Ci sono storie che segnano. Storie che anche dopo tanti anni si fa fatica a dimenticare, come quella di Ferdinando Carretta, l’uomo che in una calda sera di agosto del 1989 uccise i genitori e il fratello nella loro abitazione di Parma, facendo credere a tutti che fossero partiti per un lungo viaggio. Una storia che per anni ha attirato le teorie e le supposizioni più disparate e che alla fine si è chiusa nel modo più drammatico: una confessione in diretta tv.

L’inizio della storia di Ferdinando Carretta e della sua famiglia: la scomparsa

Tutto inizia il 28 agosto del 1989, quando Giuseppe Carretta, 53 anni, cassiere per una fabbrica, non si presenta al lavoro. Il suo capo e i suoi colleghi lo aspettavano per il rientro dalle ferie.

L’uomo aveva raccontato loro che insieme alla moglie Marta Chezzi, 50 anni, casalinga, e al figlio minore, Nicola, con problemi di tossicodipendenza, sarebbe partito la mattina del 5 agosto per un viaggio itinerante tra Francia, Spagna e Marocco.

Di loro sembrano essersi perse le tracce. Neanche il figlio maggiore, Ferdinando, che sarebbe dovuto rimanere a Parma, si trova. Il 3 settembre i familiari presentano quindi una denuncia di scomparsa. Qualche settimana dopo, a Milano, qualcuno trova il camper della famiglia.

E si scopre che Giuseppe, pochi giorni dopo la presunta partenza, ha cambiato in banca due assegni di un totale di 4 milioni di lire. Le voci si rincorrono; qualcuno ipotizza che i quattro si siano trasferiti all’estero, in particolare ai Caraibi (dove c’è chi dice di averli avvistati a prendere il sole), per una nuova vita.

La confessione in diretta a “Chi l’ha visto”

Il pm che segue le indagini, Antonio Di Pietro, sospetta altro: che dietro la loro sparizione possa nascondersi un delitto. Ma non ha prove. Nove anni più tardi, quando sul caso è ormai calato il silenzio, la svolta.

Un poliziotto londinese ferma, infatti, un pony express, multandolo per divieto di sosta: quando gli chiede i documenti, si rende conto che è Ferdinando Carretta e che il suo nome è tra quello degli scomparsi presenti nell’elenco dell’Interpol.

Ferdinando Carretta
Una foto dell’archivio Ansa di Ferdinando Carretta

La Procura, informata, riprende in mano il caso. E Pino Rinaldi, giornalista di “Chi l’ha visto?” che per tempo se ne era occupato, si reca in Inghilterra per incontrarlo ed intervistarlo. Davanti alle telecamere, Carretta, ad un certo punto, crolla.

Ho preso quella pistola, quell’arma da fuoco, e ho sparato ai miei genitori e a mio fratello […]. I corpi (mai ritrovati, ndr) son rimasti nell’appartamento e poi ho cercato, al meglio che potessi, di eliminare ogni traccia, di pulire tutto […]. È stato un atto di follia, un atto di follia completa,

confessa. Quando gli viene chiesto il perché, non riesce a spiegarlo. Si sarebbe scoperto solo diversi mesi dopo che da tanti anni aveva sviluppato una vera e propria ossessione: quando, con la famiglia, si era trasferito nella casa di Parma, si era convinto di non poter più defecare (il costante viavai dell’esterno gli faceva credere di non avere privacy) se non in salotto, di notte, usando dei giornali.

Scoperto dal padre (che ne aveva parlato con la madre, rimproverandolo duramente), si era sentito “perduto”, come se la forma di sopravvivenza escogitata dopo aver a lungo sofferto gli fosse stata tolta. Da qui l’idea di uccidere i familiari con una pistola semiautomatica precedentemente acquistata. E di disfarsi dei cadaveri abbandonandoli in una discarica.

La malattia e l’assoluzione

Poco tempo dopo la confessione Carretta viene estradato in Italia e trasferito in carcere, dove il professor Vittorino Andreoli, su richiesta dei giudici, va a visitarlo per capire in che stato mentali si trovi. Alla fine dei loro incontri, lo definisce un “soggetto borderline” con “latente schizofrenia”, arrivando alla conclusione che al momento dei fatti fosse totalmente incapace di intendere e di volere.

Ne chiede, quindi, il trasferimento in un istituto psichiatrico. Viene scelto quello di Castiglion delle Stiviere, a Mantova. Carretta, prosciolto da ogni accusa, vi resta fino al 2006; poi, in vista della liberazione, viene trasferito in una comunità di recupero per il reinserimento lavorativo. Sembra migliorato: ha studiato per il diploma e frequentato corsi di lingua e informatica.

La morte per cause naturali a Forlì

Una volta uscito, in effetti, riesce a ricostruirsi una vita. Con i soldi appartenuti ai genitori – ricevuti in eredità dopo una causa alle zie (quando ancora, per legge, i parricidi avevano accesso all’eredità, cosa non più possibile) – si compra una casa a Forlì. Al suo interno, nel mese di giugno dello scorso anno, è stato trovato morto. Aveva 61 anni.

I punti salienti della storia di Ferdinando Carretta

  • Scomparsa e confessione:nell’estate del 1989, la famiglia Carretta, composta da Giuseppe, Marta, Ferdinando e Nicola, scompare improvvisamente nel nulla. Inizialmente si pensa a una fuga all’estero; nove anni dopo, a Londra, Ferdinando confessa di aver ucciso i genitori e il fratello e di averne nascosto i corpi in una discarica a Parma.
  • Diagnosi psichiatrica e sentenza:estradato in Italia, Carretta viene dichiarato incapace di intendere e di volere e prosciolto da ogni accusa, venendo ricoverato in un ospedale psichiatrico.
  • Nuova vita e morte: dopo aver trascorso del tempo anche in una comunità di recupero, Carretta si è rifatto una vita a Forlì, dove nel 2023 è stato trovato morto all’interno della casa acquistata con l’eredità dei genitori.

Di storie come la sua parla Fabio Camillacci a “La storia oscura”, in radiovisione dal lunedì al venerdì dalle 21 alle 22 e il sabato dalle 21.30 alle 22.30 su Radio Cusano Campus e Cusano Italia TV (canale 122 del digitale terrestre). Tutte le puntate sono recuperabili su Cusano Media Play.