Non si arrendono i familiari di Cristina Golinucci, la 21enne scomparsa da Cesena il primo settembre 1992 e mai ritrovata: dopo l’ennesima archiviazione del caso, attraverso l’avvocata Barbara Iannuccelli, sentita da Tag24, sono pronti a chiedere alla Procura di Forlì di tornare ad indagare sulla figura di Emanuel Boke, l’uomo di origini nigeriane che nei primi anni Novanta alloggiava nel convento dei frati cappuccini nei pressi del quale la ragazza fu avvistata per l’ultima volta.
I sospetti su Emanuel Boke dopo la scomparsa di Cristina Golinucci
“La nostra attenzione si è concentrata su Emanuel Boke fin dall’inizio. Per spiegare il perché dobbiamo fare un passo indietro”, dichiara l’avvocata Iannuccelli a Tag24. Il riferimento è al giorno in cui Cristina Golinucci scomparve, un pomeriggio di settembre del lontano 1992.
La 21enne uscì dall’abitazione in cui viveva insieme ai suoi per dirigersi presso il vicino convento dei frati cappuccini e incontrare il suo padre spirituale, don Lino Ruscelli, senza fare più ritorno. La sua auto, una Fiat Cinquecento azzurra, fu ritrovata nel parcheggio adiacente al luogo di culto, ma il parroco sostenne di non averla mai incontrata.
“Boke era arrivato in Italia come clandestino e nell’aprile di quell’anno era stato inserito in un progetto di accoglienza del convento; il primo settembre scomparve Cristina; il 3 ottobre Chiara Bolognesi (trovata morta, poco dopo, nel fiume Savio, ndr). Circa un anno e mezzo più tardi Boke fu arrestato per aver violentato due ragazze cesenati”.
“Una scia di violenza che non si era mai vista a Cesena in quei tempi, perfettamente coincidente con il suo arrivo“, spiega l’avvocata che, al fianco dei familiari di Cristina, negli ultimi anni ha quindi cercato di dimostrare che “un profilo criminale così importante in prossimità dei luoghi della scomparsa della ragazza non potesse essere bypassato”.
Soprattutto se si tiene conto del fatto che, in passato, Boke confessò a colloquio con un frate l’omicidio della 21enne, salvo poi rimangiarsi tutto. “La tesi fino ad oggi preminente – prosegue l’avvocata – è che Cristina sia stata prelevata dal parcheggio e portata via, visto che nel convento (perlustrato 18 anni dopo i fatti, ndr) non è stato trovato nulla”.
“Si tratta, ovviamente, di una tesi di comodo, sia per l’autorità giudiziaria che per il convento, che in qualche modo ha così allontanato da sé – dal convento come immobile e come istituzione – l’evento della sparizione.”.
Di lunghe indagini e (tante) archiviazioni
Di indagini ce ne sono state. E di archiviazioni anche. L’ultima lo scorso settembre. Un’archiviazione “necessaria, perché erano decorsi due anni dall’inizio delle nuove indagini”, spiega Iannuccelli, che nell’aprile del 2022 aveva chiesto di riaprire il caso. L’input era arrivato dall’analisi di un’intercettazione in carcere tra Boke e padre Ruscelli.
“Abbiamo chiesto a Giampaolo Benedetti, perito fonico della strage di Bologna, di riascoltarla. Si era sempre pensato che padre Lino dicesse a Boke ‘non mi sembri tanto convinto’; all’esito del riascolto è emerso che invece gli avrebbe detto ‘ma tu non eri mica in convento’. Una frase che fa crollare l’alibi trentennale che padre Lino ha fornito a Boke”.
Sviluppi importanti, che in effetti hanno portato a qualcosa. “Abbiamo insistito affinché i reperti relativi all’arresto di Boke per la violenza sessuale ai danni delle due ragazze cesenati conservati fossero riesaminati. I Ris hanno analizzato il cappellino che l’uomo avrebbe indossato durante la violenza e al suo interno è stato trovato un capello, da cui è stato estratto un Dna. Lo chiamiamo ‘ignoto’, ma è ovvio che appartenga a lui”, dichiara ancora la legale.
Non è tutto. “Boke uscì dal carcere di Forlì l’8 giugno del 1998. Il 29 giugno successivo a Marsiglia venne arrestato, sempre per un caso di violenza sessuale, un uomo con le sue stesse impronte digitali, ma con un altro nome. Abbiamo il suo Dna, abbiamo le sue impronte digitali: sarebbe bastato un ordine di indagine europeo per inserire questi elementi nelle banche dati nazionali e mondiali e arrivare a lui. La Procura invece ha chiesto una nuova archiviazione”.
Verso una riapertura del caso?
Non significa che i familiari di Cristina si arrenderanno. “Sto proseguendo con le mie indagini. So benissimo che questa persona non ha mai lasciato il territorio francese, che è ancora lì e che è viva. Abbiamo il suo Dna e le sue impronte digitali. Bisogna rintracciarlo. Depositerò la mia istanza di riapertura quando il nuovo procuratore di Forlì si insedierà”, prosegue l’avvocata.
“In 32 anni Boke non è mai stato sentito. Se anche non vi fossero gli estremi per iscrivere il suo nome nel registro degli indagati per la sparizione di Cristina, bisognerebbe ascoltarlo come testimone, visto che riferì di aver visto la ragazza commossa, il giorno della sua scomparsa. Potrebbe aver assistito alla stessa scena di cui recentemente ha parlato una signora che portava la figlia a fare ginnastica presso il convento: un litigio tra la 21enne e un uomo più anziano”.
“Ogni elemento è importante – conclude la legale – per arrivare alla verità. Come avvocata l’ho promessa a Marisa, la madre di Cristina, e non mi lascerò abbattere. Negli anni, però, ci sono stati tanti depistaggi. È triste e amareggiante: lo Stato dovrebbe fare la sua parte”.
Una sintesi della vicenda e delle ultime notizie in tre punti
- Scomparsa e sospetti su Boke: Cristina Golinucci scomparve da Cesena nel 1992; i sospetti si concentrarono, a un certo punto, su Emanuel Boke, ospite in quel periodo del convento dei frati cappuccini che la 21enne avrebbe dovuto raggiungere quando fu avvistata per l’ultima volta. A suo carico, oltre a una confessione ritrattata, diversi precedenti per violenza.
- Nuove prove e contraddizioni: la nuova analisi di un’intercettazione tra Boke e don Ruscelli, a capo del convento, e un recente esame del Dna condotto su un capello, hanno evidenziato tracce a lui riconducibili, rendendone più facile il rintracciamento.
- Richiesta di riapertura delle indagini: l’avvocata Barbara Iannuccelli, che assiste i familiari di Cristina, sta preparando una nuova istanza di riapertura del caso. L’obiettivo è individuare Boke, che potrebbe trovarsi in Francia, e interrogarlo per fare una volta per tutte chiarezza sulla scomparsa della 21enne.