Le parole sono pietre: Carlo Levi aveva ragione. E ne avrebbe ancor di più oggi ascoltando quelle che pronunciano i politici. La violenza, nel dibattito politico, ormai, la fa da padrone: vince sempre chi urla di più, chi la spara più grossa, chi inventa l’hashtag più polarizzante.
Ma contro questa deriva non si può nulla? Forse una via d’uscita l’ha indicata Geppi Cucciari, intervenuta mercoledì, 6 novembre 2024, nel corso di un convegno sulla Rai, con parole molto incisive, critiche e pungenti. Ma anche ricche di ironia e humor. E per questo, per nulla violente. Come, per restare agli ultimi giorni, sono sembrate quelle di Christian Raiamo e Maurizio Landini.
L’ironia di Geppi Cucciari, una lezione contro la violenza verbale dei politici
Ma quando si è passati dal politichese alla rissa da bar no stop? In Italia, forse una data la si può segnare con la fine della Prima Repubblica e l’inizio della Seconda: correva il 1994 e la discesa in campo di Silvio Berlusconi cominciò a rompere gli argini in cui fino a quel momento si era mantenuta la comunicazione politica. Il Cavaliere irruppe in politica con la promessa di voler distruggere il vecchio “teatrino della politica” che l’uomo della strada faticava a capire. Ma il berlusconismo, quel teatrino, lo rimpiazzò con un altro. E così, dalle “convergenze parallele” di Aldo Moro si passò in breve al parlarsi sopra nei talk e a Vittorio Sgarbi: il primo campione della parolaccia in tv con l’assenso del Cav, tant’è che gli affidò, agli inizi della sua epopea politica, una striscia quotidiana su Canale 5, in orario pomeridiano, quindi non certo vietato ai minori, chiamata non a caso “Sgarbi quotidiani”.
Sul vaffa day dell’8 settembre 2007, poi, si sarebbe fondato un partito, il Movimento Cinque Stelle, che nel 2018 sarebbe diventato il più votato dagli italiani.
Ma ancora oggi: o si insulta magari evocando la violenza, o difficilmente si ha successo in politica. O, quantomeno, si è all’attenzione generale: le vicende di Christian Raimo e Maurizio Landini degli ultimi giorni, a tal proposito, sono le più significative.
Cosa hanno detto Raimo e Landini
Gli ultimi due casi che hanno riportato in Italia d’attualità il nodo della violenza nel linguaggio politico portano la firma di Christian Raimo e Maurizio Landini.
Il primo, insegnante e scrittore, nel corso di un dibattito pubblico sulla scuola alla festa nazionale di Alleanza Verdi e Sinistra della scorsa estate insultò il ministro Valditara definendolo “cialtrone, lurido, repressivo e pericoloso”. E poi lasciandosi andare così:
“È un bersaglio da colpire come si colpisce la Morte nera di Star Wars”
Raimo, poi, finì l’intervento con questa proposta:
“Bisogna fare una manifestazione non per la scuola, ma proprio contro Valditara”
Ieri ha è stato sospeso dall’insegnamento dall’Ufficio scolastico del Lazio per tre mesi con una decurtazione della metà dello stipendio. Oggi, ironia (ma della sorte), ha detto di “non avere parole” davanti a questo provvedimento che gli sembra sproporzionato.
E insomma: “Le parole sono importantiii!!”. Tutti, soprattutto i politici, dovrebbero ricordare il monito di Nanni Moretti in “Palombella Rossa”, anno 1989. Al netto degli schiaffoni, naturalmente
Trentacinque anni dopo aver girato questa scena, chi potrebbe dar torto a Moretti quando dice che “chi parla male, pensa male e vive male”?
Forse Maurizio Landini, il leader della Cgil, che, il 7 novembre, annunciando lo sciopero generale del Black Friday, ha detto:
“È arrivato il momento di una vera rivolta sociale”
A contorno dei casi Raimo e Landini, manco a dirlo, sono scoppiate le polemiche. Da una parte il centrosinistra che ha gridato alla censura e al divieto di espressione del governo; e il centrodestra a dire che Raimo e Landini sono pericolosi e non conoscono nemmeno l’educazione.
La lezione di Geppi Cucciari: ecco cosa ha detto
Ma, davanti a questo quadro, non si può nulla? Forse l’ultima speranza l’ha indicata l’altroieri, mercoledì 6 novembre 2024, Geppi Cucciari, intervenuta al convegno organizzato sulla Rai “Le sfide del servizio pubblico” nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani. Le medicine per guarire dal turpiloquio dilagante sono l’ironia e l’humor. La Cucciari è stata una vera e propria mattatrice, ma molto efficace a enunciare anche i problemi dell’azienda di via Mazzini. Ecco alcune pillole:
La prima rivolta ai politici che la ascoltavano:
“Vi starete chiedendo cosa ci faccio io qui…è la stessa domanda che gli elettori si fanno nei vostri confronti…”
Seconda dose:
“Saluto il padrone di casa, il presidente La Russa…dov’è? Eccolo! L’ho riconosciuto dalla Gazzetta…”
Il riferimento è all’abitudine del presidente del Senato di dirigere i lavori in Aula senza rinunciare a buttare un occhio sul quotidiano sportivo
E comunque: terza dose:
“Come tenere i partiti fuori dalla Rai? Anche a me piace la fantascienza”
e quarta:
“Chiedo a voi, signori incravattati e signore in tailleur, di mettere una mano sul cuore e una sul portafoglio… lasciando da parte la tessera”
L’ammonimento finale della presentatrice è stato, poi, quantomai opportuno:
“Se prevalgono gli ‘addetti ai livori’, non miglioreranno né la Rai né il Paese”
Parole sante: è proprio il caso di dirle. E, intanto, di ascoltarle grazie al video di Alanews pescato su YouTube