi e per la revisione delle indicazioni nazionali e delle linee guida dell’educazione civica ispirate all’individualismo e al culto della nazione e del profitto. Il Governo e il Ministero dell’Istruzione e del Merito non hanno ascoltato le nostre ragioni.
I tanti concorsi, con i loro cangianti criteri e i seguenti ricorsi, pongono tanti in attesa di una cattedra che probabilmente arriverà dopo anni e che non servirà alla costruzione di un futuro solido economicamente e a livello lavorativo; pure gli studenti ne soffrono, vedendo scadere la didattica.
Manifesto shock a Bologna: Meloni e Bernini col volto insanguinato
Il rapporto fra scuola e governo non è dei migliori in questo periodo. La manovra economica non sembra dare margini di manovra per un potenziamento del ruolo degli insegnanti o un miglioramento delle strutture scolastiche italiane, così come la sospensione di Christian Raimo per le sue frasi contro il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara nemmeno rasserenano gli animi sul principio di libertà d’espressione.
Non aiuterà nemmeno il manifesto apparso oggi 10 novembre 2024 a Bologna, centro degli scontri fra Forze dell’Ordine e i cortei di CasaPound e dei centri sociali. Annunciando la partecipazione al grande sciopero nazionale di cui si è parlato poc’anzi, l’organizzazione comunista Cambiare rotta ha indetto per il 15 novembre 2024 il “No Meloni Day – Atto II”.
Questo è il seguito di un’iniziativa analoga avvenuta non molto tempo fa. Ad urtare diversi esponenti leghisti, forzisti e meloniani è il fatto che i volti della premier Giorgia Meloni e della ministra per l’Università Anna Maria Bernini siano coperti dal segno di una mano rossa, associata subito al sangue.
Da destra ciò è stato letto subito come un qualche tipo velato di minaccia, mentre Cambiare rotta ha voluto sottolineare come il sistema accademico italiano si avvalga anche della collaborazione di imprese come Leonardo, che pure vendono armi e brevetti alle forze armate israeliane: governo e università avrebbero quindi così le mani sporche di sangue.
Valditara ha additato il manifesto come esempio perfetto della “violenza come metodo di lotta politica“, lamentando anche la mancanza di condanna del gesto da parte della sinistra. Sulla falsariga di questo concetto si erano espressi in precedenza anche Lucio Malan, presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, con un tweet, aggiungendo poi:
È preoccupante che chiunque suggerisca violenza contro due donne, tanto più se lo fanno studenti universitari che dovrebbero avere qualche rudimento di cultura. È vero che ogni tanto si leggono spropositi inquietanti espressi addirittura da docenti, ma questo rende ancora più necessaria una risoluta condanna di questi manifesti da parte di tutti.
Analoga condanna viene richiesta da Forza Italia, che insieme a Fratelli d’Italia insinua che alla sinistra questo clima giovi per questioni di puro calcolo elettorale e che gli insulti alle donne in politica siano condannabili soltanto quando riguardando esponenti dem o progressiste.
Naturalmente i tre partiti di governo hanno espresso la loro solidarietà a Bernini e a Meloni; valga a titolo d’esempio ciò che il deputato e vicecapogruppo della Lega, Igor Iezzi, ha affermato in una nota:
Solidarietà a Giorgia Meloni e Anna Maria Bernini. I manifesti apparsi a Bologna ad opera di gruppi estremisti di sinistra, che raffigurano i loro volti imbrattati di rosso suonano come una intimidazione che in uno stato democratico non può avere diritto di cittadinanza, ancor più vigliacca perché rivolta a due donne.
Reazioni e tensione politiche a Bologna: cosa succede?
Il weekend per la città felsinea è trascorso, come accennato, in un clima di forte tensione che ben presto si è traslato al piano nazionale. I partiti che si stanno scontrando, infatti, non hanno perso occasione per posizionarsi ancora una volta di fronte ai propri elettori confermando le loro opinioni o idee.
Se Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega (principalmente quest’ultimi due) lamentano con toni angosciati una dialettica politica segnata da toni fuori controllo, il PD (e in misura minore AVS) si mostra concorde con le parole del sindaco di Bologna Lepore e denuncia una scarsa attenzione per la gestione dell’ordine pubblico nella giornata del 9 novembre.
Anche Bologna sarà interessata dal grande sciopero studentesco e ci si può domandare, anche alla luce del manifesto apparso oggi, se c’è la possibilità di scontri fra centri sociali e le Forze dell’Ordine, fra studenti e gruppi di destra. Sempre oggi sono arrivate diverse richieste di dimissioni per il ministro dell’Interno Piantedosi, che probabilmente cadranno nel vuoto come accaduto in altre circostanze.
Tornando al piano nazionale, la vicenda di Bologna viene utilizzata in queste ore come conferma per la destra che la sinistra (in cui confluiscono confusamente PD e centri sociali, antagonisti e manifestanti contro il cambiamento climatico) sta tirando troppo la corda aizzando i suoi sostenitori contro un governo forte del voto popolare.
Dal lato della sinistra, invece, si insiste che la prossima manovra economica acuirà le già forti tensioni sociali e che non appena c’è qualcuno che non è d’accordo con le polemiche governative viene colpito: il furore legislativo dell’esecutivo, che aumenta pene e crea nuove leggi per nuove reati, è per molti spia di un clima che in Italia si sta sempre più incattivendo.
E il manifesto con i volti insanguinati di Bernini e Meloni ne è solo l’ultimo esempio.